Arte

Da Kerouac in cerca di radici

Viaggio alle origini dell’autore di “On the Road”

1 marzo 2019
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Ho comprato questo libro solo per soddisfare una curiosità: volevo sapere se Jack Kerouac avesse o no realmente avuto il suo satori, la sua illuminazione in uno scalcinato taxi abusivo di Parigi. Per poi scoprire, comunque, che non era davvero rilevante.
Che importa, del resto? C’è mai qualcosa di conclusivo, di definitivo, nei suoi romanzi, da spingerci a dire: siamo arrivati, la strada da percorrere è finita? Jack fa così. Lui ci prende per mano solo per lasciarcela a metà strada, quasi a volerci dire che da lì in poi dobbiamo cavarcela da soli. Non ci dice tutto.
Kerouac ci nasconde tutta la sua spiritualità tra le righe, tra una bevuta e un viaggio, tra una puttana e un vagabondo incontrato per caso e tu, se vuoi capirlo, devi leggergli la mente come si fa con un amico che ha bisogno del tuo aiuto ma ancora non lo sa, e dunque non te lo chiede.
Ma del resto come si fa a raggiungere l’illuminazione e a non esserne cambiati per sempre?
JK raggiunge, per un attimo, il paradiso della mente. Per un istante percepisce l’assoluta armonia e identità del tutto, anche se lui, questo, non ce lo dice (ma lo intuiamo da Big Sur, dalle Vanità di Duluoz). Lui vede, tocca, sperimenta questo satori. Lo fa suo, ma poi, dopo un attimo, cade.
Ne è arricchito, forse spaventato, ma lo perde. Ritorna in questo mondo in perenne conflitto. Adesso ditemi: non sareste anche voi sempre arrabbiati?

Satori a Parigi
di Jack Kerouac
ultima ed.
Oscar Moderni Mondadori, 2018
336 pagine

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