Culture

Da grande voglio essere Carla Fracci

Virgolettati, poesie, omaggi personali alla stella della danza che portò ovunque nel mondo 'l'eleganza del grande teatro' (compreso quello di Verbania...)

Carla Fracci, 1936-2021 (Wikipedia)
28 maggio 2021
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“Carla Fracci”. Questa poteva essere la risposta di una bimba italiana degli anni Settanta alla domanda: “Chi vorresti essere da grande?”. Ma valeva anche: “Da cosa ti vesti a Carnevale?”. Oggi che le biografie non stanno stipate in un angolo pulcioso, ma la vita di tutti è ben raccontata in ogni dove, tutti sanno della Carla Fracci di umili origini, figlia di un tramviere e di un’operaia alla Innocenti di Milano, sfollata di guerra che diventa la più luminosa étoile della danza. Ma per il “Chi vorresti essere da grande” degli anni Settanta bastava la televisione, dove la danza, negli show del sabato sera, aveva la sua silhouette. E un’immagine virale, si direbbe oggi.

Carla Fracci aveva 84 anni e un tumore. Era nata Carolina a Milano il 20 agosto del 1936 per cominciare a danzare a dieci anni, scoperta al circolo ricreativo dell’azienda trasporti del padre da una coppia di amici dei genitori col parente orchestrale alla Scala. Prima di divenire simbolo dell’applicazione costante, del lavoro duro e del sacrificio, l’aspirante stella italiana soffrì cotanta disciplina, sino almeno all’incontro con Margot Fonteyn, la più grande di tutte, a dare un senso al tutto. Gli studi al Teatro alla Scala con Vera Volkova, il diploma nel 1954, il debutto nel 1955 nella ‘Cenerentola’ e il ruolo di prima ballerina nel 1958, a 22 anni: già alle prese con ‘Giulietta’, ‘Swanilda’ e ‘Francesca da Rimini’, Carla Fracci ha in ‘Giselle’ la sua consacrazione nel ruolo romantico (anche visivamente, capelli sciolti e leggero tutù), danzato con Rudolf Nureyev in un sodalizio professionale durato vent’anni e con il danese Erik Bruhn. Al suo fianco sono stati anche Vladimir Vasiliev, Henning Kronstam, Mikhail Baryshnikov, Amedeo Amodio, Paolo Bortoluzzi e Roberto Bolle.

In molte compagnie straniere fino agli anni Settanta – London Festival Ballet e Royal Ballet, Stuttgart Ballet, Royal Swedish Ballet, artista ospite dell’American Ballet Theatre – negli anni Ottanta Carla Fracci ha diretto il corpo di Ballo del San Carlo di Napoli; dal 1996, per un anno, quello dell’Arena di Verona; poi l’Opera di Roma, per dieci anni a partire dall’anno Duemila. Sempre restando legata alla Scala, dove nel gennaio di quest’anno aveva tenuto una masterclass su di una ‘Giselle’ in streaming.

Tra virgolette

Le gemelle Kessler, regine del varietà Rai in bianco e nero, ricordano all’Ansa “la nostra terza gemella”, colei che “si esercitava alla sbarra, in calzamaglia, anche durante le vacanze” (a casa di Franco Zeffirelli). Nel suo non negarsi in altri ambiti, non prettamente classici, Fracci si esibì con Alice ed Ellen alla tv italiana nel 1973: “Bravissima anche nel moderno, si lamentava di una sola cosa: i tacchi alti”.

Altre definizioni: “Grande e unica, mai capita fino in fondo”, per l’80enne ballerina e coreografa Loredana Furno, “Immortale” per il coreografo Gheorghe Iancu; “Eterna principessa” per Lorella Cuccarini e “Signora della danza” per l’attrice italiana Alessandra Mastronardi, che la porterà presto sul piccolo schermo nel film tv ‘Carla’; “Divina” per l’Arena di Verona, città che la vide protagonista in oltre trenta produzioni diverse, “Leggendaria“ per il Teatro alla Scala, “Straordinaria” per il Teatro Massimo di Palermo, “Eterna” per la Fenice di Venezia. Altro ancora viene da Riccardo Muti, Eleonora Abbagnato, per molti la sua erede, Roberto Bolle (“Tutto il mondo le è debitore”) e dal New York Times, che un giorno la definì “La prima ballerina assoluta”. E tutto il resto, da Mattarella – “Ha onorato, con la sua eleganza e il suo impegno artistico, frutto d’intenso lavoro, il nostro Paese” – in giù.

“Torna a fiorir la rosa che pur dianzi languia…”

Un passo indietro al 1969. Lontana dalle scene, in attesa del figlio Francesco, nel 1969 il futuro Premio Nobel per la Letteratura Eugenio Montale le dedica ‘La danzatrice stanca’, poesia che avrebbe poi fatto parte della raccolta ‘Diario del 71 e del 72’. Tra il poeta, assiduo frequentatore della Scala, e la ballerina vi è sempre stato un rapporto di mutua stima. Montale, di Carla, auspica il ritorno (che arriverà quando ‘Poi potrai rimettere le ali’) per porre rimedio allo stato delle cose di un balletto che non è più lo stesso – anzi, piuttosto lugubre – da quando lei è lontana (‘Non è di tutti i giorni in questi nivei défilés di morte’).

“Heavy Samba, Heavy Samba, per tenerti sempre in gamba! Te lo dice Carla Fracci, una donna sempre in gamba, che ha ballato tanta samba!”.

