Culture

Palazzo delle Orsoline, una storia di genere

Pubblicati gli annali delle religiose che vivevano nel collegio di Bellinzona prima che diventasse sede del governo

8 febbraio 2022
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Per bellinzonesi e ticinesi il nome, Palazzo delle Orsoline, ha ormai perso l’aspetto religioso e rimanda al governo e al parlamento cantonali, a consegne di firme, manifestazioni di protesta e cerimonie ufficiali. Una targa ricorda il “già convento del XVIII secolo” e la memoria va alle truppe napoleoniche, alla Repubblica elvetica, alla nascita del Canton Ticino e infine alla soppressione dei conventi. Una storia incompleta e parziale che dimentica il punto di vista di chi da quelle mura venne cacciato prima dai soldati e poi dalle istituzioni: le orsoline, appunto, la cui storia è adesso ricostruita in un volume interessante non solo per gli studiosi dal momento che contribuisce a superare alcuni pregiudizi, iniziando da quello che vede le religiose soggetti passivi e isolati dal mondo esterno. Il libro ‘Un’illusione di femminile semplicità’, curato da Miriam Nicoli, esperta in storia sociale della cultura, e Franca Cleis, scrittrice e ricercatrice della scrittura femminile nella Svizzera italiana e pubblicato dalla casa editrice Viella di Roma, sarà presentato domani alle 18.30 nella Sala del Gran Consiglio, a Palazzo delle Orsoline, appunto. Il volume restituisce un’immagine molto diversa delle orsoline: un convento aperto al mondo e ai cambiamenti sociali e politici e una comunità femminile che, certamente nei limiti imposti dalla società dell’epoca, cercava attivamente di determinare il proprio futuro.

Il libro include, oltre ad alcuni saggi, la prima edizione integrale degli Annali e di altri documenti del periodo e si inserisce nel progetto “Traces de vie vécue. Parcours d’hommes et de femmes au prisme des écrits du for privé” diretto da Miriam Nicoli e finanziato dal Fondo nazionale svizzero per la ricerca scientifica.

«Nel libro abbiamo voluto proporre una discussione trasversale e critica sui percorsi di vita religiosa e la loro complessità tra adeguamento alla norma, conflitto e rottura, allo scopo di problematizzare modelli analitici totalizzanti» ci ha spiegato Miriam Nicoli. «Le storie di vita se sapientemente contestualizzate con approcci microstorici e attenti alla dimensione di genere rappresentano infatti il luogo nel quale le donne escono dall’anonimato e sfuggono al rischio della generalizzazione». Come indicato dal titolo scelto per il libro: quella “illusione di femminile semplicità” che riprende una frase della scrivana Giuseppa Marianna Mariotti: «La frase ci ha subito interpellate poiché il nostro approccio alla storia mira a raccontare la molteplicità delle traiettorie di vita, i diversi modi di essere donna nel passato, indagando al di là di norme e strutture. Oggigiorno, la storiografia attenta al genere cerca di scardinare una narrazione incentrata su stereotipi che vanno a ridurre e appiattire – a semplificare – le figure femminili e di conseguenza l’identità delle donne».

Figure complesse: come si evidenzia nel libro, quello di Bellinzona era un “collegio di nobile famiglia”, nato non da un’iniziativa femminile spontanea ma dall’iniziativa di del canonico Pietro Antonio del luogotenente Fulgenzio Maria Molo-Sermayno, uomo politico senza eredi maschi ma con otto figlie femmine “da collocare”. Anche per via dei costi relativamente alti, e dettagliatamente ricostruiti nel testo, per accedervi, il collegio rimase legato al patriziato locale. Da notare che le orsoline di Bellinzona professavano solo voti semplici che, al contrario di quelli solenni, non comportavano l’obbligo di clausura. Le orsoline godevano di una certa autonomia economica, possedevano beni materiali tra cui diversi libri. Segno di un buon livello culturale che trova conferma nella lettura degli Annali stessi, nel quale sono ricostruiti i conflitti interni alla comunità – con lo scontro tra diverse concezioni della vita conventuale che ha portato anche alla fuga, travestite da contadine, per appellarsi al vescovo di Como – e poi ovviamente l’arrivo delle truppe napoleoniche. Qui è interessante non solo l’impegno delle orsoline per vedersi riconoscere i propri diritti con opinioni chiare e ben argomentate, ma anche la cronaca degli eventi storici letti razionalmente e non in chiave provvidenzialistica, “andando a conformarsi ad una religiosità povera di eventi mistico-visionari”.

«Il lavoro di ricerca è stato lungo ma estremamente interessante e arricchente» ha spiegato Nicoli. «Cercando di capire e contestualizzare in modo critico gli eventi citati negli Annali, editi integralmente nel libro, abbiamo scoperto numerose fonti inedite in archivi svizzeri e italiani. Sono emerse soprattutto fonti di mano femminile che testimoniano della buona alfabetizzazione delle religiose e della loro autonomia. Purtroppo, le fonti di mano femminile, sono sovente nascoste in incarti che non danno visibilità alle donne, le quali di conseguenza restano poco valorizzate».

Vi sono altri “tesori” del genere negli archivi ticinesi e svizzeri? «Certamente. Con Franca Cleis ad esempio abbiamo appena pubblicato una ricchissima cronaca seicentesca, redatta da una monaca di Claro (Ippolita Orelli) nel libro ‘La Gran regina del Cielo e le Benedettine di Claro’ (Dadò, Locarno 2021). Partendo da questa scrittura inedita proponiamo una riflessione sui legami tra donne e fede, tra la Vergine Maria e le sue figlie».

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