laR+ Musica e Covid

I cinquemila di Barcellona? Giusto una dolce illusione

Mascherine, test antigenico e altre attenzioni, poi tutti al concerto rock: è la soluzione? Non per Jacky Marti, patron, e nemmeno per Adolfo Galli, promoter

Sabato 27 marzo 2021, Palau Sant Jordi. Tutto (quasi) come prima (Keystone)
1 aprile 2021
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La notizia è di pochi giorni fa. Cinquemila persone per un concerto della band catalana Love of Lesbian, sestetto pop-rock/indie spagnolo: prima di un anno fa, un evento a malapena degno di nota; oggi, un esperimento al quale tutti (o quasi, i nostri intervistati usano almeno un paio di pinze) guardano come possibile ripartenza per la musica dal vivo. Il concerto si è tenuto al Palau Sant Jordi, un’arena polivalente in grado di ospitare fino a ventimila persone ma, per quanto chiaramente al di sotto della capienza massima, il pubblico che ha assistito al concerto non doveva mantenere il distanziamento sociale. Libertà di assembramento resa possibile da un dispositivo di sicurezza tutt’altro che banale: non solo obbligo di mascherine ffp2, più filtranti sia di quelle chirurgiche che di quelle di stoffa, fornite dagli organizzatori all’entrata, ma anche obbligo di test antigenico in giornata. Altre misure prese: sistema di ventilazione al massimo della potenza, pubblico diviso in tre settori con bar e servizi igienici separati. Il concerto è parte di un’iniziativa delle istituzioni catalane per valutare come svolgere in sicurezza eventi dal vivo con migliaia di persone. Sui profili ufficiali, a evento concluso, la band catalana twitta un comprensibile “Bona nit Barcelona! Es difícil contener la emoción hoy!”. Su facebook il tono è: “Abbiamo fatto la storia. È un piccolo passo per LoL (Love of Lesbian, ndr), ma uno grande per la cultura”.

Una “emoción” simile devono averla provata anche alla Johan Cruijff Arena di Amsterdam: cinquemila persone – di nuovo, molto al disotto della capienza massima dello stadio – hanno potuto assistere all’incontro tra Paesi Bassi e Lettonia dopo essere risultati negativi al coronavirus. Pubblico diviso in settori, niente distanza sociale e, almeno per una parte degli spettatori, niente mascherina. Due esperimenti di “ritorno alla normalità” grazie a test, mascherine e tracciamento dei contatti apparentemente riusciti, per quanto ci vorranno due settimane per valutare se vi sono effettivamente stati contagi. Il nodo rimane quello della logistica, mobilitando importanti risorse per test e tracciamento e sfruttando comunque solo una parte della capienza delle strutture. I costi aggiuntivi, per il concerto di Barcellona, sono intorno ai 50mila euro: non altissimi – circa 10 euro a spettatore – ma certo sufficienti per scoraggiare gli organizzatori di eventi. Quante, però, sarebbero le istituzioni pubbliche disponibili a testare soluzioni simili? E davvero i promoter s'infilerebbero in cotanta scientifica pianificazione?


Sabato 27 marzo 2021, Palau Sant Jordi (Keystone)

Jacky Marti

'Non più di una luce in fondo al tunnel'

«Non so giudicare se si tratti di speranza o illusione. Penso però che sia giusto tentare tutto il possibile perché, onestamente, non se ne può più». Questo per quanto riguarda Barcellona. Per quel che riguarda l’Efg Lugano Estival Jazz, Jacky Marti trascorrerà la Pasqua serenamente prima di sedersi a un tavolo (rispettando le distanze) con la Città di Lugano «per capire se vale la pena tentare. Un Festival con pochi spettatori, un eventuale transennamento e tutto quanto richiesto dalle regole anti-Covid, stanti i problemi finanziari su cui non si può sorvolare, non è cosa da poco».

Tornando alla Spagna: «Non posso che rallegrarmi per le migliaia di persone che sono potute tornare a vivere una simile esperienza e anche per il personale coinvolto. Ma si tratta di esperimenti difficilmente ripetibili, costosissimi e complicatissimi». Nello specifico: «Fosse anche possibile agire così, gli organizzatori non sono specialisti anti-Covid. Se una valenza si può trovare in quello che è stato fatto a Barcellona, è quella di avere creato anche solo un po’ di luce in fondo al tunnel». Speranza o illusione, quindi? «Temo si tratti più di un’illusione che di una speranza. L’unica risposta, a mio parere, è stringere i denti e avere pazienza. Prima o dopo finirà e ne usciremo con più gioia e consapevolezza di quanto siamo fortunati a poter avere così tanti eventi, che ogni tanto diamo per scontati».