È l’introduzione a ‘Heavy Samba’, una delle tracce di ‘Studentessi’, album degli Elio e le Storie Tese del 2008 in cui la ballerina compare in veste di voce narrante, la più illustre di quell’album. In uno dei tanti inserti di culto presenti nei dischi del Complessino, Fracci anticipa una schermaglia ritmico-amorosa tra lui, lei e l’altro di sottofondo in un racconto a metà tra bossanova e heavy metal, dove lui è Elio e lei Irene Grandi. “Un’altra grande Italiana se ne va, sfavillante e ironica. Da oggi in cielo c’è una stella in più”, si legge sul social degli Elii, da sempre termometro dell’autoironia dei grandi laddove essi si prestino, o si siano prestati, a parodie di sé funzionali al sorriso e mai riduttive della propria grandezza. Semmai il contrario.

‘Una parte di me ‘ballerà’ (indegnamente) per sempre con Te’

Anni dopo quei pochi secondi di lucida demenzialità, con la stessa autoironia, Carla Fracci avrebbe applaudito alla propria imitazione portata sul palco di Sanremo da Virginia Raffaele, che già si era resa partecipe della celebrazione/demolizione (controllata) di altri grandi o presunti tali dello spettacolo italiano. Quello di Raffaele fu un rendering spietato della ballerina nella miglior accezione comica del termine, ‘terribilmente’ simile all’originale, in uno scambio alla pari di perfezionismo da provocare tenerezza, riproposto più recentemente in ‘La mia danza libera’, spettacolo di Roberto Bolle per la Rai (“Bolle? Balla? Cos’è, un calembour?”, chiedeva la finta Fracci in quell’occasione).

“È stata fatta con grazia. Non mi sono offesa per niente, l’ho considerato un omaggio alla mia persona”, dichiarò giorni dopo Sanremo a Mediaset l’imitata parlando dell’imitatrice: “Non sapevo che Virginia avrebbe fatto la mia imitazione, ricordo che qualcuno mi telefonò chiedendomi cosa ci facessi a Sanremo e io risposi che mi trovavo a casa dai miei nipoti”. Una dichiarazione d’amore per la sosia – “Lei è davvero stupenda, una ragazza che amo molto” – trasformatasi in amicizia, suggellata in queste ore da una fotografia delle due Fracci in un momento di riposo dalle prove: “Rimarrai l’unica Giselle”, scrive Virginia, abbracciando Beppe Menegatti, il marito, regista teatrale già assistente alla regia per Luchino Visconti, e al fianco di Eduardo De Filippo e Vittorio De Sica. C’è stato lui dietro molte regie degli spettacoli della moglie, sposata nel 1964.

Paola Palma: ‘A Verbania fu la nostra fatina. Aveva l'eleganza del grande teatro’

Pubbliche relazioni, autrice e produttrice musicale, al tempo anche direttrice artistica di una rassegna intitolata ‘Teatro Cultura’, e consulente del gruppo di progettazione del teatro che oggi è Il Maggiore di Verbania. Per Paola Palma, responsabile di un progetto che sarebbe andato in porto di lì a poco, Carla Fracci fu «la nostra fatina». Correva l'anno 2010: «Aveveamo coinvolto una serie di artisti che volessero supportare la nostra volontà di realizzare un nuovo teatro – racconta Palma – ancora in fase di progettazione. Carla Fracci fu uno dei personaggi che ci supportò». Il 18 novembre di quell’anno, la stella della danza venne a Verbania: «Incontrò alcune scuole di danza all’interno della Prefettura e fu deliziosa. Si raccontò, svelando una parte di sé che nessuno ancora conosceva, noi così abituati a vedere la stella calcare i palcoscenici del mondo. Con tutte queste bimbe fu materna, molto protettiva su quel che sarebbe potuto essere il loro futuro nel caso avessero scelto un giorno di divenire ballerine, ma anche molto propositiva per l’importanza del voler realizzare, nel nostro caso, un teatro in un momento storico in cui i teatri già chiudevano».


Carla Fracci con Paola Palma a Verbania, 13 novembre 2010 (www.informitalia.net)

In quella notte di novembre di 11 anni fa, oltre a dire di sé alle aspiranti ballerine, Fracci ritirò un premio e incontrò con l’inganno (le chiamano ‘Carrambate’) un ballerino con il quale aveva lavorato in passato, «e facendo con lui pochi passi di danza, nel freddo della serata, entrambi coi cappotti addosso». Umanamente, «si dimostrò molto complice in quell’avventura, sempre accompagnata dal marito. Fu una madrina d’eccezione, stella sì ma delicata allo stesso tempo, non in quel ruolo da protagonista che siamo abituati a veder interpretare dai big, ma protagonista vera, grande, da tutti i punti di vista. Ci siamo riviste poi per altri spettacoli a Roma e Milano e lei è sempre stata quel che aveva dimostrato quella sera, una persona estremamente umana e molto bella, elegante. Voglio sottolinearla, questa sua eleganza: anche se non parlava, ne venivamo colpiti a prescindere. Si capiva che aveva respirato il grande teatro, quello che sta nell’immaginario collettivo di tutti, e se n’era impregnata. Ancora di recente, anche se non ballava più da tanto tempo, aveva mantenuto quella grazia, quella classe che oggi non è così facile trovare». Restando «estremamente moderna, riuscendo ad affascinare qualsiasi fascia d’età. Una bellezza che non aveva limiti».

 

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