Culture

Lunga vita al Complessino

Un Elio d'annata (Lugano, 2004)
(©Ti-Press/Gabriele Putzu)
19 ottobre 2017
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Non stiamo piangendo. È solo che ci è “entrata una bruschetta in un occhio”. Proviamo a fingere indifferenza, in quello che potrebbe essere il giorno più triste degli ultimi 32 anni, musicalmente. Perché, in primis, commuoversi davanti agli Elio e le Storie Tese che si separano equivarrebbe a consegnare loro l’assist per la battuta. Così come credere a pié pari al loro scioglimento, il cui annuncio arriva da tempo ad intervalli così regolari che nemmeno Paolo Villaggio – prima di morire davvero – era morto così spesso. Se mai sarà, rimanderemo l’epitaffio almeno sino al prossimo 19 dicembre a Milano, quando si saranno spente le luci sul “Concerto definitivo” per il quale tutti in rete sono stati chiamati da tempo a comporre la scaletta d’addio, in un clima di sinistro presentimento.

Mentre il “coccodrillo” di Stefano Belisari e compagni imperversa ovunque, lo spettacolo nello spettacolo va in onda sul web, luogo dove si stanno supplicando i componenti a non commettere gesti sconsiderati. Trionfa l’invito “Elii tornate insieme” (parafrasando l’auspicio cantato dal Complessino ai Litfiba); c’è chi denuncia che “I Pooh hanno fatto scuola” (confidando nella bufala e in un tempestivo ritorno); “Ha vinto il governo bastardo!” grida qualcuno citando Supergiovane; c’è anche un dolcissimo “Vi odio”, da leggersi in chiave di sofferenza e non di disprezzo, insieme a un britannico “Non riesco a cogliere l’ironia”. Su twitter, la Locandina definitiva con la chitarra di Cesareo listata a lutto e tante rose rosse ci mette del suo, in un trionfo di black humor di Monty Python memoria che ha toccato punte dissacratorie elevatissime.

Sarà quell’attitudine del devoto a credere che Elvis si nasconda a Cuba, sarà la perplessità da santo che vuole metterci il naso, noi – senza alcuna pretesa di santità, e convinti che Elvis sia realmente ridotto a un mucchietto di ossa sin dal 1977 – non riusciamo a non sentirci di fronte alla madre di tutte le boutade. Gli ultimi Elii conosciuti, dalle attività già diversificate, li avevamo visti in “Ritmo sbilenco”, un “filmino” che contiene un raro ritratto del loro privato. Elio che passeggia per Milano con Dante e Ulisse (che non sono l’Alighieri e il marito di Penelope, ma i bimbi del frontman), il dissidente Tanica (dissidente più per il cappello cubano che per il ritiro dai live) che elogia ticinesismi come “sono a tetto”; il batterista svizzero Christian Meyer, ritratto nella dimensione didattica; il bassista Faso nei panni dell’allenatore di baseball, che ai giocatori in trasferta fa ascoltare i Led Zeppelin (ce lo raccontò prima di “Estival”); il chitarrista Cesareo, l’heavy metal del suo trio e le automobiline telecomandate; l’artista a sé Mangoni, ritratto nell’esercizio della sua professione primaria, ovvero quella di architetto (i collaboratori, in sala riunioni, sembrano prenderlo sul serio); e anche il Sopraccigliato in visita al “suo” liceo Einstein a Milano, dove i selfie per le scale si sprecano, anche quelli con i prof, che gli ricordano la battuta pronta. Elio ricorda che loro, gli Elii, non si sono “mai venduti a nessuno”. Ecco, mentre vestiti da santommasi attendiamo di conoscere la verità, nient’altro che la verità, a noi gli Elii piace ricordarli così: senza prezzo.

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