Locarno 2020

E Marcello Mastroianni chiese a Franco Piavoli...

A colloquio con l'attore Primo Gaburri, nella Locarno che l'applaudì nel 2002 in un film profetico: 'Sì, in anticipo sull'emergenza migranti offre una soluzione'.

Primo Gaburri
6 agosto 2020
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Ha il viso per un attimo smarrito l’attore Primo Gaburri in casuale visita a Locarno, come in un pellegrinaggio per ritrovare un luogo caro, qui al Festival, dove nel 2002 era stato applaudito con Franco Piavoli per ‘Al primo soffio di vento’. Ricordava la Piazza Grande piena di sedie, con l’enorme schermo e ora la vede vestita col mercato settimanale. “Noi non siamo stati in piazza, il film era in concorso ed è stato proiettato al Fevi, in quella grande sala, ed era piena, avevamo paura che si svuotasse e invece a uscire prima sono state solo pochissime persone, e ne eravamo contenti”. Del film Tullio Kezich scrisse sul Corriere della Sera, lamentando che la Giuria di Locarno non si fosse accorta del film: “…Sarebbe auspicabile che ora, arrivato infine al pubblico, se ne accorgessero quelli che amano i silenzi più delle parole, le vibrazioni piuttosto che le azioni, la preziosità alla Cechov dei tempi apparentemente morti. Nient’altro che un pomeriggio d’estate nella casa di campagna dell'autore, con un protagonista assorto nei suoi pensieri, i membri della famiglia viventi ciascuno per suo conto, le occasioni della giornata e i lavoratori africani che testimoniano la presenza di un altro mondo carico di povertà e problemi”.

Un film profetico? chiedo a Primo Gaburri, lui ci pensa un po’ poi come un ricordo: “Si, è un film che in anticipo sull’emergenza migranti di oggi offre una soluzione, Nel film io sono il padrone di casa e dei campi e un gruppo di migranti lavora per me. In una scena io mi assopisco nella mia biblioteca e un gruppo di essi viene a prendere alcuni miei libri, a prendere la nostra cultura, quella che noi spesso dimentichiamo ma che è quella di cui abbiamo bisogno per imbastire un dialogo, per non restare ognuno l’altro. Franco (Piavoli, ndr) aveva questa idea, è la scena finale con loro allegri e noi racchiusi nella tristezza del nostro potere… sì, è un film profetico”.

Com’è lavorare con un regista particolare come Piavoli? “Franco sul set è esigentissimo, però non lascia trapelare nulla del suo pensiero. Ci abbiamo impiegato due anni, abbiamo aspettato il sole, la luce naturale, i colori della natura. Lui aspetta e rispetta la scansione delle stagioni. È stata un’esperienza piena e io ero partecipe di quei cambiamenti. Una situazione che un po’ si è ripetuta, ma con tempi meno lunghi, per ‘Terra Madre’, il film che abbiamo fatto con Olmi”. Primo Gaburri è stato infatti il protagonista dell’episodio ‘L’orto di Flora’ che Ermanno Olmi aveva affidato proprio a Piavoli. Possiamo dire che lei è per Piavoli un po’ come Mastroianni per Fellini? “Sì, Franco mi vede come un alter ego. A proposito di Marcello Mastroianni, una cosa curiosa: chiese a Franco di poter recitare per lui, se non fossse morto prima forse avrebbero fatto insieme proprio ‘Al primo soffio di vento’”. Sorride,  ma lo ha fatto Primo Gaburri e ora, senza Piazza Grande, senza il Fevi, con il Festival che non si vede, riprende il treno e saluta una Locarno che non conosceva.

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