Teatro Sociale

Nel teatro della vita come pecore. Anzi, conigli

Dentro l'esperimento sociale intitolato 'White rabbit red rabbit', spettacolo scritto dell'iraniano Nassim Soleimanpour sempre attuale, forse perpetuo.

Visto al Teatro Sociale
28 maggio 2021
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Viene voglia di andare subito al finale, per dire che da un certo punto di vista, quello esattamente opposto, l’esperimento è pienamente riuscito. Chissà, forse domani sera a Coira, nel locale teatro, nessuno scavalcherà Annina Sedlacek nella più totale indifferenza per andare a riprendersi gli oggetti di scena (chi giovedì sera a Bellinzona non c’era, non avrà capito nulla, ma un motivo c’è; sta arrivando).

Scriviamo di ‘White rabbit red rabbit’, spettacolo per un solo attore – nel nostro caso, la brava Margherita Saltamacchia – andato in scena al Sociale in collaborazione con Theater Chur, colmando il vuoto lasciato a novembre 2020 per gli ovvi motivi pandemici. Dell’opera scritta nel 2011 da Nassim Soleimanpour – autore iraniano privato a lungo del passaporto in quanto obiettore di coscienza, da cui questo spettacolo sulla censura, sul potere, sulla manipolazione, sulla menzogna, da affidarsi a distanza ad altro attore, destinatario di un copione da aprirsi soltanto una volta in scena – non si può fare una recensione tradizionale, perché su di esso regna quella stessa legge non scritta per la quale i trucchi magici non vanno mai rivelati, al fine di preservarne il più a lungo possibile la verginità, l’effetto sorpresa.

Sconsigliato ai timidi cronici, agli impacciati naturali e ai fedifraghi (perché a teatro non c’è intimità, siamo tutti inquadrati), ‘White rabbit red rabbit’ parte un po’ stupidello ma inclusivo, nel senso che nella rappresentazione, se fortunati (o sfortunati, timidi e impacciati) ci si ritroverà inclusi nella storia, magari saltando come conigli (lo dice il titolo) nello spettacolo dentro lo spettacolo e poi nel pieno di un esperimento sociale alla Milgram (fu Stanley), colui che dopo la guerra provò a dare una risposta alla giustificazione nazista “Stavo semplicemente eseguendo degli ordini”.

L’idea di qualcuno che affida la propria voce al corpo di un altro sa di messaggio dentro la bottiglia giunto a destinazione ed è la magia bella e raccontabile di uno spettacolo diventato “grido congelato nel tempo” (qualcuno lo ha scritto all’autore, perché la sua e-mail è pubblica ed è bene prenderne nota alla prossima replica). Spettacolo che oggi, dopo dieci anni – e che siano conigli oppure pecore poco cambia – ancora parla di noi e rimane, o forse ancor più oggi è, attuale. Quasi perpetuo.

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