Culture

L’Università di Basilea vuole abbandonare l’italiano

Al pensionamento di Maria Antonietta Terzoli, professoressa ordinaria di letteratura italiana, l’ateneo vorrebbe ridurre le ore di insegnamento

L'università di Basilea (Universität Basel/Christian Flierl)
17 dicembre 2020
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Lingua italiana a rischio a Basilea: la professoressa Maria Antonietta Terzoli tra poco più di un anno andrà in pensione e c’è il concreto rischio che, con la sua partenza, la cattedra di letteratura italiana all’Università di Basilea venga indebolita mettendo a rischio non solo l’insegnamento dell’italiano, ma la presenza della cultura italiana a Basilea. «Ho avuto modo di sottolinearlo più volte: in tutte le università svizzere – il Ticino è ovviamente l’eccezione – l’italiano è una piccola materia, in netta minoranza rispetto ad altre molto più grandi» ci ha spiegato Terzoli. Nata a Como, cittadina italiana e svizzera, ha studiato a Pavia, Bologna e Ginevra, ha insegnato nelle università di Ginevra e di Zurigo e dal 1991 è professoressa ordinaria di Letteratura italiana all’Università di Basilea. La carica non è un dettaglio secondario: «L’intenzione è aprire un concorso per un posto di professore assistente, con posizioni meno qualificate. Un incarico a termine, con contratto per cinque anni dopo i quali vi sarà una procedura di valutazione: la persona sa che dovrà “comportarsi bene” se vuole essere confermata». Dopo cinque anni potrà diventare professore straordinario, «che è sempre meno di quello che sono io adesso».

La questione ha un immediato riscontro nelle ore di insegnamento: «Io adesso ho una cattedra ordinaria che corrisponde, oltre ovviamente a tutti gli incarichi amministrativi e le altre attività, a otto ore di lezione. La cattedra ha poi un posto di assistente, diviso tra due giovani studiosi, per altre 4 ore di insegnamento». Da queste 12 ore di insegnamento strutturato si rischia di passare a 5: il professore assistente non solo ha meno ore di un professore ordinario, ma il suo sarà un incarico al 75% per un totale di 3 ore; inoltre ci sarà il dimezzamento del posto di assistente.

Quali sono le conseguenze di questa riduzione? «Non si riuscirà più a garantire il curriculum, e sarà un’altra materia più grossa a tenere, ovviamente in tedesco, le lezioni introduttive e generali: il rischio concreto è non poter più tenere lezioni in italiano, perdendo quella che è una delle caratteristiche più importanti dell’italianistica svizzera, il fare lezione in italiano». Attualmente gli studenti «studiano, parlano, scrivono in lingua italiana: concludono gli studi con un’ottima conoscenza dell’italiano e – ricordo che non tutti poi faranno gli insegnanti – diventano promotori della lingua italiana, moltiplicano l’italiano nella Svizzera». Inoltre per i ticinesi interessati all’insegnamento diventerebbe poco interessante studiare a Basilea, con il rischio di concludere gli studi con troppe poche ore di italiano.

Con questa riduzione si «fragilizza la cattedra e l’Istituto di italianistica», con conseguenze anche sulla vita culturale della città, «perché noi promuoviamo la cultura italiana con conferenze, convegni e altre iniziative».

Immagino che a giustificare la decisione di depotenziare la cattedra ci sia il numero di studenti: quanti sono? «Dalle statistiche gli studenti risultano pochi, ma perché adesso vengono calcolati solo quelli formalmente iscritti al curriculum di italiano, mentre prima venivano calcolati anche quelli che frequentavano l’italiano come seconda o terza materia. Questi studenti ci sono ancora, abbiamo lezioni ben frequentate ma dalle statistiche risulta che abbiamo pochi studenti. Non contano neanche gli iscritti al Master Literaturwissenschaft, anche se frequentano i nostri corsi e magari fanno anche la tesi con noi. O gli studenti di storia dell’arte che per i loro studi devono conoscere la cultura italiana, studiano con noi, noi lavoriamo per loro ma nelle statistiche non contano».

La conferma arriva dalla partecipazione a un convegno dantesco organizzato dall’istituto e aperto agli studenti: «Avevo oltre cinquanta iscritti, solo una decina erano iscritti a italianistica, gli altri provenivano tutti da altri curricula o da altre facoltà».

L’importanza della cattedra, prosegue la professoressa, non si può quindi valutare solo sul numero di iscritti al primo semestre «io insisto per prendere in considerazione altri dati, come quanti esami facciamo, quanti lavori produciamo».

La cattedra di letteratura italiana e l’Istituto di italianistica «da una parte hanno un impatto importante nell’insegnamento e negli studi, ma dall’altra contano poco a livello decisionale perché le decisioni vengono prese a maggioranza: a Basilea, professori di italiano siamo due, mentre in facoltà ci sono una sessantina di persone. Una volta si teneva conto di tante cose: la storia, l’importanza di una cattedra; adesso contano i numeri e l’italiano è sempre in minoranza». E questo non solo a Basilea: «È già accaduto in altre sedi e altre ancora seguiranno: il problema riguarda tutta la Svizzera».

Questa riduzione è già ufficializzata? «No, al momento è inserita in un piano di sviluppo della facoltà, piano che non è ancora ratificato dal Rettorato. Una decisione non è ancora stata presa, ma è chiaro che si va in quella direzione. Una volta c’era una commissione di struttura nella quale l’insegnante di italiano aveva una posizione importante, adesso invece ci sono questi piani generali di sviluppo in cui l’italiano ha sempre una posizione di netta minoranza. Sono già state create le premesse per togliere l’insegnamento dell’italiano in italiano, come avvenuto ad esempio a San Gallo dove l’insegnamento è in inglese».

Il Forum per l’italiano in Svizzera ha già scritto sia alla rettrice Andrea Schenker-Wicki e al consigliere di Stato Conradin Cramer per chiedere il mantenimento dell’attuale livello di insegnamento dell’italiano a Basilea.

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