Culture

Eventi letterari, un’altra vita con la parola consapevole

Il direttore Paolo Di Stefano ci presenta il programma della nona edizione, ad Ascona dall’11 al 14 novembre

Il manifesto degli Eventi letterari, curato da Jannuzzi Smith
11 ottobre 2021
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Prima di raccontare temi e ospiti di questa edizione degli Eventi letterari Monte Verità, il direttore Paolo Di Stefano ci tiene a ricordare Eros Bergonzoli, fondatore e presidente dell’associazione morto lo scorso agosto e al quale questa edizione autunnale è idealmente dedicata. Come già annunciato, il tema dell’edizione 2021 del festival letterario sarà “Un’altra vita”: tra gli ospiti che si alterneranno dall’11 al 14 novembre, la scrittrice anglo-canadese Rachel Cusk, l’architetto Stefano Boeri, il poeta (e predecessore di Di Stefano alla direzione degli Eventi) Joachim Sartorius, la scrittrice milanese di origini tedesche e polacche Helena Janeczek, il vincitore dello Strega Paolo Cognetti e altri ancora (programma dettagliato sul sito www.eventiletterari.swiss).

Edizione autunnale, si diceva, ma completa e Di Stefano sottolinea con piacere il ritorno degli incontri nelle scuole, offrendo ai giovani «l’opportunità di riflettere sul nostro tempo attraverso lo sguardo non convenzionale degli scrittori». E l’anno prossimo si prevede il ritorno in primavera, «stagione più adatta a un festival come il nostro, perché il contesto ambientale è fondamentale». Quanto ad avere due edizioni a distanza di pochi mesi, rassicura il direttore, «non è un problema sul piano della programmazione, perché le idee da proporre e da sviluppare sarebbero tante».

Tornando all’edizione 2021: da dove arriva il titolo ‘Un’altra vita’?

Come sempre, cerchiamo di proiettare lo sguardo in avanti e venendo fuori (o cercando di venir fuori) da una tragedia come quella della pandemia, è quasi inevitabile riflettere sulle possibilità e sul desiderio che abbiamo di ripensare alla nostra vita individuale e alla nostra convivenza collettiva. Tanti hanno detto che non saremo più quelli di prima: sarà vero? Personalmente, pur con qualche scetticismo, me lo auguro, spero cioè che la minaccia del contagio con tutto quel che ha comportato (anche nel rapporto con il tempo e con lo spazio) ci induca a ri-progettare un’altra vita. Da qui il titolo della nostra edizione, che del resto è in relazione con il titolo dell’anno scorso, ‘Grandi speranze’. Là c’era un riferimento a Dickens, questa volta era quasi dovuto il riferimento a Dante nel settecentesimo della morte. Non un riferimento meccanico: sappiamo bene che il progetto di Dante era quello di cambiare il mondo attraverso il suo poema. Oggi la sua fiducia, anzi fede, nella letteratura può sembrare anacronistica, ma forse lo è meno di quel che si creda. Investire nella parola e nell’immaginario poetico e narrativo significa anche cercare di contrastare l’omologazione, la retorica, la volgarità, il conformismo verbale da cui siamo circondati. Ecco la voglia di pensare a un’altra vita anche attraverso l’uso consapevole della parola. Di questo si parlerà al Monte Verità.

Tuttavia mi sembra che la letteratura debba ancora “assimilare” la pandemia: abbiamo diversi saggi – alcuni di scrittori, penso a Paolo Giordano –, ma la narrativa è rimasta indietro.

Non solo Giordano. Ho letto di recente il nuovo libro di Corrado Stajano, ‘Sconfitti’, che parte da un sogno fatto durante il lockdown per riflettere sul contagio come coda di tutte le tragedie del Novecento: e anche come occasione per attivare la memoria e metterla a frutto evitando i gravi errori di violenza e di indifferenza del passato. I grandi scrittori della peste, Boccaccio, Defoe, Manzoni, London, Camus, Saramago hanno sempre trattato il tema in chiave etica, come se l’epidemia ci spingesse a rivedere il nostro senso morale e civile. Anche Stajano, che è un grande giornalista di cose viste e scrittore civile, lavora in questa direzione. E poi ho letto un bel diario di Edoardo Albinati intitolato ‘Velo pietoso’, in cui ripercorre la “afasia rumorosa” e la retorica spesso orripilante degli ultimi mesi. Francesco Cataluccio, che è uno studioso di letteratura polacca (in particolare di Gombrowitz), ha pubblicato l’anno scorso per Casagrande una sorta di diario dell’assurdo prendendo spunto dal confinamento imposto dal Covid. E poi, rimanendo nei nostri pressi, ricordo un requiem in versi di Fabio Pusterla dedicato ai morti delle case di riposo lombarde. Non mi pare che gli scrittori siano rimasti insensibili. Credo comunque che la letteratura si esprima sempre in modi e tempi imprevedibili, e non bisogna pretendere che reagisca ai fatti come devono fare i giornalisti o gli editorialisti. Manzoni ha scritto sulla peste secentesca due secoli dopo…

Questo tema della vita nuova come si è declinato nella scelta degli ospiti?

La scelta cade sempre su scrittori e su intellettuali che ci piacciono. Tenga conto che siamo sempre alle prese con il problema di selezionare, perché i nomi che ci piacerebbe portare al Monte Verità sono sempre troppi rispetto alle possibilità che ci offre il calendario. D’altra parte, se c’è un difetto imperdonabile nei festival è l’indistinto n’importe quoi… Si punta sulla quantità, di tutto e di più, alto e basso, purché siano nomi di richiamo, per lo più da classifica, poi si contano gli afflussi e si intonano gli osanna. Ma il risultato alla fine è la confusione e l’autocelebrazione.

Gli Eventi letterari cercano invece ogni volta di proporre dei percorsi ragionati. Aprire con Rachel Cusk significa affrontare il tema del femminile e della maternità (“un’altra vita”) e anche discutere di un modo nuovo, tutt’altro che tradizionale, di narrare il mondo. Ogni scelta è stata fatta ovviamente pensando al tema conduttore. Stefano Boeri è uno degli interpreti più prestigiosi dell’architettura attuale e anche un “filosofo” dell’abitare nelle città. Manuel Vilas è uno dei narratori e poeti più significativi nella capacità di raccontare la famiglia, i rapporti tra le generazioni e i debiti nei confronti della memoria e del passato: argomenti chiave per elaborare un’altra vita. E poi abbiamo due studiose, Natascia Tonelli e Nadia Fusini, che ci parlano di come le figure femminili abbiano rappresentato il nuovo per Dante e per Shakespeare. Ho citato solo alcuni esempi, ma non voglio dimenticare Helena Janeczek, Joachim Sartorius, Paolo Cognetti, Thomas Hürliman, Judith Hermann…

E il Premio Filippini che andrà alle romande Éditions d’en bas.

Dobbiamo molto alle Éditions d’en bas. Intanto è una casa editrice che da anni traduce in francese molti e importanti autori svizzeri di lingua italiana. E poi ha il pregio di essere sensibile alle aree periferiche e a interessi legati alla società con scelte coraggiose. È una specie di laboratorio in atto come dovrebbero essere sempre le case editrici. Credo che Filippini condividerebbe questo riconoscimento.

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