Musica

In memoria di Matteo Mengoni, pianista e musicista

Da Bellinzona a Friborgo per restarvi, in nome della musica. Nando Snozzi: ‘Ogni volta che ho speso del tempo con lui mi sono sentito migliore’

Matteo Mengoni
(fonte: www.matteomengoni.ch)
10 gennaio 2022
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Nella primavera del 2020, i brani del suo ‘Confinement’, affidati alla pagina facebook. Poi altri post, fino alla fine dell’anno: “Il mio caro compagno di musica è andato via per raggiungere le stelle”, scriveva su facebook Sylvie Bourban, con lui dal vivo e in un album intitolato ‘Même pas mal’. Era il 31 dicembre e qualcuno, poche ore dopo, condivideva con un Piccolo Principe. Pianista, musicista, compositore, improvvisatore, Matteo Mengoni, ticinese di nascita, se n’è andato a 57 anni poco prima che arrivasse il nuovo anno per una malattia “sopportata con coraggio e perseveranza”, come ricordano i suoi cari. Uomo di musica fin da giovanissimo, era approdato a Friborgo a metà anni Ottanta, nella città dove “tutto è cominciato per caso”, dice il musicista in uno speciale di Rsi News: “Per me Friborgo è diventata New York. Qui ho trovato l’apertura. Trent’anni fa non c’era un conservatorio in Ticino, e quando in una città c’è un conservatorio di jazz, di musica classica, l’apertura verso gli stili differenti è enorme”. La centralità, la vicinanza con Losanna e Zurigo, un’apertura trasferita nella sua musica e della quale oggi testimonia chi gli è stato vicino. In quel video, intitolato ‘Bellinzona-Friborgo solo andata’, Mengoni è ripreso a fianco di uno degli alunni di ‘Musica viva’, scuola da lui fondata nel 1995, e naturalmente davanti al suo pianoforte, dal quale sono usciti i cd ‘Alba piano solo’, il suddetto ‘Même pas mal’, il piano solo ‘Azur’, e poi ‘Beauté ma Toute Droite’ come Duô Hatti, fino al più recente ‘Matteo Mengoni Trio’, con Andy Aegerter (batteria) e Pierre-André Dougoud (basso).

Dapprima autodidatta, Mengoni si è formato dal punto di vista pianistico, compositivo e improvvisativo con Jacques Demierre a Ginevra, dal 1985 fino al 1990, prima di passare sotto le ali più classiche dell’argentino Gerardo Vila, a Berna, e per i corsi di musicologia dell’Università di Friborgo con Luigi Ferdinando Tagliavini, con le percussioni come strumento complementare studiate con Adama Dramé, percussionista del Burkina Faso. Tutto è confluito poi in differenti formazioni svizzere in ambiti latin, jazz, tango, tra cui l’ensemble ‘Artigiani’. Il ricordo ticinese più vicino nel tempo è ‘Ipotesi per un’utopia’, azione scenica di e con Nando Snozzi, progetto datato 2018, con musica affidata a Mengoni e altri ticinesi. Rocco Lombardi, alla batteria in quel progetto: «Abbiamo suonato non conoscendoci ed è stato bello. Matteo era una gran persona, un uomo simpatico, intelligente, dotato di umorismo e dalla grande cultura musicale. Musicalmente, è stato tutto molto ‘aperto’, essendo quella una collaborazione batteria-pianoforte/tastiere. Ci siamo ascoltati e intesi subito». In quell’occasione c’era anche Raissa Avilés: «Ricordo tanta gentilezza e piacevolezza, rare. È stato davvero bello, mi ha fatta sentire ‘comoda’. Per lui la musica era condivisione, indipendentemente dalle conoscenze o capacità che ognuno ha. Mi è dispiaciuto molto ricevere la notizia». A chiudere, l’amico fraterno, per una collaborazione iniziata 15 anni fa, chiusa da un ultimo contatto, tre settimane fa: «Ci ha uniti la comune scelta di vita – dice Snozzi – basata sulla passione, e idee comuni che ci hanno spinto a lavorare spesso insieme. Ogni volta che ho speso del tempo con lui mi sono sentito migliore». Il resto, l’artista lo affida alle parole scritte per l’ultimo saluto:

"Ho conosciuto Matteo durante il pranzo nunziale di Natalia ed Elio. Ero seduto accanto a Lui. Non l’avevo mai visto prima. Iniziammo a parlare e subito ci fu un’intesa di tesi temi e testimonianze che vertevano attorno alle scelte di vita. Le nostre idee confluivano nei territori dell’arte e della musica. Matteo si rivelò una persona gentile e determinata, un menestrello e un saggio. Diventammo complici nel vivere l’attrazione dell’arte. Con altri compagni d’avventura creammo degli spettacoli dove lui suonava la mia pittura e io dipingevo la sua musica, e tutti assieme avevamo un’intesa nella dichiarazione d’intenti.

Matteo dava le note ai testi e complice nel creare la colonna sonora delle azioni sceniche. La nostra amicizia cresceva e diventava terreno di scambi di idee e impulsi creativi. Era una persona che nel gruppo portava gentilezza e intelligenza. Matteo era un uomo generoso, curioso e felice di condividere momenti elettivi nell’arte e vivere la semplicità nell’amicizia. Attorno al tavolo mangiavamo, gustando cibi e buon vino e il tempo passava sereno.

Eravamo convinti che la musica, la pittura e i testi avrebbero alleviato i momenti di smarrimento e l’assenza di certezze che viaggiavano nell’arco vitale! Si cercava una modalità per alleggerire l’esistenza in un mondo dell’arte irto di insidie e gelosie e riuscivamo a resistere non concedendo niente nel nostro lavoro e credendo fermamente nell’arte e nella vita.

Con la sua musica ha lasciato tracce e ricordi indelebili che ci accompagneranno per tutto il tempo che ci resta… Grazie Matteo… Addio amico”.

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