Jacky Marti, Mister Estival (Ti-Press)

Adolfo Galli

‘Se ne parla nel 2022: il vaccino è l'unica soluzione’

Chi nella vita è stato ai concerti dei grandi del rock transitati in Italia (ma non solo) e ha l’abitudine un po’ da matusa di conservare i biglietti, di fianco a Clapton, Bowie, McCartney, Stones, Dylan, Neil Young, James Taylor, Elton John, Iron Maiden, Nick Cave e un'altra mezza Enciclopedia ci troverà scritto con altissima probabilità D’Alessandro e Galli (DeG). Dai tre sold out di Joe Cocker feat. Zucchero, anno 1987, l’azienda di Adolfo Galli e Mimmo D’Alessandro, divisa tra Brescia e Viareggio, è diventata leader nel settore del music business. È ad Adolfo Galli che chiediamo se Barcellona sia un modello. E se, ammesso che di modello si possa parlare, sia replicabile. «Personalmente, lo trovo un proclama più di disperazione che di sostanza», risponde. «Hanno fatto un test per dimostrare che, anche senza essere vaccinati, mantenendo tutti i rigidi protocolli previsti, quelli che ben conosciamo, si potrebbe fare un concerto per poi tirare le somme, sanitarie, alla fine. Ma, sono sincero, mi è sembrato più un modo per dire: "Signori, noi ci siamo e vogliamo lavorare”, perché anche in Spagna si stanno già cancellando i grandi eventi dell’estate». Come in Italia. Anzi, «in Italia siamo messi anche peggio, perché Assomusica – l’associazione degli organizzatori e dei produttori di spettacoli di musica dal vivo, ovvero l'80% delle imprese che organizzano i concerti dal vivo in Italia, ndr – ha cercato di aprire un tavolo con il Ministero del turismo e dello spettacolo, dovendosi purtroppo fermare ai proclami. Perché quando ti presenti con un progetto, il massimo che ti possono dire è “lo sottoponiamo al Comitato tecnico scientifico». Con il quale «nessuno può parlare direttamente e dal quale, dunque, nessuno può ottenere risposte sostanziali».

Anche per DeG, come per Mister Estival, se anche si adottasse lo schema-Barcellona, «fermo restando che se l’organizzazione che si occupa dell’evento si attiene alle disposizioni di legge emanate dal ministero gli eventi si possono fare – spiega Galli – in Italia resta il problema dei colori». Ovvero: «Il governo fissa regole sulle quali, a livello regionale, i governatori possono imporre deroghe. Con capienze diverse di città in città, organizzare un tour diventa difficile perché una produzione da mille persone, faccio un esempio, richiede mille di watt di fonica, e una situazione da tremila spettatori ne chiama di più. In questo mestiere devi programmare e per ammortizzare i costi devi poter fare una produzione unica che permetta di suonare ovunque». Allo stato attuale, dunque, «quello che possiamo fare è solo sperare che il vaccino funzioni e che quest’estate ci venga concesso qualcosa di più che mille persone».

Il vaccino, ultima (unica) ratio: «Quando finalmente avremo il 70-80% della popolazione vaccinata – conclude Galli – la tanto attesa immunità di gregge consentirà a ognuno di noi di andare ai concerti, a teatro, al cinema, dove gli pare». In Europa si dice che accadrà a luglio: «No, non ci credo che sarà a luglio. Credo che prima della fine di settembre non succederà nulla. E solo a fine settembre, se verranno rispettati i tempi promessi per le vaccinazioni, allora potremo rimetterci a pensare alla musica. I miei eventi grandi, per inciso, sono già tutti posticipati al 2022».


Adolfo Galli, D'Alessandro & Galli

Chi vede e chi lascia

Ecco il mini-Montreux, jazz controtendenza

Che nessuno se la senta d’imbarcarsi nell'impresa sanitaria spagnola di sabato scorso è chiaro. In Svizzera è tutto un “Abbandono, abbandono!”: Paléo dà appuntamento al 2022 (“È come vedere la cima di una montagna e poi dover scendere perché il tempo è troppo brutto”); a Berna si dicono “un po’ esausti” e il Gurten Festival 2021 è già archiviato senza che sia stata suonata una sola nota; a San Gallo, invece, ancora si spera in un open air in miniatura. Mini come quello pensato a Montreux, festival che nello sconforto generale annuncia, dal 2 al 17 luglio, un molto, molto distanziato Montreux Jazz Festival: un palco a ridosso del lago, a 25 metri dalla riva, e altri tre palchi ‘intimi’ all’interno del Montreux Palace. Mettendola più sul fascino turistico del luogo che altro, gli organizzatori non fanno ancora nomi (attesi non prima di maggio), ma già dicono di due artisti a sera in riva al lago davanti a 600 spettatori paganti ‘terrazzati’, e di un secondo palco, sempre lacustre, per 300 appassionati altrettanto paganti; tutt’intorno, ulteriori palchetti per jam session e Dj set (gratuiti). Mathieu Jaton, direttore di ‘Montreux’, sostiene che questa sia “la musica del futuro”. E noi glielo auguriamo di cuore. Lo auguriamo a lui, a Mister Estival e a tutti festival che opteranno per essere mini. Come dice di solito? Non sono le dimensioni che contano...

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