Culture

Mummenschanz, lingua magica del silenzio

Incursione ad Altstätten nella casa-atelier di Floriana Frassetto, direttrice dei Mummenschanz. Un viaggio nel loro mondo...

Marco Hartmann
18 marzo 2019
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«Mio padre in prima fila per la prima di uno spettacolo a Broadway, nel ’76», questo è il «momento più bello» che custodisce Floriana Frassetto. «Lui era uno scienziato e mi aveva proibito di fare teatro». È difficile dire con parole tangibili che cosa sia stato l’incontro con Floriana: donna e artista con una narrativa coinvolgente, con un entusiasmo che trasporta e catalizza su di sé l’attenzione. Sarà per quell’intercalare di lingue; sarà per la voce modulata dall’emozione; sarà per mimica e gestualità intense; sarà per quella potente espressività di volto e occhi... Sta di fatto che ci siamo completamente persi nel suo racconto “de còre” (è natìa di Roma) di una vita data e ancora da dare – «body and soul» – a Mummenschanz.

Della compagnia dei “Musicisti del silenzio”, Floriana è direttrice artistica, un teatro unico nel suo genere, sui palchi da 47 anni con un centinaio di spettacoli. L’occasione della visita alla casa-atelier di Altstätten (San Gallo) ci è offerta dalle date ticinesi della tournée di “You & Me”, promosse da Gc Events, al Palacongressi di Lugano venerdì 22 e sabato 23 marzo (rispettivamente, alle 20.30 e alle 15).

Una trasferta per scoprire l’opificio di maschere e sogni, ed entrare nell’intimità della loro creatrice, che ha raccontato aneddoti legati a quasi 50 anni di attività. Istrionica, vulcanica e appassionata ci ha accompagnati nell’atelier: ogni suo angolo trasuda creatività. La compagnia svizzera – fondata a Parigi nel 1972, da Frassetto, Bernie Schürch e lo scomparso Andres Bossard – è composta oggi da Christa Barrett, Sara Hermann, Oliver Pflug, Kevin Blaser.

Abbiamo visitato le stanze dove Floriana pensa, lavora, crea, costruisce, cuce, ripara, prova, custodisce. Il suo ufficio è caotico, un «luogo d’ispirazione» – pare invaso dall’horror vacui – e ovunque si osservi, ci si perde in libri («quando ne ho bisogno, vengo qui, prendo un libro di poesia e leggo»), manifesti, foto, statuette, maschere, acquarelli, stampe, Madonne e boules de neige («cartoline viventi» dei luoghi vissuti)… l’elenco sarebbe infinito.

Dopo lo studiolo, il grande locale dove le maschere nascono, sono plasmate, costruite e anche riparate (con le macchine da cucire che hanno una trentina d’anni); stanza in cui Floriana trova «l’equilibrio della mia respirazione». Le maschere, a volte, «nascono da spunti casuali» e prendono forma con materiali sia di recupero, sia trovati in mercati d’altrove. Gli sketch, anche loro, germogliano spesso da input aleatori: quando c’è l’idea, l’artista propone un canovaccio ai compagni. Il lavoro comune porta al “disegno” dello spettacolo, che viene provato e affinato. Nello stesso stanzone, un tappeto nero segna il perimetro del palco, per prendere le misure durante le prove. «È un grande lavoro il raggiungimento dell’astrazione»: ideare un linguaggio universale, con l’assoluto (o quasi) silenzio, e sprigionare la magia non è affatto scontato.

Un linguaggio universale

L’artista 68enne ha raccontato l’avventura Mummenschanz indulgendo di tanto in tanto in dettagli intimi della sua vita, forse imprescindibili perché complementari. E ha annunciato che non smetterà mai: alla pensione mica ci pensa perché «la passione c’è sempre, mi diverto sempre».

Partiamo da “I musicisti del silenzio”, un ossimoro incisivo. La scelta del silenzio durante gli spettacoli dà libertà e permette al «pubblico di inventare la propria musica», suoni e rumori. Il silenzio è un “paralinguaggio ludico”, come si legge nella presentazione, «magico» e soprattutto universale. Ovunque siano arrivati gli spettacoli nel mondo, sono stati accolti a braccia aperte: «Qualche adattamento al ritmo è dovuto», perché i tempi di reazione del pubblico sono diversi di Paese in Paese. Un’altra particolarità degli spettacoli è ancora un’assenza, quella della scenografia: lo sfondo su cui giocano le maschere è nero: si crea sospensione, indeterminatezza e quindi, ancora una volta, magia.

Magia, vivacità e allegria per «risvegliare il bambino» che abbiamo dentro (se siamo già adulti), che ci regalano un «momento di gioco innocente e spontaneo» per affrontare «il mondaccio carico di problemi», chiosa.

Info: www.mummenschanz.com; www.gcevents.ch.

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