Arte

‘Paesaggi a confronto’ a Villa dei Cedri

Dal 18 settembre a Bellinzona, curato da Carole Haensler, l’omaggio alla pittura paesaggistica elvetica dalla seconda metà del XIX secolo alla Prima guerra mondiale

Ferdinand Hodler, Die Bucht von Genf mit dem Mont-Blanc vor Sonnenaufgang, 1918 (Kunstmuseum Solothurn)
17 settembre 2021
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Dai principali musei e collezioni della Svizzera tutta, privati e non, giunge a Bellinzona una sessantina di opere per fondersi a quanto già presente in loco, per quello che è un omaggio alla pittura paesaggistica elvetica. L’arco di tempo coperto è quello che va dalla seconda metà del XIX secolo alla Prima guerra mondiale, periodo che segna un cambio radicale della società svizzera: industrializzazione, urbanizzazione, mobilità, turismo, insieme di trasformazioni che agiscono anche sul paesaggio, modificato dall’intensificazione dell’agricoltura, dalla nazionalizzazione e protezione dei boschi; paesaggio che, su tela, da ‘bel paesaggio’, da oasi montana incontaminata, inizia a nutrirsi di quell’esigenza di realismo che oggi è quotidianità.

‘Paesaggi a confronto - Arte, natura e società in Svizzera 1850-1920’, dal 18 settembre al 16 gennaio 2022, è l’ennesimo progetto rallentato dalla pandemia che può finalmente assumere forma definitiva al Museo Villa dei Cedri di Bellinzona, per la soddisfazione – in ordine cronologico nella conferenza stampa di presentazione – di Renato Bison: «Si è riusciti a rimandare questa mostra – dice il capodicastero Cultura e presidente del museo – per darle maggiore visibilità, con uno sforzo non indifferente e sempre in ottica di azzeramento del rischio che passasse semi-inosservata». Una mostra la cui preparazione è durata quattro anni, «il tempo necessario per avere dipinti di tale prestigio». La soddisfazione è, non di meno, quella di Carole Haensler, curatrice del museo e di questa mostra, nonché direttrice di Bellinzona Musei: «Un’esposizione come questa non si crea in sei mesi, necessita di ricerca, negoziazione dei prestiti e nel nostro caso la sola parte di discussione ci ha preso un buon anno di lavoro, vuoi perché si tratta di un progetto un po’ ambizioso, vuoi perché l’intenzione è quella di mettere a confronto singole opere, e l’assenza di una di queste fa saltare l’intero dialogo auspicato», ovvero quello tra la pittura svizzero-tedesca, svizzero-francese e ticinese, in un momento di riscoperta della pittura paesaggistica dell’Ottocento «che fino a questo momento si è disinteressata della relazione».

Globalizzazione

Fino almeno a ‘Paesaggi a confronto’, un modo per prendere atto che «il mondo era già globalizzato molto prima della globalizzazione». Sempre parole di Haensler, per la quale la messa in dialogo delle opere è lo specchio di quanto determinanti siano state le amicizie e gli scambi culturali tra pittori elvetici – durante l’incontro si citano, a titolo d’esempio, il bernese Ferdinand Hodler che si forma da Barthélemy Menn a Ginevra, il basilese Arnold Blöclin che soggiorna nell’atelier di Gottfried Steffan a Monaco di Baviera – in ottica di superamento dei confini regionali. Grazie anche al potenziato dinamismo della rete viaria, le vette dipinte dai ginevrini François Diday e Alexandre Calame, i ‘grandi successi’ tanto apprezzati dalle corti d’Europa e i cui elementi comunque si ritrovano nelle opere di chi vi si è ispirato (Haensler cita Zünd, Böcklin, Frölicher o Steffan, anche detto ‘Il Calame tedesco’), si vedono affiancate dalle nuove tendenze che i giovani pittori, spintisi all’estero per completare la propria formazione artistica, portano in patria, adattando modelli artistici stranieri alla tradizione svizzera. E laddove l’industrializzazione svuota le campagne innescando la corsa alle città, gli artisti si sentono incaricati della cristallizzazione del paesaggio svizzero e dei relativi abitanti, ‘elevati’ dalla creazione dello Stato federale.

«Oggi che siamo completamente cittadini», continua la curatrice, «oggi che la parola del giorno è ‘ambiente’, queste opere rappresentano un altro dei modi per capire da dove proviene il cambiamento nel nostro rapporto con la natura, che è anche parte del Dna di Villa dei Cedri, come testimonia la mostra del 2019 ‘Memoria del sublime’». Logisticamente, «le dimensioni delle stanze di Villa dei Cedri non ci potevano consentire di esporre grandi quadri da salon parigino. Ma alcuni vi sono entrati ugualmente». Lo scorcio di Lago di Garda di Hans Emmenegger, per esempio (Am Gardasee, 1902), l’imponente rovina sul mare di Arnold Böcklin (Ruine am Meer, 1880), e l’olio su tela di Charles-Edouard DuBois, Sous les oliviers à Menton (1883-1884).

Rimpatriata

Carole Haensler regala alcuni aneddoti: «I dipinti di Hodler e Zünd sono stati i più difficili da ottenere. Tenevo molto al primo, mi sembrava interessante poter ricordare di lui la partenza dalla scuola ginevrina, sulle tracce di Calam in Francia»; ricorda «la soddisfazione del restauratore della Künstlerhaus di Zurigo, un “Fa piacere vederle così” detto di opere che «probabilmente a Zurigo sono in deposito e per le quali questo progetto può portare a una discussione più ampia sul patrimonio delle collezioni svizzere e sulla possibilità per i musei di conoscere aspetti nuovi delle proprie opere. Credo che la parte di ricerca e di preparazione di questa mostra emerga anche in questo senso». Altro aneddoto è il ‘Torrente’ di Filippo Franzoni, «esposto trent’anni fa nella monografica a lui dedicata e poi scomparso, per essere ritrovato un giorno a Parigi. Uno degli sforzi di questo progetto era proprio riuscire a rimpatriarlo, per farlo interagire».

Ognuno con biografia dedicata, il dialogo tra i ventisei artisti complessivamente esposti è riportato pari pari sul catalogo della mostra, con testi di Niklaus Manuel Güdel, Cecilia Hurley, Laurent Langer, Jon Mathieu e della stessa Haensler. In ambiti di relazione, «la mostra fa luce su nomi come Robert Zünd oltre Lucerna, Otto Frölicher oltre Soletta, e Rudolf Koller oltre la Kunsthaus di Zurigo, li mette insieme e dice che erano i grandi nomi dell’epoca, prima che la natura facesse la sua selezione». La mostra è, inoltre, «un reimmergersi nell’Ottocento e nei dialoghi tra gli artisti, è l’immaginarsi con essi nei momenti degli incontri, le esposizioni allestite insieme, l’agire comune in difesa dell’arte in Svizzera, concetto assai moderno visto che per la cultura si profilano tempi duri all’orizzonte». (www.villacedri.ch).

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