Arte

Siamo tutti curatori: la Kunsthalle di Zurigo riapre. A tutti

Una mostra senza opere d’arte, ma con idee per altre possibili mostre, un’esposizione dentro l’esposizione ci spiega la curatrice Seline Fülscher

Anton Magnus-Maria Zelger
1 agosto 2020
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“Siamo tutti curatori!” È con questo slogan che il centro di esposizioni Kunsthalle di Zurigo il 31 luglio aprirà i battenti della sua nuova mostra. Questa originale iniziativa, nata in primavera per dar vita a qualcosa che andasse al di là di una semplice esposizione online simile a quelle viste durante il lockdown, è riuscita a trasformare, per una volta, le persone del pubblico in veri e propri curatori. Ciò che si potrà ammirare durante tutto il mese d’agosto sarà infatti qualcosa che rompe i soliti schemi e dimostra grande vitalità e voglia di esplorare nuovi territori. Chi si recherà alla Kunsthalle troverà una mostra che non espone direttamente opere d’arte, bensì idee per altre possibili mostre, un’esposizione dentro l’esposizione, insomma, in un raffinato gioco metartistico che richiama le famose scatole cinesi o le matrioske russe. All’iniziativa non hanno partecipato solo visitatori abituali della Kunsthalle, ma anche persone che navigando sul web hanno scoperto per caso il bando del concorso. Fra loro figura per esempio Alberto Desirelli, dottore in fisica di origini italiane che da vent’anni abita a Ginevra. La sua esibizione virtuale, inviata sotto forma di video, è dedicata ai genitori artisti. Frutto del periodo di calma e riflessione imposto dalla temporanea sospensione della vita sociale, si tratta di una miniretrospettiva che mostra il lavoro del padre Nio Desirelli e della madre Luisa Poles. Alberto ha scelto le opere in base ai ricordi e alle emozioni legate ai dipinti, partendo da un collage della madre dedicato al tema della nascita, che illustra lei e il figlio circondati da una serie di Madonne, fino ad arrivare alla serie astratta del padre composta da spirali-onda o da giochi geometrici. Originale e di grande interesse anche l’esposizione virtuale di Lorena Valentini, grafica e artista di origine italiana, dedicata al complesso mondo della criminalità. Oltre a una parte teorica, essa prevede anche una parte pratica di interazione con il pubblico in cui i visitatori verrebbero fra l’altro confrontati con dei soldi lasciati a terra (per vedere se l’occasione fa l’uomo ladro) o con la registrazione di rumori e grida che evocano scene di violenza (per capire per quanto tempo riuscirebbero a sopportarle).

Delle tematiche e del progetto in generale abbiamo parlato con la curatrice Seline Fülscher.

Signora Fülscher, uno degli obiettivi della mostra era quello di strappare le persone per un po’ dagli schermi dei computer. È stato raggiunto?

In gran parte sì. Fra le proposte che ci sono giunte si trovavano non solo testi, immagini e video digitali, ma anche veri e propri modellini costruiti con tanto amore e tanta pazienza.

Un altro obiettivo che vi eravate prefissati era quello di far emergere negli individui talenti e risorse forse inaspettati che permettessero loro di appropriarsi consapevolmente delle proprie risorse. Cosa mi può dire al riguardo?

Certo, è ciò che perseguiamo anche con le mostre e con i workshop che organizziamo. Quando le persone si confrontano con l’arte devono farlo andando a scovare le idee e le emozioni che si portano dentro. Vogliamo insomma che le opere astratte tipiche dell’arte moderna vengano rese più concrete costruendo delle connessioni con la propria quotidianità e con il proprio modo di sentire. In fondo è proprio la stessa arte a trarre ispirazione dagli avvenimenti e dagli oggetti che ci circondano. Le nostre attività servono a rendere consce le persone del loro rapporto con la realtà artistica, più intimo di quel che spesso credono.

In questo caso siete andati un passo più in là chiedendo alle persone non solo di vivere l’arte o di creare qualcosa di artistico, ma addirittura di pianificare un’intera esposizione. Che riscontri avete avuto?

Molto positivi. In tutto hanno risposto centotredici persone, che ci hanno inviato le loro idee, in gran parte in forma scritta, ma anche tramite foto o video. E poi ci sono stati quelli che ci hanno spedito veri e propri modellini in scala, in tutto trenta. La partecipazione è stata davvero eterogenea e ha coinvolto persone di ogni età e provenienza (ci sono giunti progetti da dieci paesi diversi, fra cui anche Argentina, Bulgaria, Slovenia e Turchia): dagli accademici in posizioni autorevoli, alle famiglie bisognose di trovare occupazioni divertenti durante le settimane del confino a casa, fino ad arrivare agli artisti professionisti o semiprofessionisti.

Quali di questi progetti verranno poi effettivamente esposti?

Tutti. Il nostro intento non è mai stato quello di fare una selezione dei migliori, ma di dare a ognuno la possibilità di mostrare le proprie idee. Questo all’inizio ha purtroppo creato alcuni malintesi: alcuni credevano che se avessero “vinto” le loro opere sarebbero poi state esposte nell’ambito di una personale. La nostra iniziativa andava invece al di là dei protagonismi fungendo da piattaforma per chiunque avesse voglia mettersi in gioco e di dare libero sfogo alla propria creatività.

Quali sono stati i progetti più originali?

Fra i modelli che ci sono pervenuti mi hanno colpita quello realizzato da una famiglia su una piattaforma Lego popolata da altrettanti omini intenti a contemplare, mantenendo le distanze di sicurezza dettate dal Covid, varie opere d’arte dedicate al gruppo musicale dei Kiss. Una pittrice mi ha invece inviato la miniatura di un’esposizione che le sarebbe piaciuto realizzare con una serie di quadri da lei dipinti ispirati ai luoghi più significativi di un’escursione che le è rimasta nel cuore. È un modello realizzato in modo certosino in cui i miniquadri presenti sono stati copiati dagli originali in bianco e nero per poi essere interamente ricolorati a mano. Davvero notevole. Una famiglia che spesso partecipa ai nostri workshop ci ha inoltre inviato il video di un’esposizione concepita dalle loro due bambine che sprizza colori e creatività da tutti pori. In esso la più grandicella spiega le scelte artistiche compiute in modo davvero spigliato.

C’era qualcosa che accomunava le idee proposte?

La cosa che ho subito notato è che soltanto poche di esse tematizzavano il lockdown e quindi gli aspetti forse più cupi del periodo particolare che in parte stiamo ancora vivendo.

A questo proposito, cosa le è mancato di più durante la quarantena?

Sicuramente il contatto fisico con le altre persone, per esempio durante le visite guidate o i workshop con le classi. Sono felice di poter di nuovo vedere, sentire e perfino annusare la gente che viene a trovarci.

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