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I teatri restano chiusi, Helbling: ‘Scoramento è la parola’

Il direttore del Sociale: ‘Noi chiusi da un anno, i negozi nuovamente aperti: davvero non c'era uno spazio per conciliare le esigenze degli uni e degli altri?'

Non fatemi parlare... (Keystone)
17 febbraio 2021
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Con il via libera comunicato oggi dal Consiglio federale, i musei esprimono palese felicità per il riappropriarsi degli spazi espositivi. Per Bernard Fibicher, direttore del Museo cantonale delle Belle Arti di Losanna, “l'incontro fisico e in prima persona con le opere rappresenta un vero e proprio bisogno”. Non meno fisico pare il bisogno di riappropriarsi dei teatri, costretti a confidare nel 1° aprile, sperando non si tratti di un ‘pesce’. Ancora più di un mese dovranno attenere teatri, cinema e le manifestazioni culturali in genere, quella seconda fase di riapertura "in presenza di pubblico in spazi fortemente circoscritti”, e nel rispetto di determinati parametri. Dei sipari ancora chiusi parliamo con Gianfranco Helbling, direttore del Teatro Sociale di Bellinzona.

Gianfranco Helbling: niente contro i musei, ma perché i musei sì e i teatri no?

Me lo chiedo anche io così come, dal punto di vista epidemiologico, perché una vecchia biblioteca senza impianto di ventilazione dove le persone stanno ferme nello stesso posto per otto ore in una giornata sì, e un teatro con un impianto di ventilazione moderno dove le persone stanno al massimo due ore distanziate no. Non voglio mettere assolutamente un settore culturale contro l'altro, è già buona cosa che ci siano istituzioni culturali che aprono e che non sono più le ultime come successo in primavera. Detto ciò...

È ancora la dimensione 'festaiola' che preoccupa? Ammesso che a teatro sia sempre festa...

Sì, credo che il timore, al di là di quel che succede all'interno, sia quello che succede immediatamente prima e immediatamente dopo. I capannelli all'esterno del teatro, per esempio, ma per i quali vale la regola generale del massimo assembramento delle 15 persone, da applicarsi anche in quell'occasione e, soprattutto nelle grandi città, la forte affluenza sui trasporti pubblici. Però, se limiti di tanto la capienza dei teatri, non avrai nemmeno una grossa affluenza sui trasporti pubblici, di sera quando sono già vuoti, alla fine di una giornata in cui sono stati pieni. Continuo a fare fatica a vedere ragioni per le quali teatri cinema debbano rimanere chiusi a maggior ragione quando le ricerche scientifiche dimostrano che i luoghi al chiuso più sicuri, con un adeguato programma di protezione, sono proprio i teatri e i cinema.

Il settore culturale paga ancora la sua fragilità comunicativa, la mancanza di compattezza?

Sicuramente, da questa crisi, il mondo culturale deve imparare che deve articolare meglio bisogni, richieste e rivendicazioni nei confronti della politica. Siamo entrati deboli in questa crisi, non possiamo uscirne come Superman. È vero che c'è una progressiva organizzazione che sta prendendo forma durante questi accadimenti, e forse qualcosa da quel lato abbiamo imparato. Mi aspettavo però più duttilità da parte dell'autorità politica. Si fatica a capire come mai tutti i negozi possano riaprire e tutti i teatri debbano rimanere chiusi. Non si poteva trovare uno spazio per conciliare le esigenze degli uni e degli altri? È vero che il Consiglio federale deve tenere presente l'insieme della società, e noi pensiamo sempre dal nostro punto di vista, però c'era un modo diverso per comporre i diversi interessi e arrivare a una situazione complessiva che non penalizzasse nuovamente, e siamo a un anno di chiusura pressoché totale, un settore in particolare.

Iniziative particolare, richieste di ascolto, d'incontro, anche a livello di teatri svizzeri?

In Ticino, così come in altre regioni della Svizzera, è stata scritta una lettera al capo del Decs Manuele Bertoli da parte di una serie di organizzazioni nazionali tramite i relativi rappresentanti in Ticino nelle quali si caldeggiava l'applicazione del cosiddetto Modello di Basilea. Da questo potrebbe nascere un nuovo confronto, ma anche qui siamo bloccati dal via libera che dovrebbe arrivare dalla Confederazione e il Ticino ha le mani legate. Il dialogo continua anche a livello federale, ma si parte comunque da una debolezza di settore.

Quale, oggi, lo stato d'animo in questo stillicidio di nervi dato dal rimandare e nella non certezza di riaprire ad aprile, data che rappresenta al massimo un'eventualità...

Scoramento mi pare la parola corretta. Sì, aprile ma se facciamo i bravi e se tutta una serie di parametri funzioneranno. Ci tengo a dire che non invidio Consiglio federale che sarà bersagliato da richieste ed esigenze varie, diciamo però che questo settore è di fatto fermo da più di un anno ed è uno dei settori che sta pagando di più non solo in termini economici: anche il suo pubblico sta pagando, perché gli appassionati di tatuaggi hanno sempre potuto farsi tatuare, mentre gli appassionati di teatro hanno dovuto rinunciare alla propria passione. Guardiamo al lato positivo anche se non riguarda noi direttamente: ci sono aperture in ambito culturale di cui ci rallegriamo. È importante si pensi anche ai giovani, e lo dico più da padre di famiglia che non da direttore di teatro.

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