Arte

La vita, gli oggetti, le persone

Un libro che “disturba”, non solo per l’impaginazione ardita e fastidiosa, ma soprattutto perché dice la verità, e la verità vi farà stare scomodi sulle vostre poltrone

10 maggio 2019
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Nel romanzo dell’esordiente Céline Zufferey, giovane scrittrice del vallese già pubblicata in Francia da Gallimard, assistiamo al lento perdersi di un giovane fotografo, costretto dalle necessità a rinunciare alla propria libertà artistica per metterla al servizio di un'azienda produttrice di mobili. Attraverso il suo sguardo “professionale” e distaccato continua a guardare l'umanità come fosse sempre nascosto dietro all'obiettivo della sua fotocamera, mostrandoci una fauna aziendale comica e penosa allo stesso tempo, dall’assistente invadente alla piccola modella bambina.

Ma attenzione: Non perdere le viti non è un libro di satira, è la storia di una solitudine, quella che ci impone questa società dell'iper-comunicazione che in sostanza non ha niente da dire, malata com'è di apparenza, di conformismi, e che si lascia plasmare dagli oggetti e dal mercato, anziché il contrario.

Un libro che “disturba”, non solo per l’impaginazione ardita e fastidiosa, ma soprattutto perché dice la verità, e la verità vi farà stare scomodi sulle vostre poltrone.

Il tutto attraverso una narrazione che è un pianto disperato maldestramente celato dietro un sorriso sardonico, con un’ironia della parola che fa da scudo alla fragilità dell'anima, uno stile secco che alterna dialoghi e flusso di coscienza, dialoghi immaginari e reali, perfetto per la storia che intende raccontare.

Non perdere le viti
di Céline Zufferey
Edizioni Casagrande, 2019
199 pagine

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