Ticino

Imparare a far dialogare la vittima e il reo

Venerdì e sabato, grazie a un corso di giustizia riparativa all’Usi con testimonianze dal Belgio

(Depositphotos)
10 novembre 2022
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Perché mai un padre dovrebbe incontrare il pirata della strada che ha ucciso suo figlio? E perché la vittima di uno stupro dovrebbe intavolare un dialogo – anche solo per interposta persona – con chi l’ha assalita? A spiegarlo oggi e domani all’Università della Svizzera italiana, nel corso di un seminario di formazione sui principi della mediazione penale, sarà Antonio Buonatesta, che in Belgio si occupa di questi temi già dalla metà degli anni Novanta. E anticipa: «L’idea è quella di condividere le conoscenze acquisite in tutti questi anni, spiegare come e perché la costruzione di un dialogo tra vittima e reo può avere molteplici benefici per entrambi e per la società nel suo complesso, anche quando si ha a che fare con fatti molto gravi e a tutti gli stadi del procedimento». Il fondatore e direttore dell’associazione Mediante – incaricata dalle autorità valloni di avviare processi riparativi in tutto il Belgio francofono sia per adulti che per minori – porterà dunque a Lugano l’esperienza in uno dei Paesi più all’avanguardia quando si tratta di giustizia riparativa, una dimensione complementare a quella penale.

Ma quali sarebbero, insomma, i vantaggi del dialogo? «Per la vittima – spiega Buonatesta – non si tratta tanto di riconciliarsi o perdonare, come si potrebbe pensare, quanto piuttosto di capire. Capire cos’è successo, porre domande che non hanno avuto risposta nel corso dell’indagine o del processo, insomma: sapere per elaborare. Ma anche sfogare la propria rabbia, la propria frustrazione, tornando in possesso di sé e ricostruendo così la propria vita dopo i fatti». Quanto a chi ha commesso un crimine, la mediazione «permette di venire incontro ai bisogni delle vittime e di responsabilizzarsi, di comprendere a propria volta la gravità e le reali implicazioni di quel che si è commesso. Si tratta anche di un modo per destrutturare le proprie certezze, la propria rappresentazione ‘fantasmatica’ della vittima e i propri comportamenti pregressi. L’esperienza dimostra che questo diminuisce il rischio di recidiva, con evidente beneficio per l’intera società».

La formazione all’Usi – da tempo intensamente impegnata in un progetto pionieristico sulla giustizia riparativa in Svizzera – permetterà di acquisire competenze troppo spesso ignorate non solo dal sistema giuridico, ma anche da una società che rischia di ripiegarsi sull’aspetto penale e punitivo del diritto. Competenze utili al giudice, all’avvocato, ma che nel 2005 in Belgio hanno portato anche, dopo un lungo e capillare progetto pilota, a una legge ad hoc e alla creazione di figure professionali di mediatori penali: «Psicologi, criminologi, giuristi, assistenti sociali impegnati ad agevolare la costruzione di questo tipo di dialogo». Dialogo che, ricorda Buonatesta, può anche avvenire a distanza, proprio attraverso questi ‘pontieri’, e «a volte, specie nei casi di violenza sessuale, non mira a ricostruire un legame quanto piuttosto a reciderlo definitivamente, però attraverso un’elaborazione costruttiva e funzionale al superamento del trauma».

Ma com’è andata a finire, poi, col padre della vittima della strada? «Ha incontrato il pirata per sfogare tutta la sua rabbia. Poi, una volta uscito, ci ha detto: ‘Per me quello lì resta un bastardo, ma almeno adesso non ho più voglia di vendicarmi».

Il corso, organizzato dall’Istituto di Diritto dell’Usi in collaborazione con Swiss RJ Forum e rjustice.ch, costa 150 franchi e si terrà domani (15-18) e sabato (9-12). Per ulteriori informazioni: https://www.usi.ch/it/feeds/23498

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