Un libro che “disturba”, non solo per l’impaginazione ardita e fastidiosa, ma soprattutto perché dice la verità, e la verità vi farà stare scomodi sulle vostre poltrone
Nel romanzo dell’esordiente Céline Zufferey, giovane scrittrice del vallese già pubblicata in Francia da Gallimard, assistiamo al lento perdersi di un giovane fotografo, costretto dalle necessità a rinunciare alla propria libertà artistica per metterla al servizio di un'azienda produttrice di mobili. Attraverso il suo sguardo “professionale” e distaccato continua a guardare l'umanità come fosse sempre nascosto dietro all'obiettivo della sua fotocamera, mostrandoci una fauna aziendale comica e penosa allo stesso tempo, dall’assistente invadente alla piccola modella bambina.
Ma attenzione: Non perdere le viti non è un libro di satira, è la storia di una solitudine, quella che ci impone questa società dell'iper-comunicazione che in sostanza non ha niente da dire, malata com'è di apparenza, di conformismi, e che si lascia plasmare dagli oggetti e dal mercato, anziché il contrario.
Un libro che “disturba”, non solo per l’impaginazione ardita e fastidiosa, ma soprattutto perché dice la verità, e la verità vi farà stare scomodi sulle vostre poltrone.
Il tutto attraverso una narrazione che è un pianto disperato maldestramente celato dietro un sorriso sardonico, con un’ironia della parola che fa da scudo alla fragilità dell'anima, uno stile secco che alterna dialoghi e flusso di coscienza, dialoghi immaginari e reali, perfetto per la storia che intende raccontare.
Non perdere le viti
di Céline Zufferey
Edizioni Casagrande, 2019
199 pagine