Culture

Il pragmatismo british come stile di vita

Che si parli di vaccini anti-Covid-19, linee metropolitane, o cultura pop, il pragmatismo è un tratto saliente della way of life britannica.

Mr. Bean, qualcosa di profondamente British (Keystone)
20 marzo 2021
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In un documentario sulla carriera musicale dei Coldplay, la voce fuori campo del commentatore a un certo punto afferma che, nonostante l’enorme successo della band, i testi delle loro canzoni risultano spesso sconclusionati, poco articolati, elusivi, e tendenzialmente superficiali. Ciò però non ha certo impedito la loro ascesa globale, rendendoli una delle band più note del pianeta. La stessa cosa si potrebbe dire, mutatis mutandis, per Christopher Nolan, regista dall’enorme talento che ci ha abituato a caleidoscopici luna-park di immagini e di azione mozzafiato. Ma poi, quando lo spettatore cerca di mettere assieme i pezzi della storia, i conti non tornano; e da un certo, seppur trascurabile, punto di vista, il film rimane incompleto. 

Questi esempi si riferiscono a due punte di diamante della cultura pop inglese. In entrambi si realizza l’eccellenza della performance, la sublimità dell’esecuzione, e si delinea, in modo limpido, lo stile culturale tipico degli inglesi: il pragmatismo. Che si parli di politica, società, o cultura, il pragmatismo è un tratto distintivo, nel bene e nel male, della way of life britannica. Ma non solo: sembra che il pragmatismo sia tornato di moda. Vediamo perché.

Il pragmatismo nella corsa ai vaccini

In un interessante contributo pubblicato di recente dal Corriere della Sera, Fabio Colasanti commenta la sostanziale differenza nella rapidità di somministrazione dei vaccini fra i paesi che chiama ‘pragmatici’ – ovvero Stati Uniti, Israele e Inghilterra –, e i paesi ‘giuridici’ come gli stati dell’UE e la Svizzera. In fatto di rapidità ed efficacia i primi, rileva Colasanti, sono decisamente avanti. Secondo il giornalista, “per i paesi ‘pragmatici’, quello che conta è il risultato finale”, mentre che “per i paesi ‘giuridici’ quello che più conta è che i soldi siano spesi correttamente”. Il vantaggio dei paesi pragmatici proverrebbe poi dal fatto che questi hanno, con largo anticipo, “identificato degli obiettivi di ricerca importanti”, hanno messo in piedi “organizzazioni ad hoc con lo scopo di raggiungerli”, e hanno assoldato “scienziati/manager di livello altissimo” concedendo loro piena libertà su come gestire i finanziamenti. Di converso, i paesi ‘giuridici’ hanno agito in maniera più circospetta, meno spregiudicata, investendo molto sulla trasparenza dei risultati e delle procedure, rallentando però considerevolmente il tempo necessario al conseguimento degli obiettivi. 

Forse alcuni attenti osservatori avranno notato come, in poco tempo, le carte in tavola siano cambiate. Ancora qualche mese fa, i paesi detti pragmatici venivano additati come quelli che gestivano in maniera più irresponsabile la crisi pandemica; tanto che un intellettuale come Noam Chomsky si era spinto a ipotizzare una correlazione (non del tutto fuori luogo, a dire il vero) fra regimi economicamente ultra-liberali e la cattiva gestione pandemica. Ora invece, cifre alla mano, la prospettiva si è rovesciata.

The British way

Ho avuto l’opportunità di vivere in Inghilterra per qualche anno, e mentre leggevo Colasanti, era un po’ come sentire una melodia familiare. Ancora oggi, se dovessi definire in una parola l’unicità della cultura inglese, il suo sistema politico-economico o, più banalmente, il suo approccio alle cose quotidiane, utilizzerei il termine ‘pragmatismo’.  

Ho sempre ammirato, e ammiro tuttora, gli inglesi per il loro pragmatismo. Al tempo stesso, però, da europeo ho sempre percepito che oltre al pragmatismo disinvolto e vincente, esiste una sorta di pragmatismo compensatorio. Faccio un paio di esempi: avendo svolto un dottorato all’Università di Londra (UCL), ho avuto modo di osservare dall’interno l’ambito accademico. Sono sempre rimasto impressionato, per esempio, dalla velocità e dall'efficacia con cui gli inglesi riescono a mettere in piedi una giornata di studio, un convegno, una serie di conferenze, oppure dalla rapidità con cui il gruppo di teatro dell'università riesce a realizzare una pièce o uno spettacolo in poche settimane. Pochi però, ho notato, si interrogano veramente sul senso dell’operazione, sul perché si organizzano delle conferenze, su quale sia il senso del tema trattato, la sua importanza in uno schema complessivo delle cose. È come se tutto ciò non avesse alcuna importanza. Da buoni (anzi, ottimi) pragmatisti, gli inglesi a volte fanno e basta, senza porsi domande.  

