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Patriziati, il Tram dice no alle deleghe di competenze

L’Assemblea patriziale non può delegare decisioni – come sugli investimenti – all’Ufficio patriziale. Respinto il ricorso a Carona. ‘Ma c’è un problema’

L’ex casa comunale di Carona, dove ha sede il Patriziato
(Ti-Press)
6 febbraio 2023
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È una sentenza che non mancherà di far discutere quella del Tribunale cantonale amministrativo (Tram) datata 24 gennaio 2023 secondo cui, contrariamente a quanto avviene a livello comunale, non è permessa in ambito patriziale la delega di competenze dall’organo legislativo (Assemblea patriziale) a quello esecutivo (Ufficio patriziale). La sentenza scaturisce da una controversia giudiziaria che prende origine nel dicembre 2018 quando l’Assemblea patriziale di Carona adotta un nuovo articolo (15a) del Regolamento organico patriziale che delega alcune competenze assembleari residue all’Ufficio patriziale.

Il Patriziato di Carona si era ispirato alla normativa applicabile ai Comuni contenuta nella Legge organica comunale (art. 13, LOC) secondo cui il Regolamento comunale può prevedere per alcune competenze dei Consigli comunali – in materia di spese di investimento, esecuzione di opere pubbliche, acquisizione e alienazione di beni, autorizzazione a stare in lite e per le convenzioni – la delega decisionale a favore del Municipio o dei servizi amministrativi, nel rispetto dei criteri soglia stabiliti dal Regolamento emanato dal Consiglio di Stato (di principio secondo importi massimi basati sul numero di abitanti). Strumento a cui praticamente tutti i Comuni fanno capo.

La Sezione degli enti locali (Sel) del Dipartimento istituzioni, incaricata di ratificare per conto del Consiglio di Stato la nuova norma inserita nel Regolamento organico patriziale di Carona, ha rifiutato di concedere l’approvazione siccome ritenuta contraria al diritto superiore. Il Patriziato di Carona ha quindi deciso di impugnare il diniego direttamente al Tram. Tribunale che ha respinto il ricorso.

‘Silenzio qualificato, non lacuna legislativa’

Nella propria sentenza i giudici cantonali osservano come il ricorrente riconosce che, a differenza dell’articolo 13 della LOC, l’articolo 68 della Legge organica patriziale (LOP) non prevede un capoverso sulle deleghe, ma "ciò non sarebbe un silenzio qualificato", ovvero sarebbe una lacuna legislativa: questa dunque la tesi del Patriziato di Carona secondo cui, inoltre, le deleghe da concedere all’Ufficio patriziale, "limitate a importi modesti, non sovvertirebbero il sistema legale e non sarebbero in contrasto con il diritto superiore".

Tuttavia, scrive il Tram, tra gli obiettivi della revisione che ha condotto all’attuale LOP del 1992, vi era "quello di proporre un’organizzazione e un funzionamento amministrativo semplificato dell’istituto patriziale, facendo astrazione laddove possibile dall’analogia con il Comune politico". Rinviando poi a una successiva revisione della LOP del 2012, il Tram aggiunge che questa aveva "tra le altre cose anche lo scopo di adeguare su alcuni aspetti puntuali questa legge alla LOC e ad altre leggi speciali concernenti il settore comunale. Ciò che è avvenuto sottolineando però di non ritenere ‘auspicabile un sistematico e massiccio allineamento della LOP alla LOC’, per tener conto delle peculiarità dell’ente patriziale". I giudici pertanto concludono che "il Gran Consiglio ha dunque rinunciato esplicitamente a prevedere la possibilità (già da tempo concessa dalla LOC) di delegare competenze del legislativo all’esecutivo patriziale, ciò che permette di concludere che su questo specifico tema non si sia in presenza di una lacuna, come pretende il ricorrente, ma di un vero e proprio silenzio qualificato del legislatore, che ha così inteso escludere tale possibilità (...), l’eventuale compito di adeguare la LOP ai fini di permettere un margine di manovra maggiore ai Patriziati è una questione politica, che spetta semmai al legislatore cantonale affrontare".

Revisione della LOP, ‘ma non via libera totale’

Interpellato da ‘laRegione’, il presidente del Patriziato di Carona Ares Bernasconi afferma che «l’approfondita sentenza del Tram è un punto fermo, che fa chiarezza. Mi aspetto che finalmente il Dipartimento delle istituzioni e l’Alpa (Alleanza patriziale ticinese, ndr), al di là delle varie dichiarazioni di intenti e dei generici proclami, forniscano gli strumenti giuridici ai Patriziati, basati spesso sul volontariato, per essere più operativi. Come Patriziato di Carona, già sentiti diversi Enti, presenteremo in maniera proattiva una prima bozza di revisione della LOP da inoltrare al parlamento. Alcuni deputati sembrano già molto interessati a sostenerci in questo progetto».

Dal canto suo, il capo della Sezione enti locali Marzio Della Santa dichiara di accogliere «con soddisfazione la sentenza in quanto conferma la decisione che avevamo preso». Ciò premesso, riconosce però l’esistenza di un problema relativo all’impossibilità di delegare all’Ufficio patriziale decisioni relative a investimenti, «tenuto conto anche del fatto che le Assemblee patriziali in alcuni Patriziati si riuniscono solo una volta all’anno – evidenzia il capo della Sel –. È un problema che dovremo affrontare nella prossima revisione della Legge organica patriziale. Ma questo non significa andare verso un via libera generalizzato», avverte Della Santa, secondo cui è fondamentale che gli investimenti, per poter essere delegati con una certa autonomia all’Ufficio patriziale, debbano essere prima pianificati e approvati dall’Assemblea sotto forma di indirizzi.

«Visto che i Patriziati operano prevalentemente in relazione alla gestione del territorio, possono avere una certa lungimiranza – argomenta Della Santa, secondo cui bisogna limitare unicamente alle situazioni d’emergenza non prevedibili la piena autonomia all’Ufficio patriziale per un investimento, che verrebbe così regolato sulla base dell’urgenza –. Ad esempio interventi che si intendono realizzare sul terreno come misure di protezione per far fronte a dei potenziali rischi, oppure la valorizzazione di strutture di proprietà patriziale attraverso interventi di riqualifica, possono facilmente rientrare nell’ambito di una pianificazione. La condizione è dunque che l’Assemblea stabilisca e approvi quali sono queste opere, per poter ammettere che l’Ufficio patriziale goda di uno spazio di manovra nella loro realizzazione e quindi di maggior autonomia rispetto a oggi, come succede per le spese di gestione corrente dove c’è un preventivo».

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