Netflix

Si chiama ‘SanPa’, ma poteva chiamarsi ‘VinCe’

È la storia di San Patrignano o solo quella del suo fondatore Vincenzo Muccioli? Tra sostenitori delle luci e scopritori di ombre, c'è un'Italia divisa

L'immagine ufficiale della docuserie (Netflix)
16 gennaio 2021
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Forse è il titolo che inganna. Perché il sottotitolo dice tutto: ‘Luci e tenebre di San Patrignano’, o più cupamente e internazionalmente sottotitolando, ‘The sins of the savior’. E se sono ‘I peccati del salvatore’ a essere raccontati, allora è necessario mettere in conto più tenebre che luci. C’entra il taglio documentaristico ‘alla Netflix’, c’entrano i finali di puntata che impongono di proseguire, fossero anche cinque ore di fila (e lo sono), rese leggere dal montaggio di Valerio Bonelli (‘The Program’, ‘L’ora più buia’, ‘Black Mirror’). Alla fine, a detta di alcuni, dalla docuserie ‘SanPa – Luci e tenebre di San Patrignano’ esce un Vincenzo Muccioli ritratto senza retorica; per altri, il fondatore della comunità di San Patrignano è trattato peggio di Pablo Escobar in ‘Countdown to death’ (sempre Netflix, 2017), pur avendo il romagnolo fatto in vita ben altro, e pur al netto degli errori fatti e ammessi. Chissà, si fosse intitolata ‘VinCe’, questa serie – perché è di Vincenzo Muccioli che si narra in ‘SanPa’, prima che di San Patrignano – forse il clamore sarebbe minore. O forse no.

Andando per ordine. La serie televisiva documentaristica che ha scatenato la polemica in Italia è scritta da Carlo Gabardini, Gianluca Neri e Paolo Bernardelli per la regia di Cosima Spender. L’idea è di Neri, scrittore/autore tv/blogger italiano, folgorato sulla via del documentario da ‘Making a murderer’ (dieci anni di realizzazione per un caso giudiziario che ha dell’incredibile). Neri si presenta nell’ufficio del signor Netflix proponendo un documentario sull’omicidio di Yara Gambirasio, per uscirvi poi con uno su San Patrignano, stante la concomitanza di una produzione Bbc che tanto somiglia alla vicenda di Brembate e che affossa il primo dei due progetti. Poco male. Una volta realizzato, il destino vuole che con curioso tempismo e affinità geografiche e geopolitiche ‘SanPa’ esca sulla piattaforma con la N rossa (“Bo-bòm”, jingle) a pochi giorni da ‘L’incredibile storia dell’Isola delle Rose’, andando a comporre un duetto di storie di sogni utopistici più o meno di successo. ‘Meno’, se riferiti alla piattaforma dell’ingegnere bolognese Giorgio Rosa, costruita nel 1968 nell’Adriatico in acque internazionali, autoproclamata micronazione con sogni d’indipendenza, moneta e passaporti (sogni affondati con l’esplosivo dall’esercito italiano); ‘più’, se si parla di San Patrignano, comunità nata nel 1978 e ancora viva e vegeta. Due voli pindarici, l’isola e la comunità, la zattera e la comune, coltivati a pochi chilometri l’uno dall’altro, a Rimini e dintorni, in acqua e sulla terraferma.

Catene

Più tardi nome di quella che diventerà la comunità terapeutica più grande d’Europa, San Patrignano è la via d’accesso al podere sito in Coriano, 10mila abitanti nel Riminese, donato a Vincenzo Muccioli dalla famiglia della moglie Maria Antonietta. Appassionato d’animali, agricoltura, ma anche di parapsicologia, Muccioli, classe 1934, entra in contatto con gli ‘ultimi’ all’interno del ‘Cenacolo’, gruppo dedito alla medicina naturale e, così si dice, alle sedute spiritiche. L’incontro con una giovane tossicodipendente lo spinge ad accogliere in casa sua altre vittime degli stupefacenti, fino a comporre la trentina di ospiti della neocostituita cooperativa di San Patrignano, nella quale confluiscono alcune proprietà di famiglia sotto forma di donazione (più tardi arriverà la famiglia Moratti, economicamente decisiva nella storia della comunità).


