Ticino

Molestie sessuali, ‘sull’onere della prova c’è già la risposta’

La commissione invita a respingere l’iniziativa cantonale per facilitare la lotta agli abusi sui posti di lavoro. Il motivo: ‘Berna ha già detto no’

L’iniziativa è stata presentata dall’Mps
(Ti-Press)
19 gennaio 2023
|

Le molestie sessuali sul posto di lavoro sono un fenomeno purtroppo presente, che va combattuto. È però inutile inoltrare a Berna un’iniziativa cantonale con la richiesta di modificare la Legge federale sull’uguaglianza tra donne e uomini, includendo le molestie sessuali nell’elenco delle discriminazioni per le quali è previsto l’alleviamento di onere della prova. A dirlo (all’unanimità) è la Commissione sanità e sicurezza sociale del Gran Consiglio, che invita il parlamento a rigettare la proposta contenuta nell’iniziativa "facilitare la lotta contro le molestie sessuali sul posto di lavoro" presentata nell’ottobre 2020 dai deputati del Movimento per il socialismo (Mps) Simona Arigoni Zürcher (prima firmataria), Matteo Pronzini e Angelica Lepori. L’alleviamento dell’onere della prova prevede che "per rendere plausibile un fatto non basta una semplice accusa ma – si legge nell’iniziativa – non è nemmeno necessaria una prova rigorosa. Ciò che è necessario è un alto grado di probabilità. Questa disposizione non si applica però in caso di molestie sessuali".

Jelmini (Centro): ‘Non ha senso proporre qualcosa di già respinto’

«Intendiamoci, il tema – premette Lorenzo Jelmini (Centro), relatore del rapporto – è importante e merita tutta la necessaria attenzione, ma non ha senso – aggiunge – riproporlo quando di recente un’analoga richiesta è stata respinta dal parlamento federale. Al lato pratico è inutile. Insomma, non è questa la strada da percorrere, pur essendo il tema, ripeto, molto importante». La proposta di modifica di Legge è infatti stata presentata a fine 2017 dal Gran Consiglio del Canton Vaud. "Questa iniziativa è stata analizzata dalla Commissione della scienza, dell’educazione e della cultura del Consiglio degli Stati che – si legge nel rapporto redatto da Jelmini –, a maggio del 2022 ha dato parere negativo". Per questo motivo la Commissione sanità e sicurezza sociale del Gran Consiglio "ritiene che presentare, pochi mesi dopo la bocciatura, una medesima richiesta non abbia nessuna possibilità di ottenere un risultato diverso da quello ottenuto dal Canton Vaud". Ciò nonostante, si legge nel rapporto, "è necessario continuare la ricerca e l’adozione di altre forme e strumenti per combattere le molestie sessuali sul posto di lavoro".

Arigoni Zürcher (Mps): ‘Insistere per ottenere un risultato’

Non è invece d’accordo Simona Arigoni Zürcher: «Bisognerebbe insistere, anche se la proposta è stata appena bocciata a Berna. Il tema è importante e se prima il Ticino, e poi magari anche altri Cantoni, si facessero nuovamente avanti la politica federale capirebbe l’urgenza di adottare questa misura». In ogni caso, ci tiene a precisare l’iniziativista e deputata dell’Mps, «la decisione mi lascia delusa, ma non mi sorprende». Questo perché «come movimento abbiamo presentato tante proposte a favore delle donne e della tutela dei loro diritti. Peccato che il parlamento raramente le abbia sostenute. Penso ad esempio alla richiesta d’implementare l’utilizzo del braccialetto elettronico per proteggere le vittime».

Le motivazioni: ‘Difficile ottenere informazioni per il datore di lavoro’

Per capire i motivi che hanno portato a respingere (per ora?) la proposta bisogna quindi rifarsi al rapporto della Commissione della scienza dell’educazione e della cultura del Consiglio agli Stati. "Vi sarebbero dei problemi pratici se l’alleviamento dell’onere della prova venisse reso possibile anche per la fattispecie della molestia sessuale", si legge nel testo redatto dal ‘senatore’ sangallese Benedikt Würth (Centro). "Da un lato la fattispecie non è chiaramente definita e, dall’altro, il datore di lavoro difficilmente può ottenere le informazioni rilevanti per la controprova senza interferire in modo eccessivo nella sfera privata del dipendente". Resta quindi la necessità, per una vittima di molestie sessuali, di dimostrare l’esistenza di una discriminazione. Se ciò non le riesce, il tribunale respinge l’azione. "Secondo la giurisprudenza – precisa però il rapporto – è tuttavia sufficiente che vengano presentate prove indiziarie convergenti della discriminazione".

Resta connesso con la tua comunità leggendo laRegione: ora siamo anche su Whatsapp! Clicca qui e ricorda di attivare le notifiche 🔔
POTREBBE INTERESSARTI ANCHE