Arte

Il Dudovich fotografo, artista di frontiera al m.a.x. museo

A Chiasso dal 29 settembre al 16 febbraio, il maestro della cartellonistica e il suo inedito rapporto con la fotografia.

'Fotografia tra arte e passione'
27 settembre 2019
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È il grande maestro della cartellonistica moderna, e il m.a.x. museo di Chiasso, dal 29 settembre al 16 febbraio, ne espone oltre trecento opere. Di Marcello Dudovich (1878-1962), triestino di origini dalmate, anche detto “il poeta della Belle Époque”, la mostra curata da Roberto Curci e da Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. museo, mette in luce il forte legame con la fotografia, parte integrante del lavoro preparatorio intercorrente tra l’idea e il ‘prodotto finale’, obiettivo primario di una mostra che per la prima volta svela, riferito all’artista in questione, questo legame tra immagini.

Le teche e le pareti del m.a.x. museo ospitano più di duecento fotografie inedite provenienti da collezioni private o pubbliche, qui messe in rapporto con schizzi e bozzetti acquarellati che conducono alle sue illustrazioni (in mostra sono molte riviste che hanno ospitato i suoi lavori, come ‘La Lettura’, ‘Ars et labor’, ‘La Donna’ e il tedesco ‘Simplicissimus’) o che portano agli splendidi manifesti realizzati per i grandi marchi (Mele di Napoli, Borsalino, Pirelli, La Rinascente, Campari, Martini), trentanove dei quali si possono ammirare nell’estesa forma originale. Completano la mostra, consultabili attraverso visori, altre ottocento foto.

Stanze senza confini

La mostra s’inserisce nella più generale ‘Biennale dell’immagine’, l’undicesima, verso la quale da oltre un ventennio convergono la ricerca sulla fotografia e le arti visive a Chiasso; questa specifica esposizione, inoltre, è a sua volta un progetto integrato con il Museo Storico e il Parco del Castello di Miramare di Trieste, e apre al partenariato con il museo di Villa Bernasconi a Cernobbio, all’interno del quale saranno esposti otto manifesti e alcune fotografie dell’artista; una pluralità di sedi che ben si sposa col ‘Confine’, tema cui si uniforma quest’anno la totalità della proposta del Centro Culturale Chiasso.

La mostra prende il via da una stanza iniziale dedicata al giovane Dudovich, anche modello di sé stesso, per continuare nella sala del ‘colpo di coda’ della Belle Époque, periodo tra il 1910 e il 1914 in cui l’artista inizia a prendere coscienza del potenziale dello scatto fotografico quale fonte d’ispirazione; da qui alla sezione che sintetizza l’apice della sua carriera (1920-1935), periodo durante il quale – divenuto, da semplice cromista delle Officine Grafiche Ricordi, responsabile e direttore artistico della Star-Igap – crea, distribuisce e affigge manifesti in tutta Italia; dalla sezione ‘Vita nei campi’ (manifesti e cartoline destinate a esposizioni zootecniche) si passa poi al periodo del suo soggiorno libico (tra il 1937 e il 1938); a seguire, una sezione dedicata alle sue modelle, delle quali, anche grazie alla fotografia, si è cercato di ricostruirne le generalità laddove non si tratti delle abituali ‘muse’, quali Gea della Garisenda, Maria Melato, Ines Lidelba, Pina Brillante e, nel manifesto che chiude la mostra, Nella Regini, summa di una presenza femminile che è anche il risultato di un decennio che vide il triestino calato in ambiti musicali, di teatro e di cinema, quest’ultimo con sezione appositamente dedicata.

Una selezione di venti immagini, inoltre, conservate nel Civico Archivio Fotografico di Milano e per la prima volta esposte al pubblico, compongono il focus dedicato al rapporto di Dudovich col maestro Leopoldo Metlicovitz, suo maestro cartellonista in Ricordi, e alla comune passione per la fotografia.

Una donna dinamica ed emancipata

Nell’anno del ‘Confine’, e per il fatto che «il museo ha la missione della grafica, del design e della comunicazione visiva – spiega alla ‘Regione’ la direttrice Nicoletta Ossanna Cavadini – indagare la figura di Dudovich era atto dovuto in quanto personalità di frontiera, in quanto mix di culture mitteleuropee che riesce a interpretare il sistema della comunicazione nel passaggio di secolo, andando oltre la Belle Époque e oltre la guerra, ritrovando una precisa figura di comunicazione. A volte permeata da forte carica erotica, a volte nella più normale quotidianità del gesto, «spesso la figura di riferimento – conclude la direttrice – è una donna fluente, dinamica ed emancipata». Donna che torna in uno dei molti eventi collaterali alla mostra: martedì 5 novembre al Cinema Teatro di Chiasso, Giovanna Mori, storica dell’arte e Conservatore della Raccolta ‘Achille Bertarelli’ di Milano, tra i 21 prestatori dell’esposizione, illustrerà ‘La figura femminile nella grafica di Dudovich’ (il programma completo su www.centroculturalechiasso.ch).

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