Ticino

Gli industriali ripensano il futuro del Ticino

Aiti ha stilato un documento di lavoro all’indirizzo di istituzioni e politica per lanciare un dibattito a largo spettro nella società

Oliviero Pesenti, presidente di Aiti
(Ti-Press)

Un lungo documento (oltre 100 pagine) con sei temi portanti e decine di proposte per rilanciare il futuro economico del Ticino. È quanto si pone l’Aiti, l’Associazione industrie ticinesi che ha realizzato il documento denominato appunto ‘Piano strategico per lo sviluppo del Cantone Ticino’. «Sono delle proposte di lavoro e non imposizioni», spiega il presidente di Aiti Oliviero Pesenti. «Il settore industriale rappresenta più del 20% del Pil cantonale e vorremmo almeno essere ascoltati. Questo non vuol dire che siamo coloro che detengono la verità assoluta, ma vorremmo provare a lanciare un dibattito pubblico su come immaginare il futuro», continua Pesenti, che precisa che «il piano strategico non si rivolge solo alle istituzioni e alla politica, ma richiede il coinvolgimento delle imprese e il loro impegno per uno sviluppo economico armonioso».

L’idea del documento, lo ricordiamo, è nata un anno fa. La proposta – afferma invece Stefano Modenini, direttore di Aiti –, «sarà messa in consultazione presso le aziende associate in occasione dell’assemblea ordinaria del prossimo 1º giugno. Solo dopo tale consultazione e con il voto di un’assemblea straordinaria in autunno il Piano strategico sarà considerato definitivo».

Come detto, sono sei i macrotemi individuati: Capitale umano e formazione scolastica, professionale e accademica; Creazione e sviluppo di un ecosistema dell’innovazione; Cultura d’impresa; Fiscalità e competitività del territorio; Responsabilità sociale e ambientale delle imprese; Mercato del lavoro. Lo spazio maggiore, segno che sono i temi più sentiti dalle aziende industriali che operano sul territorio, lo occupano i primi due. «In generale si chiede di aumentare le competenze digitali e quelle cosiddette Stem (scienza, tecnologia, ingegneria e matematica) a livello scolastico e professionale», continua Modenini. In particolare si propone di aggiornare l’orientamento scolastico professionale verso le professioni industriali, valorizzando l’apprendistato e il partenariato tra azienda e scuola. E questo iniziando già dalla scuola dell’obbligo dove bisognerebbe anticipare l’insegnamento del tedesco alla prima media, oltre a prevedere formazioni di base in elettronica, meccanica e informatica. Il documento dell’Aiti propone di spostare l’ufficio dell’orientamento scolastico e professionale dalla Divisione della scuola a quella della formazione professionale. Questo in funzione anche di promuovere un orientamento ‘valoriale’ verso la cultura d’impresa e all’imprenditorialità.

Per quanto riguarda i percorsi post-obbligatori, si propone di aumentare il numero delle aziende formatrici anche diffondendo la conoscenza dell’apprendistato presso le aziende con management straniero. «Negli ultimi due anni, nonostante la pandemia, questo è avvenuto. I posti di apprendistato sono cresciuti, ma non basta», riconosce Modenini.

Il documento dell’Aiti affronta anche il tema degli studi liceali e accademici. «Al liceo bisognerebbe reintrodurre l’obbligo della lingua tedesca, come avveniva un paio di decenni fa», suggerisce il direttore di Aiti.

Ecosistema dell’innovazione più incisivo

Il secondo tema più corposo è quello dedicato all’innovazione. «Istituzioni e partiti dovrebbero impegnare la propria politica economica in maniera più decisa a sostegno dell’innovazione, con investimenti pubblici adeguati e superiori a quelli attuali, guardando a quanto stanno facendo altri Cantoni», ricorda Modenini, che porta l’esempio del Vallese dove, grazie alla collaborazione tra ente pubblico e aziende, per l’innovazione sono stati stanziati 400 milioni di franchi. Gli industriali vedono di buon occhio il futuro parco dell’innovazione, ma suggeriscono di creare dei centri di competenza tematici basati sulle esigenze dell’economia cantonale «concentrandosi, almeno inizialmente, su uno o due centri in settori rimarchevoli per il territorio». «Difficilmente si riuscirà a coinvolgere le aziende locali a partecipare a progetti comuni se questi non sono sentiti veramente da loro stesse», aggiunge Stefano Modenini, che invita a favorire anche con la leva fiscale gli investimenti in ricerca e sviluppo come pure l’implementazione di reti 5G.

E per rimanere in tema di fisco e finanze pubbliche, l’Aiti chiede di mantenere la tempistica della riforma fiscale cantonale in vigore, riducendo l’aliquota sugli utili delle persone giuridiche dall’8 al 5,5% dall’1.1.2025 e il coefficiente d’imposta cantonale dal 97 al 96% dall’1.1.2024, così come previsto negli anni scorsi.

Per il futuro, per quanto riguarda le persone fisiche, si auspica di riportare la fiscalità del Ticino nella media svizzera riducendo l’aliquota massima dal 15 all’11%.

Di tutto questo si parlerà comunque il prossimo 1º giugno al Palazzo dei congressi di Lugano anche alla presenza del consigliere di Stato Chrisitian Vitta, responsabile del Dfe. L’assemblea vedrà quale ospite la vicepresidente di Confindustria Italia Barbara Beltrame Giacomello.

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