Vincenzo Muccioli (dx) con Gian Carlo Moratti (Wikipedia)

Sono gli anni dell’eroina o ‘droga di Stato’, un nuovo sballo meno idealistico perfettamente descritto a inizio serie, venuto a soppiantare erbe e acidi, una cosa che annulla le volontà e apre la strada alla ‘Scimmia’, per dirla con Eugenio Finardi, o ti rende ‘Lilly’, per dirla con Antonello Venditti, storie di droga messe in musica in quei giorni. E se vuoi salvarti dall’eroina, a San Patrignano c’è una regola: se scappi, la comunità – che da te non pretende una lira – viene a riprenderti ovunque tu sia. E se la comunità viene a riprenderti è possibile che, nei casi più estremi, Vincenzo Muccioli ti chiuda in una porcilaia con le catene ai piedi. Violazione dei diritti umani? Estrema ratio per sfuggire alla scimmia? Scritto così è semplicistico. Un’idea di quale il pensiero di tossicodipendenti e familiari dei tossicodipendenti sul metodo sta nel girato d'archivio fuori dal tribunale, a margine del processo al fondatore. Dei processi, per la precisione.

Bufera

Nascita, crescita, fama, declino, caduta. E declino e caduta portano con sé un fatto di cronaca dal quale San Patrignano avrebbe anche potuto non risollevarsi più. Ma è andata diversamente. Nascita, crescita, fama, declino, caduta sono i cinque capitoli di ‘SanPa’, cinque episodi che, per chi è su con l’età, non sconvolgono la vita. Nel senso che delle vicende giudiziarie di Vincenzo Muccioli, della mai risolta contraddizione di quel “se scappi vengo a riprenderti” – il gioco che vale la candela, lo Stato assente quindi meglio le catene che la morte – vennero riempite per un buon decennio pagine e palinsesti televisivi italiani, portando il fondatore a divenire, nel bene e nel male delle attribuzioni – per l’esterrefatto Mike Bongiorno, e per un trionfante Pippo Baudo, sondaggisti dell’intrattenimento in estratti tv d’epoca – l’uomo più famoso d’Italia.


Con Red Ronnie, al centro e Gianni Morandi, dx (Wikipedia)

“Ci dissociamo completamente dalla docuserie messa in onda da Netflix”. “Il racconto che emerge è sommario e parziale, con una narrazione che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori, per di più, qualcuno con trascorsi di tipo giudiziario in cause civili e penali conclusesi con sentenze favorevoli alla Comunità stessa, senza che venga evidenziata allo spettatore in modo chiaro la natura di codeste fonti”. San Patrignano, quella di oggi, reagisce così il primo giorno dell’anno nuovo, alla messa in onda di ‘SanPa’. Contesta molte scelte registiche, in primis l’aver dato ampio spazio a Walter Delogu, braccio destro di Muccioli fino a una drammatica separazione. È a questi che pare riferirsi la Comunità quando parla di “sentenze favorevoli”.

In ‘SanPa’, al braccio destro fa da contraltare il braccio sinistro, Antonio Boschini, strappato da Muccioli alla tossicodipendenza per divenire responsabile terapeutico della Comunità. E a questo proposito, “per trasparenza e correttezza – scrivono a San Patrignano – abbiamo ospitato per diversi giorni la regista della serie la quale è stata libera di parlare con chiunque all’interno della comunità, e abbiamo inoltre fornito l’elenco di un ampio ventaglio di persone che hanno vissuto e o tuttora vivono a San Patrignano e della quale conoscono bene storia passata e presente, in modo da poterle dare gli strumenti necessari per una ricostruzione oggettiva e informata. Tale elenco è stato totalmente disatteso, a eccezione del nostro responsabile terapeutico, preferendo lasciare spazio a un resoconto unilaterale che paia voler soddisfare la forzata dimostrazione di tesi preconcette”. A San Patrignano scrivono di “spettacolarizzazioni, drammatizzazioni e semplificazioni presenti in un prodotto chiaramente costruito per scopi d'intrattenimento commerciale”.

