Ceresio Estate

‘Invocazioni’ di Eva Wymola, con Netzer e Pedrazzini

Intervista al mezzosoprano, domenica 22 agosto nella Chiesa Evangelica Riformata di Lugano insieme all'arpista Elisa Netzer e all’organista Andrea Pedrazzini

Da sinistra, Andrea Pedrazzini, Eva Wymola ed Elisa Netzer
22 agosto 2021
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Domenica 22 agosto alle ore 18.00, presso la Chiesa Evangelica Riformata di Lugano, Ceresio Estate presenta un concerto molto particolare: ‘Invocazioni / Beschwörungen’, che vedrà in scena un particolare e raffinatissimo trio, composto da voce, arpa ed organo, con la presenza del mezzosoprano Eva Wymola – apprezzatissima artista e docente di arte scenica al Conservatorio della Svizzera Italiana, dell’arpista Elisa Netzer e dell’organista Andrea Pedrazzini. È la stessa Eva Wymola ad introdurci al concerto. 

Quali sono stati i passi che hanno condotto all’elaborazione del peculiare programma di ‘Invocazioni’, che spazia dal barocco al Novecento proponendo fra gli altri brani di rarissimo ascolto?

Il programma è stato concepito tenendo in grande considerazione il luogo che ospiterà il concerto: la Chiesa Evangelica Riformata di Lugano, con la sua storia, il suo carattere di spiritualità legato alla tradizione protestante e naturalmente il suo organo, che ha suggerito l’introduzione di brani di Johann Sebastian Bach, Henry Purcell e Georg Friedrich Händel. L’idea di inserire i Canti biblici di Antonìn Dvořàk è sorta spontaneamente sulla base di un episodio da me vissuto in passato, ai tempi in cui insegnavo presso la Hochschule für Musik und Theater di Monaco di Baviera. In occasione del concerto per l’inaugurazione del nuovo organo, il professore di questo strumento aveva fatto degli arrangiamenti degli stessi Canti biblici - pressoché sconosciuti nell’Europa centro-occidentale – per voce, arpa e organo. Questa formazione restituisce l’impressione sonora di trovarsi di fronte ad un’orchestra, ma con un colore completamente diverso. Sulla base di quell’esperienza ho pensato che proporre questi brani con questa formazione per Ceresio Estate, ed in particolare nella Chiesa Evangelica di Lugano, sarebbe stata una bellissima cosa.

Qual è il suo rapporto con la musica di Antonìn Dvořàk e più in generale con il repertorio della sua terra, la Repubblica Ceca?

La musica ceca è quella con cui sono nata e cresciuta. Mio padre era violinista e ricopriva il ruolo di spalla presso l’Orchestra del Teatro di Praga. Dunque io ero sempre in teatro, nel luogo dove si cantava, dove la musica vocale trova il suo spazio per eccellenza. Oltre a Dvořàk, naturalmente ho coltivato la musica di altri autori cechi come Leoš Janáček e Bohuslav Martinu. Quando a 22 anni sono entrata a far parte come solista del Teatro dell’Opera di Brno “Leoš Janáček”, ho avuto l’opportunità di eseguire in prima mondiale postuma l’opera di Martinu “Tre desideri”, composta nel 1925, impersonando uno dei ruoli principali. Un’altra esperienza significativa è rappresentata dal Festival di Musica contemporanea di Brno, dove in diverse occasioni ho cantato brani scritti appositamente per me da compositori cechi.

Lei conosce con padronanza molte lingue europee. Che ruolo riveste la lingua – parlata e cantata – nel suo essere artista e, nello specifico, cantante?

L’epoca in cui sono cresciuta è stata caratterizzata dalla presenza del socialismo: questo ha fatto sì che io abbia imparato il russo, cosa per cui sono molto grata, perché ciò mi ha permesso non solo di parlare in russo, ma anche di poter cantare in russo senza alcuna difficoltà. Canto ovviamente anche in tedesco, italiano, francese, ceco, inglese…e trovo che l’essere internazionali e lavorare con le lingue sia un aspetto molto bello del nostro mestiere. Conoscere una lingua straniera significa aprirsi ad una mentalità, andare incontro alle persone che hanno quell’idioma come propria lingua madre. Lo studio del Lied è un vero e proprio viaggio alla scoperta di una mentalità.

La sua attività, sia artistica che didattica, si realizza in parte attraverso la collaborazione con giovani artisti o musicisti in corso di formazione. Cosa significa per lei questa dimensione del suo lavoro?

Il lavoro con i giovani significa tantissimo per me. Con loro ho sempre modo di instaurare un bellissimo rapporto e ad ottobre, quando si avvicina il nuovo inizio di un anno accademico, sono sempre impaziente di ricominciare con una nuova sessione de “L’arte di presentarsi”, il mio seminario presso il Conservatorio della Svizzera italiana. Insegnare a vivere il palcoscenico porta a compiere scoperte individuali ed artistiche sorprendenti. Al termine di ogni sessione del seminario proponiamo uno spettacolo aperto al pubblico, che confido sia di spunto e stimolo per altri giovani musicisti o anche per i più piccoli spettatori che vengono ad assistere. Tengo a sottolineare che oltre ad avere piacere a lavorare con giovani talenti che spesso ritrovo in seguito instradati lungo una brillante carriera, sono felice di poter lavorare con persone di tutte le età: la cultura vive sia sul palcoscenico, sia in gran parte nei singoli individui, all’interno delle famiglie e nelle scuole. Lavoro ad esempio con molti insegnanti che vogliono approfondire il rapporto con la propria voce. E ogni volta sono felice se posso lasciare loro qualcosa.

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