Culture

Il fantastico Piranesi del m.a.x. museo

Intervista a Pierluigi Panza sulla figura di Piranesi, al centro della mostra ‘La reinterpretazione del classico’

Tra acqueforti e candelabri (foto: Carlo Pedroli)
17 luglio 2021
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Giovanni Battista Piranesi è uno dei protagonisti dell’esposizione che il m.a.x. museo di Chiasso dedica, fino al 12 settembre, all’influenza dell’Antichità classica tra Sette e Ottocento. Curata da Susanne Bieri e Nicoletta Ossanna Cavadini, la mostra accoglie non solo diverse sue acqueforti, ma anche – grazie alla collaborazione con il Museo archeologico nazionale di Napoli – una coppia di candelabri realizzata dalla bottega Piranesi. Egli non fu infatti soltanto un incisore, ma la sua attività è ben più varia come ci spiega Pierluigi Panza, scrittore, giornalista e critico d’arte tra i massimi esperti di Piranesi e autore di uno dei contributi del ricco catalogo della mostra, pubblicato da Skira e arricchito da 220 immagini a colori, schede di approfondimento, biografie e una bibliografia specifica.

Pierluigi Panza, come lavorava Piranesi?

Piranesi è una tipica figura dell’artista della seconda metà del Settecento a Roma che apre una bottega dove si svolgono una pluralità di pratiche artistiche. Quella delle incisioni, in particolare delle incisioni di vedute, che lo ha reso abbastanza noto era solo una delle attività che la bottega Piranesi andò effettuando. Bottega che partì con solo lui come protagonista ma che andò progressivamente ampliandosi. Certamente era un incisore sia di vedute, sia di grotteschi e pezzi archeologici antichi: i candelabri di cui vediamo oggi al m.a.x. museo due esemplari in marmo erano incisi da Piranesi così come vasi, lapidi e tutto quanto.
Fu poi anche un archeologo perché studiò effettivamente Roma antica e quando nel 1756 diede alle stampe le ‘Antichità romane’ è un’attività archeologiche.

In che condizioni erano questa antichità all’epoca?

Eravamo di fronte alla seconda volta nella storia in cui si scavava e ci si interessava all’antichità: la prima era stata con l’Umanesimo e in particolare con Raffaello; la seconda, a metà del Settecento, Roma diventa un cantiere a cielo aperto. Sappiamo da uno studio che solo gli scavatori inglesi avevano aperto sessantun cantiere a Roma e nella zona immediatamente intorno. Anche Piranesi partecipa ad alcuni di questi cantieri di scavi – come villa Adriana a Tivoli – dai quali emergono molte antichità che lui non solo disegna, ma anche prende e da frammenti ricompone intere opere scultoree – operando con ampia ricostruzione, cosa che oggi non si farebbe più – che i turisti del Gran Tour acquistavano per le loro case in Inghilterra. Lui lavora prevalentemente per i turisti del Gran Tour, realizzando vedute.

Per noi Piranesi è un artista, ma vediamo che le sue attività erano anche da una parte scientifiche e archeologiche, dall’altra anche commerciale.

Un’archeologia non ancora scientifica come la intendiamo oggi. Un’archeologia per eruditi, sulla quale si lavora di fantasia, più come un’artista che come uno scienziato.
Ma non solo, perché fin dalle prime raccolte di stampe lui si firma “architetto veneziano”: la sua grande aspirazione era fare l’architetto cosa che gli riuscirà solo nel 1764 quando il nipote di Papa Clementi XIII, cioè Monsignor Giovanni Battista Rezzonico, gli affida due incarichi: il primo è l’ampliamento dell’abside di San Giovanni in Laterano, ma a causa di una carestia non ci sono soldi e il progetto non va in porto; il secondo, realizzato, è invece quello della ricostruzione della Chiesa di Santa Maria del priorato sull’avventino, la sede dei Cavalieri dell’ordine di Malta. È l’unico esempio in cui i lavori sull’antico di Piranesi – scavare, disegnare, ricomporre – trovano una concretizzazione in chiave architettonica.

Al m.a.x. museo vediamo una parte di un’attività molto complessa.

Sì: quello che vediamo a Chiasso è la parte relativa al lavoro di fantasia sulle antichità che viene messo a confronto con quello di Winckelmann che è più oggettivo, improntato a una comparazione tra il pezzo e una sua descrizione nei libri antichi.
La mostra al m.a.x. museo evidenzia quindi come Piranesi operasse sull’antico in maniera fantastica, vuoi ricomponendo candelabri come quelli esposti vuoi collocando le antichità all’interno delle vedute, di spazi che sono luoghi della città o nella natura, anticipando la veduta di paesaggio che poi si affermerà in età romantica.

Possiamo pensare a Piranesi come a un anticipatore del romanticismo?

L’aspetto che Piranesi anticipa della stagione romantica è l’importanza accordata alla fantasia perché da un lato rileva con minuzia questa antichità che si vanno scoprendo, ma nelle tavole le ricompone in un insieme fantastico. Il pezzo singolo è quindi esatto, mentre nella tavola il ruolo competitivo della fantasia è importante e questo fantasticare intorno all’antico è certamente romantico. Gli autori romantici – artisti, ma anche scrittori –apprezzano di lui gli aspetti più fantasiosi, mentre non tengono da conto il Piranesi archeologo dei dettagli o il Piranesi architetto.

Quanto conosciamo l’opera di Piranesi? Trattandosi di attività in parte commerciale, immagino qualcosa si sia perso.

Fino a buona parte del Novecento gli studiosi hanno analizzato solo il Piranesi incisore, quindi le sue stampe; tutto il resto era rimasto abbastanza in ombra. Di queste stampe oltretutto erano state esaltati solo due generi: le carceri e le vedute. Negli ultimi dieci, vent’anni si è dato spazio anche ad altri aspetti dell’attività di Piranesi, come la bottega, poi portata avanti dal figlio Francesco, la vendita delle antichità. Per ora solo a livello di studi specialistici, ma piano piano penso si arriverà anche per il grande pubblico a una rivalutazione di Piranesi come non solo quello delle grandi vedute.

Concluderei con una domanda personale: il suo interesse per Piranesi a cosa è dovuto?

Iniziai a studiarlo ai tempi della tesi di dottorato, ormai venti, venticinque anni fa, quando scoprii nella biblioteca della Columbia University di New York il manoscritto di cantiere della costruzione di Santa Maria del Priorato. È una questione di sensibilità personale, ma la cosa che forse me l’ha avvicinato è il fatto che Piranesi si è sperimentato in molti campi: è stato uno storico, un teorico, è stato legato all’attività commerciale ma anche un uomo di genio e di immaginazione. Era una personalità poliedrica e questo, visto che anch’io mi sono cimentato in vari campi, mi ha colpito.

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