Culture

Joker: il lockdown, il dolore, l'amore

Storia di un mal de vivre e di due ragazzini lombardi in cerca di un sorriso 'non convenzionale'.

Sull'iconica scala (Warner Bros)
20 gennaio 2021
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Solo pochi giorni fa, Variety annunciava trionfalmente: “'Joker' ha dimostrato di essere il titolo top nell'home entertainment U.K. del 2020 grazie ai consumatori rimasti a casa durante la pandemia. Lo rivela la British Association for Screen Entertainment (BASE)”. Si pensi che il film di Todd Phillips, già vincitore di due premi Oscar, ha venduto più di 1,4 milioni di copie su disco, come vendita elettronica (EST) e transazionale video-on-demand (TVOD). Un fatto, questo, importante per il quotidiano del business cinematografico che sottolinea come in pandemia il settore dell'home entertainment è cresciuto del 26% nel 2020, portando il valore totale di mercato a 3,3 miliardi di sterline (4,47 miliardi di dollari). 12,9 milioni di persone sono state coinvolte. Quello che Variety non poteva prevedere e che anche nel resto del mondo ‘Joker’ poteva influire in qualche modo sulla vita di altre persone. Perché Variety, come tutti i giornali industriali, ha un buon rapporto con i numeri e le quantità, ma non la prerogativa di dare volti e senso a quei numeri. Il fatto è che fin dalla sua presentazione pubblica, 125 anni fa, il cinema ha subito provocato emozioni, un treno che sullo schermo arriva in stazione e fa fuggire le persone dalla sala terrorizzate dalla paura di essere investite, di morire.

Lei e lui

Così, Variety non poteva mettere in conto a un successo economico il destino di due fidanzatini della provincia milanese che in un freddo giorno di questo gennaio si presentano al pronto soccorso di Cernusco sul Naviglio: lui con ferite non gravi al volto, lei con profondi tagli che si allungano dalle labbra fin sul viso, regalandole, malvagi, un tragico sorriso alla Joker. Lui ha diciassette anni, lei invece quattordici. Sono due ragazzi ‘normali’, le cronache sottolineano, di ‘buona famiglia’ e, soprattutto ‘italiani’; vivono entrambi nel territorio di Cernusco sul Naviglio nessuna precedente denuncia, nessun disagio sociale, nessuna segnalazione a proprio carico. Normali: lei, ferita da lui, viene ricoverata; lui è denunciato a piede libero per il reato di ‘sfregio’, nato recentemente per contrastare le violenze di genere. I due avevano subito cercato un’altra plausibile spiegazione: “Ci hanno aggredito per strada”. Sono partite le indagini dei carabinieri e non è servito molto tempo per capire la reale situazione. Si trattava di un piano tra i due fidanzatini: lui avrebbe inferto i tagli a lei, poi lei avrebbe fatto altrettanto su di lui, ma lei si sarebbe sentita male dopo i tagli sul suo volto, ed ecco spiegata la corsa al pronto soccorso. E qui i medici si trovano davanti a un ghigno simile a quello di Joker, il personaggio antagonista di Batman. Bene ha fatto Ciro Cascone, il procuratore dei minorenni di Milano incaricato del caso, che ha affermato che si tratta "di due ragazzi sofferenti, che vanno aiutati, l’associazione con Joker è deleteria, si tratta di spinte autolesionistiche che ci sono sempre state tra i ragazzi e che in generale possono essere anche acuite dal lockdown, di ferite che qua sono evidenti e che spesso i ragazzi si fanno in silenzio”. Importante, a ogni modo, è non “innescare meccanismi di emulazione – ha aggiunto Cascone – perché qui c’è pura sofferenza e bisogno di aiuto”.

Da Glasgow a Chelsea

È vero, “l’associazione con ‘Joker’ è deleteria”, ma il modello di riferimento culturale non va negato. I due protagonisti non avevano certo in mente le notizie che molti giornali avevano scovato, come il fatto che la simile ferita, nei paesi anglosassoni, sia definita ‘Glasgow smile’, tortura utilizzata cent’anni fa negli scontri tra banditi scozzesi; o, peggio, che sia anche chiamata ‘Chelsea Smile’ perché pare fosse inflitta a colpi di taglierino dagli hooligan della squadra londinese ai rivali. No è proprio ‘Joker’ il riferimento, quello di Todd Phillips che racconta il lato più umano del Joker: il suo malessere di vivere. Esiste in letteratura l'espressione ’Effetto Werther’, che spiega la crescita di suicidi in base all'influenza dei mezzi di comunicazione di massa. Di più, esistono studi importanti che analizzano l'influenza di film, tv, internet a molto altro sui giovani, come ‘Copycat suicide The influence of the media’ di Steven Gregor, dove si legge “l'evidenza ci sta mostrando che ci sono sempre più giovani che non si sentono al sicuro, apprezzati o ascoltati e che sono quindi sempre più vulnerabili. Molti giovani sono anoressici spirituali. Non credono in se stessi, non hanno un senso fondamentale di significato, scopo o appartenenza”. Questo, insieme a quello che il dottor Carr-Gregg (Australian Psychological Society) descrive come “un interesse assolutamente pruriginoso in ciò che i media dicono loro di essere interessati”, può lavorare per aumentare la vulnerabilità degli adolescenti. “Se ci sono un sacco di storie cupe, pessimistiche, negativistiche nei media – purtroppo, ciò che tendiamo a vedere segnalati – allora la vulnerabilità aumenterà”.

Un po’ tutti gli studi convergono su questi temi ormai da tempo. L'originalità del caso dei giovanissimi milanesi sta nel tentativo romanticamente assurdo di esaltare il loro amore su una comune diversità, non sulla convenzionale bellezza, non su un’imitazione shakespeariana, moriamo insieme, ma su un rifiuto di una condizione normale, sull’amarsi anche deformi. Sarebbe stato semplice farsi un tatoo. Volevano andare oltre, uscire da una prigione, insieme, con dolore. Ci hanno provato.

 

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