“Il fine non giustifica i mezzi”, ribatte il Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (Cnca). “Nel caso raccontato nella serie tv, una società spaventata e incapace di affrontare il fenomeno della diffusione di eroina ha avallato, facendone talvolta un simbolo, un approccio che prevede l’espulsione e l’isolamento delle persone dalla comunità di appartenenza, a qualunque costo, in virtù di un mandato che ha lasciato spazi amplissimi – fino ai fatti gravissimi riportati nella serie – a chi si proponeva come unico salvatore e il cui metodo doveva diventare legge. La droga era il mostro che giustificava tutto”.


Red Ronnie (sx) e Vincenzo Muccioli (Wikipedia)

Red

'Abbiamo pensato che comparendo avremmo limitato i danni provocati da un eventuale silenzio' (Red Ronnie)

«Beppe, non riesco più a parlarne, né ho tempo. Sono monopolizzato da San Patrignano da troppi giorni. Virgoletta quello che vuoi da queste due interviste mie che hanno pubblicato. Red». Red non sta per ‘redazionale’ ma per Red Ronnie, giornalista, critico musicale e conduttore radio e tv (all’anagrafe, Gabriele Ansaloni). C’è chi si auspica sia dato un seguito a ‘SanPa’, seguito che a modo suo è già andato in onda. S’intitola ‘Le luci di San Patrignano’, è sulle pagine social di Red Ronnie, dura tre ore, è una diretta del Barone Rosso che va a ruota libera e racconta il suo Muccioli, seguito passo passo dal momento dell’infatuazione fino alla fine, confluito in ore e ore di storiche trasmissioni autoprodotte come ‘Be Bop A Lula’, format antesignani della tv verità, anticamere della telecamera in spalla e microfono davanti, del buona la prima, con tanta musica – al Barone Rosso manca solo l’intervista con Elvis e quella con Dio –, ma non solo. Parte di quel girato, fondamentale per la buona riuscita della docuserie, è stato venduto dal suo autore a Netflix per essere parte di ‘SanPa’.

Pur non rinnegando l’affare, Red accusa gli autori di aver preso quel che faceva loro comodo. “La serie di Netflix – scrive a Dagospia – parte da un presupposto, e cioè mostrare il marcio da un progetto splendido”. E ancora: “Hanno dato più spazio a Delogu, condannato per aver ricattato Muccioli, che al figlio di Vincenzo”, al timone di San Patrignano dalla morte del padre (19 settembre 1995) fino all’agosto del 2011. “Il mio e il suo intervento nel documentario – spiega Red durante la sua diretta – ci sono perché, avendo capito subito in quale contesto saremmo stati inseriti, abbiamo pensato che comparendo avremmo limitato i danni provocati da un eventuale silenzio”.

Sul Corriere della Sera, Muccioli jr sostiene che il documentario di Netflix sia “pura e semplice fiction. Crea ombre intorno alla figura del protagonista: ci riesce bene ma falsifica storia e modello”. Riconosce gli errori del padre, ma “quando parliamo di San Patrignano – sottolinea — non parliamo della Caritas, con tutto il rispetto. Parliamo di un percorso drammatico di accoglienza di giovani, i tossicodipendenti degli anni 80, che distruggevano le loro famiglie ed erano abbandonati dallo Stato”.

Storie di ex

'Sono quel che sono anche grazie a Vincenzo e a San Patrignano, e nonostante Vincenzo e San Patrignano' (Fabio Cantelli)

Al netto di quanto portato da Red Ronnie nella sua diretta (episodi che gli ex ospiti di San Patrignano ricostruiscono diversamente dagli autori della serie), al netto di Delogu – un libro in uscita quasi in concomitanza, ‘Il braccio destro’ (Mursia), cui la Comunità risponde con ‘Tutto in un abbraccio’ di Giorgio Gandola, storia dei 26mila ragazzi e ragazze della Comunità ospitati dal 1978 a oggi – in ‘SanPa’ c’è un po’ di storia d’Italia nella quale s’introduce con garbo colui che pare l’ago della bilancia del racconto, anche per via della figura filiforme. È l’ex ospite ed ex portavoce di San Patrignano Fabio Cantelli, la cui visione è più interessante di quella dell’ex braccio destro. “Sono quel che sono anche grazie a Vincenzo e a San Patrignano, e nonostante Vincenzo e San Patrignano”. Si definisce così. E se lui è la bilancia, l’ago che oscilla sembra restare dritto al centro.

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