Un altro esempio. La metropolitana di Londra, meglio conosciuta come The tube. A volte viaggiare in metropolitana equivale ad attraversare un mondo post-apocalittico. Lavori in corso, linee temporaneamente chiuse, fasci di cavi che vengono fuori un po' dappertutto. Capita, con una puntualità quotidiana da fare invidia ai produttori di orologi svizzeri, che una o l'altra linea della metropolitana non funzioni. Ed ecco che, con precisione e disinvoltura, gli inglesi sono maestri nell'organizzare in quattro e quattr’otto bus sostitutivi ottimamente segnalati, che intervengono con tempismo eccezionale e non ti fanno perdere neanche un minuto. È anche questo il pragmatismo inglese: una capacità sorprendente di agire tempestivamente e con coordinazione in caso di emergenza, intervenendo su un ambiente che viene ogni volta aggiustato in modo pragmatico, ma mai definitivo.  

L’immaginario pragmatista 

Prendiamo la figura di James Bond. Oltre ad essere, assieme a un ristretto gruppo di rockstar, cuochi televisivi, ed esponenti della famiglia reale, fra i prodotti d’esportazione per eccellenza della cultura pop anglosassone, James Bond è una figura (romanzesca e poi cinematografica) che spettacolarizza il pragmatismo britannico. Attraverso le sue gesta, la sua raffinatezza, le sue scelte poco economiche ma efficaci, è sinonimo di un’eleganza che si combina a uno spirito anti-intellettualistico, e a una super-efficienza che richiamano un certo liberalismo anglosassone d’altri tempi. Bond è l’anti-filosofo dichiarato che sposa e incarna la causa dell’uomo d’azione, e in lui il pragmatismo si esprime alla perfezione. 

Per fortuna gli inglesi hanno altre risorse oltre al pragmatismo; una di queste è la loro proverbiale ironia. A fare da contraltare, e antidoto, all’ultrapragmatismo bondiano, c’è infatti un altrettanto conosciuto rappresentante della cultura britannica. Si tratta di Mr. Bean: goffo e ingessato, non perde occasione per fare l’esatto contrario di ciò che dovrebbe fare. Inaffidabile e maldestro all’inverosimile, la sua presenza è decisamente fastidiosa per chi gli sta attorno. Le sue imprese, contrariamente a quelle di Bond – sempre coronate dal successo –, non vanno mai a buon fine. Insomma, Bond è l’esatto contrario di Bean. Se il primo capitalizza tutti gli attributi attraverso cui una nazione come la Gran Bretagna si è fatta conoscere nel mondo, il secondo accumula gli stilemi caratteriali e comportamentali che rendono, al tempo stesso, ridicola la contemporanea way of life britannica. Tanto nell’uno trasuda eleganza e padronanza di sé, quanto nell’altro si cristallizzano goffaggine e inettitudine. Ma in entrambi, indubbiamente, c’è qualcosa di profondamente British. 

Modelli culturali con cui dialogare 

In un mondo iperconnesso e irrevocabilmente globalizzato, forse è un bene che esistano stili culturali diversi e distinti, così com’è importante che esistano diversi modi di pensare e di agire. È facile anche intuire che l’attuale vantaggio dei paesi pragmatici nella somministrazione dei vaccini venga cavalcato dalle forze politiche al governo per consolidare il loro consenso. Ma c’è anche da credere che il vantaggio momentaneo di alcuni paesi in alcuni ambiti, possa facilmente tramutarsi in debolezza e inconsistenza in altre circostanze. L’importante è riconoscere l’opportunità, insita nelle differenze dei modelli culturali, di imparare gli uni dagli altri; cominciando, magari, da un dialogo fra ‘pragmatici’ e ‘giuridici’; e invitando al tavolo, beninteso, anche altri modelli culturali. Anche se, me ne rendo conto, per fare tutto ciò ci vorrà qualcosa di più di un semplice “just do it”.

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