Ticino

Detenuti e misure terapeutiche, il parlamento accelera

Presto una mozione delle commissioni ‘Giustizia’ e ‘Carceri’. Durisch: ora il trattamento in carcere non funziona, urge un reparto di psichiatria forense

Il penitenziario cantonale della Stampa (Ti-Press)
26 settembre 2022
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Le commissioni parlamentari ‘Giustizia‘ e ’Carceri’ premono sull’acceleratore. Obiettivo: garantire al più presto in Ticino una collocazione adeguata dei detenuti per i quali i giudici hanno disposto misure terapeutiche stazionarie. Motivo: le commissioni ritengono la collocazione attuale, all’interno del penitenziario, inappropriata. Stamane, in una riunione congiunta sul tema, hanno così deciso di presentare "un atto parlamentare con cui chiedere al Consiglio di Stato di studiare una soluzione, da concretizzare in tempi brevi, volta a migliorare le condizioni nelle quali si trovano le persone sottoposte a misure terapeutiche nelle strutture carcerarie cantonali, attraverso la realizzazione di un reparto di psichiatria forense", indica una nota della ‘Giustizia e diritti’.

‘Ci siamo dati tre settimane di tempo’.

La stesura dell’atto parlamentare è stata affidata al socialista Ivo Durisch e al deputato del Centro/Ppd Luca Pagani, che è pure membro della commissione preposta alla sorveglianza delle condizioni detentive. «Ci siamo dati tre settimane per allestire e proporre all’approvazione di entrambe le commissioni un progetto di mozione per l’apertura appunto di un reparto di psichiatria forense, verosimilmente, come auspico, nell’area di Casvegno, dove ci sono la Clinica psichiatrica cantonale e il Carl, il Centro abitativo, ricreativo e di lavoro», spiega Durisch, contattato dalla ‘Regione’.

Galusero: situazione oggi insoddisfacente

«Ribadisco quello che ho dichiarato nel recente passato: la situazione odierna è insoddisfacente», afferma il liberale radicale Giorgio Galusero, presidente della ‘Giustizia e diritti’. «Al penitenziario cantonale, dove si esegue la maggior parte delle misure terapeutiche, i detenuti vengono sì seguiti dal servizio psichiatrico ma non in maniera sufficiente, da quanto abbiamo potuto appurare. Senza dimenticare che vi sono persone che pur avendo scontato la pena detentiva rimangono dietro le sbarre poiché sottoposte ancora a misure terapeutiche, insomma non possono essere scarcerate essendoci il rischio che commettano nuovamente reati», aggiunge Galusero, reduce con i colleghi della ‘Giustizia e diritti’ e con una parte di quelli della commissione ‘Carceri’ (come Pagani, il granconsigliere del Plr è anche membro di quest’ultima) dall’audizione – sempre stamattina, segnala la nota commissionale – di alcuni alti funzionari del Dipartimento istituzioni: la responsabile della Divisione giustizia Frida Andreotti, il direttore delle Strutture carcerarie cantonali Stefano Laffranchini e il capo dell’Ufficio dell’assistenza riabilitativa Siva Steiner. «È urgente trovare una collocazione idonea, anche se in Ticino l’impresa non è facile», sostiene a sua volta la democentrista Lara Filippini, alla testa della commissione parlamentare incaricata di controllare le condizioni di detenzione.

Andreotti: verso un centro di competenza

Impresa non facile. «Il problema non c’è solo in Ticino, la mancanza di posti in strutture adeguate per i detenuti sottoposti a misure terapeutiche è un problema a livello nazionale – osserva Frida Andreotti, da noi interpellata. «Nel 2019 il Consiglio di Stato ha istituito, in collaborazione con l’Ente ospedaliero cantonale, il servizio di medicina carceraria, demandando all’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale – ricorda la direttrice della Divisione giustizia – la gestione della parte psichiatrica. Si è così contribuito a migliorare la presa a carico regolare, al carcere della Stampa, di quei detenuti per i quali il giudice ha ordinato misure di carattere terapeutico. Allo stesso tempo però – annota Andreotti – sono state gettate le basi con l’Osc per la creazione di un centro di competenza nel settore della psichiatria forense, che si vorrebbe realizzare nei prossimi anni. Anche la presenza di questo centro in un reparto di psichiatria forense permetterebbe di migliorare la presa a carico di alcuni detenuti per i quali il carcere non è un luogo ottimale per l’esecuzione di una misura. Valuteremo quindi in maniera approfondita l’annunciato atto parlamentare».

Il capogruppo socialista: a Casvegno la soluzione più rapida

Sul fatto che il carcere non sia un luogo ottimale per l’esecuzione delle misure terapeutiche, Durisch non ha dubbi di sorta. «Parliamo di persone detenute cui ora viene negato un diritto: quello di avere un percorso terapeutico, finalizzato a evitare in primis la recidiva, che sia consono alle loro esigenze – evidenzia il capogruppo socialista –. La giornata di queste persone va organizzata in modo specifico e vanno seguite da vicino per consentirne il reinserimento nella società. Cosa che al momento non avviene. Oltre a psichiatri, servono infermieri ed educatori. Ci sono centri specializzati in altri cantoni, tuttavia i posti a disposizione sono pochissimi». Per Durisch la soluzione «più rapida consisterebbe nell’apertura di un reparto di psichiatria forense a Casvegno, che abbia delle collaborazioni con la Clinica psichiatrica e il Carl, ma che sia indipendente dalla prima e dal secondo. Il personale andrebbe dunque assunto e formato per lavorare in questo reparto». Il quale «dovrebbe far capo non al Dipartimento sanità e socialità, bensì al Dipartimento istituzioni. Sono aspetti che approfondirò comunque con Pagani per redigere la mozione».

L’articolo del Codice penale

Sullo sfondo c’è l’articolo 59 del Codice penale svizzero. Quello sul "Trattamento di turbe psichiche". Che recita quanto segue. Primo capoverso: "Se l’autore è affetto da grave turba psichica, il giudice può ordinare un trattamento stazionario qualora: a. l’autore abbia commesso un crimine o un delitto in connes­sione con questa sua turba; e b. vi sia da attendersi che in tal modo si potrà evitare il rischio che l’autore commetta nuovi reati in connessione con questa sua turba". Secondo capoverso: "Il trattamento stazionario si svolge in un’appropriata istituzione psichiatrica o in un’istituzione per l’esecuzione delle misure". Terzo: "Fintanto che sussiste il pericolo che l’autore si dia alla fuga o commetta nuovi reati, il trattamento si svolge in un’istituzione chiusa. Il trattamento può svolgersi anche in un penitenziario (...), sempreché il trattamento terapeutico necessario sia assicurato da personale specializzato". Quarto capoverso: "La privazione della libertà connessa al trattamento stazionario non supera di regola i cinque anni. Se, dopo cinque anni, i presupposti per la liberazione condizionale non sono ancora adempiuti e vi è da attendersi che la prosecuzione della misura permetterà di ovviare al rischio che l’autore commetta nuovi crimini e delitti in connessione con la sua turba psichica, il giudice, su proposta dell’autorità d’esecuzione, può ordinare la protrazione della misura, di volta in volta per un periodo non superiore a cinque anni".

Chiosa Durisch: «Dagli elementi che come commissione ‘Giustizia e diritti’ abbiamo raccolto, attualmente in Ticino il trattamento terapeutico in carcere non risulta adeguato. Urge una soluzione».

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