50 anni di Luna

Claude Nicollier e i ricordi dell’Apollo 11

L’astronauta svizzero: ‘Torneremo sulla Luna, e lo faremo per rimanerci. Ma ora l’avventura si chiama Marte’

Claude Nicollier (Foto Keystone)
19 luglio 2019
|

Quando Neil Armstrong e Buzz Aldrin si posarono sul suolo lunare, Claude Nicollier non aveva ancora compiuto 25 anni. «Quella tra il 20 e il 21 luglio 1969 fu una notte incredibile» racconta a ‘laRegione’ l’ex astronauta svizzero riavvolgendo il nastro dei ricordi. Allora era un giovane astrofisico e pilota militare senza nessuna apparente speranza di poter un giorno andare tra le stelle. È diventato invece il primo, e finora unico, cittadino elvetico a viaggiare nello spazio.

Quattro le missioni cui ha preso parte, tutte in rapida successione: dal 1992 al 1999 a bordo di quattro differenti Space Shuttle americani. Un’avventura personale e di un’intera nazione che ha tratto ispirazione – lui non ne dubita – anche da quella notte del 20 luglio 1969. «Guardavo quei due uomini sulla superficie lunare e pensavo a quanto favoloso fosse essere riusciti in un’impresa simile – commenta Nicollier –. Ma la cosa più incredibile è stato uscire a guardare la Luna. Ci siamo detti: lì sopra c’è qualcuno».

In Europa allora non esistevano ancora programmi spaziali e tanto meno nella piccola Svizzera. Nulla cui aggrapparsi per cullare il sogno di diventare astronauta. «Poi, nel 1975, si è capito che gli americani avrebbero chiesto agli europei di partecipare al programma dello Space Shuttle. Il mio sogno in quel momento era diventato possibile. La selezione avvenne nel ’77 e così l’Europa entrò nel club spaziale. Ma dalla porta di servizio. Tanto che per me ci vollero addirittura 14 anni prima di poter salire a bordo di una navicella».

Tornando a 50 anni fa, quale è il retaggio delle missioni Apollo?
È sicuramente l’aver dimostrato nella pratica che se si vuole davvero qualcosa, lo si può realizzare. Certo, ci vogliono determinazione, impegno e talento, oltre evidentemente ai finanziamenti. Se però c’è tutto questo, ci si può riuscire. Non bisogna dimenticarsi che Apollo fu una missione sviluppata in condizioni particolari: erano i tempi dei primi computer digitali, in cui si stavano letteralmente modellando i primi sistemi di navigazione avanzati.

Un’avventura pionieristica, un’avventura rischiosa. Oggi l’approccio allo spazio non è più così: si osa meno e non si rischia più nulla. Manca il senso di avventura?
È vero: in passato abbiamo osato molto meno rispetto ai tempi dell’Apollo. Kennedy dimostrò incredibile coraggio politico nel promettere di andare sulla Luna entro dieci anni. Oggi questo coraggio politico manca. Ciò non significa che non saremo mai più capaci di grandi avventure. La vera sfida, a questo punto, non è però più la Luna perché arrivarci è sicuramente più facile di allora: abbiamo le conoscenze e la tecnologia per riuscirci. La Luna diventerà una sorta di banco di prova per qualcosa di più grande.

Ovvero?
La vera sfida oggi si chiama Marte. Il viaggio verso il Pianeta rosso è quanto di più analogo alla missione Apollo degli anni Sessanta ci possa essere oggi. Ed è probabile che questo obiettivo inneschi di nuovo una corsa allo spazio.

Una corsa un po’ diversa però: oggi non sono più solo due attori a volersi prendere il prestigio.
È vero, oggi ci sono più attori, compresi la Cina e i privati. Sarà forse una corsa diversa, ma non meno emozionante.

Privati che fino ad ora si sono dimostrati più innovativi...
Sì. Tuttavia ciò non diminuisce quanto di buono fatto dalle agenzie statali. Credo che il futuro si giocherà soprattutto su un connubio tra pubblico e privato. Semplicemente perché ci sono missioni che più si adattano ai privati e altre al pubblico. Ad esempio la missione Hubble, incentrata sulla scienza e messa a disposizione di tutti i partecipanti, è perfetta per il pubblico.

Magari fra gli astronauti che correranno verso la prossima avventura potrebbe esserci uno svizzero. Dopo di lei però non c’è più stato nessuno
elvetico nella squadra dell’Agenzia spaziale europea (Esa). Come mai?
Ci sono solo 15 posti che spesso vanno ai grandi Paesi membri dell’Esa come Francia, Germania e Italia. Il fatto che per ora non ci siano più astronauti svizzeri non significa però che da noi manchi talento ed entusiasmo. Semplicemente ci sono pochi posti e non sempre sono disponibili. Basta però avere pazienza: sono sicuro che in una prossima selezione verranno scelti uno o più cittadini svizzeri. Affinché ciò avvenga è però necessario che i giovani partecipino a tali concorsi. Perché il modo migliore per non essere scelti è non farsi avanti.

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE