Spettacoli

'Maestra e donna franca'

Un ritratto di Franca Valeri, spentasi oggi all'età di cent'anni. E il ricordo di Ippolita Baldini, che è anche un po' figlia sua.

Febbraio 2014, Teatro Ariston: 'Pronto, mammà... sei te?' (Keystone)
9 agosto 2020
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Nel 2014, vestita di rosso, in punta di poltrona come da postura che nel 1966 era in bianco e nero, alza la cornetta e in tutto il tremore essenziale dal quale è da tempo afflitta torna la sora Cecioni sul palco di Sanremo; senza troppa riverenza verso il mondo della canzone che l’ha invitata in Riviera, e specificando il suo ricordarsi il primo Festival e pochi altri, l’attrice confessa che non ha mai avuto una canzone del cuore “perché per me la musica è l’opera”. E cita ‘Grazie dei fior’ forse perché è la prima che le viene in mente; forse perché di fiori gliene hanno appena consegnato un mazzo; forse perché il giorno in cui Lucio Dalla le si prostra ai piedi, Franca Valeri, spentasi oggi a Roma a pochi giorni dai suoi cent’anni, proprio non sa chi sia “quel tipo in pigiama”.

Un pallone o una zucca

Secondogenita di una famiglia della borghesia milanese di origine ebraica, l’attrice, sceneggiatrice e drammaturga italiana si era raccontata ad Aldo Cazzullo del Corriere nei pressi dei suoi cent’anni, festeggiati senza alcun clamore lo scorso 31 luglio. Intervista che, Dalla in ginocchio a parte, ha momenti toccanti nel ricordo dell’emanazione delle leggi razziali: “Quando mio padre lesse la notizia, pianse. Fu il momento più brutto della mia vita”. Privata a 18 anni dei diritti fondamentali e sopravvissuta grazie a un escamotage anagrafico, con l’ironica spietatezza che l’aveva sempre contraddistinta l’attrice ricordava così Piazza Loreto: “Volevo vedere se il Duce era davvero morto”. E ancora: “Vuol sapere se ho provato pietà? No. Ora è comodo giudicare a distanza. Bisogna averle vissute, le cose. E noi avevamo sofferto troppo”.

Di quei giorni, nel ruolo di scrittrice che alla fine avrebbe definitivamente retto a quello di caratterista, l’artista aveva già raccontato in ‘Bugiarda no, reticente’ (Einaudi, 2010), autobiografia che ha i ricordi delle estati trascorse a Riccione, nel cui mare, “molto raramente per fortuna (…) un po’ lontano dalla riva, galleggiava un pallone o una zucca: era la testa di Mussolini, detto il Duce”. Nel libro sono raccolti anche degli uomini della sua vita, l’attore Vittorio Caprioli e il direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi, due “traditori” uniti da un’unica considerazione: “Il mio guaio con gli uomini – racconterà a Repubblica anni dopo – è stato sempre quello di rendermi indispensabile. Una specie di roccia, un sostegno nella vita e nel lavoro. Intanto loro facevano un po’ quello che volevano”.

'Elvira? Dov'è la mia Elvira?'

“Non rido spesso, ma sono contenta di avere sempre fatto ridere gli altri”. Autonoma, colta, anche icona gay – “Non ne conosco il motivo, ma mi fa piacere” – Franca Valeri possedeva la prerogativa di pochi, quella di poter ironizzare sulla classe sociale d’appartenenza, tanto come Signorina snob (anche in libreria nell’omonimo ‘Diario’ del '51) quanto come Cesira la manicurista del centro estetico, due donne i cui monologhi saranno incisi su vinili Emi prima di divenire tv di culto in ‘Studio Uno’ (1966). Le suddette due, con la Sora Cecioni, saranno le prime, popolarissime maschere femminili comiche e, insieme, la consacrazione dopo gli esordi con Fellini e Lattuada nel co-diretto ’Luci del varietà’ (1950) e le commedie con Totò e soprattutto Alberto Sordi, il ‘cretinetti’ de ‘Il vedovo’ (1959), film in cui l’attrice è la ricca Elvira creduta morta, capolavoro di black humor. Parallelamente alla commedia all’italiana e tv, viaggiano la Valeri regista per la lirica e l’autrice di commedie, da ‘Le catacombe’ (Cappelli, 1963) a ‘Il cambio dei cavalli’ (Einaudi, 2015), riflessione sull’età avanzata che fa il pari con ‘Non tutto è risolto’ (2011). A chiudere la vita d’artista, ‘Il secolo della noia’ (Einaudi, 2019), i pensieri di una 99enne nel nuovo millennio, tra i giovani del nuovo millennio: “È molto bello essere amati da questi nuovi appassionati che non giudicano il teatro qualcosa di passato: ci credono fortemente, perciò penso che non morirà mai”.


Ippolita Baldini

Il ricordo / Ippolita Baldini: ’Maestra e donna franca’

Sta ricordando la sua Franca Valeri – «Maestra e donna franca» – al Castello Sforzesco di Milano nello Zelig Show estivo di questa sera: «Una serata programmata da tanto tempo. Poterla ricordare è per me una carezza dovuta, una piccola missione che accade in tempo di vacanza, in una Milano deserta e in un contesto per me inedito. Vedo in tutto questo un grande valore simbolico». Milanese come la sua maestra, Ippolita Baldini portò al Paravento di Locarno, poco più di tre anni fa, ‘Mia mamma è una marchesa’, one-woman-show sui ‘parvenu’ milanesi al quale si arriva passando (anche) da Franca Valeri. Nell’intervista del luglio 2017, Ippolita citava Cesira la manicure, suo personaggio preferito, oggetto del suo tributo. 

«La scoprii ancor prima che mi appassionassi al teatro», racconta l'attrice. «Ai tempi delle medie, io e un'amica trovammo un vecchio vinile di suo padre che conteneva gli sketch radiofonici di Franca Valeri. Passammo pomeriggi interi ad ascoltare la Signorina snob, Cesira, o la mamma bolognese che cerca di confortare la figlia complessata da un naso enorme. Personaggi meravigliosi, raccontati in punta di fioretto, con ironia raffinatissima. Io, dal vinile, passai tutto su cassetta per ascoltarla in auto. Quel disco lo conoscevo a memoria, i suoi monologhi li avevo imparati come canzoni. È da lì che ho imparato il tempo comico». Tempo che un giorno le verrà riconosciuto dalla stessa Valeri: «A Roma, in Accademia, si verificò l’immensa occasione che il destino mi aveva riservato: mi esibii in Cesira davanti a lei, che rimase colpita da come io rispettassi i tempi, le accelerazioni, le pause. Venendo lei dalla musica classica, dava alla partitura del suo testo una grande importanza». Rapido scambio di telefoni e, tempo dopo, le due Cesire mangeranno pasticcini insieme nella casa romana dell’artista scomparsa: «Sì, nei miei anni romani sono andata a trovarla un paio di volte. Una donna incredibile».

 

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