Ticino

Scolarizzazione giovani ucraini: ‘Problemi nel Mendrisiotto’

Il direttore del Decs Manuele Bertoli lancia l’allarme: ‘Dev’esserci una distribuzione migliore sul territorio. Si segua il dispositivo cantonale’

(Ti-Press)
7 aprile 2022
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È un problema che potrebbe ingigantirsi e avere ripercussioni negative nell’ambito della scolarizzazione in Ticino. E paradossalmente a crearlo è la grande ondata di solidarietà della popolazione locale verso i profughi ucraini. Il riferimento è al grande squilibrio nella distribuzione dei bambini e dei ragazzi fuggiti dalla guerra all’interno delle sedi scolastiche. Condizione per cui il Mendrisiotto presenta oggi una quota nettamente al di sopra di quella proporzionale prevista per il comprensorio, il Luganese è quasi al limite, mentre gli altri distretti presentano cifre molto basse.

«Questa situazione è la conseguenza del fatto che a oggi 7 arrivi su 8 in Ticino non si rifanno al canale previsto dal Cantone (con il passaggio dal Centro di prima affluenza di Cadenazzo, ai centri regionali collettivi e infine agli appartamenti, ndr), ma fruiscono degli alloggi offerti da privati. Ciò ha portato alla concentrazione di famiglie in pochi luoghi con il sovraccarico per alcune sedi scolastiche». A fare il punto sulla situazione relativa all’accoglienza scolastica è il direttore del Dipartimento educazione, cultura e sport Manuele Bertoli, che lancia un chiaro appello per correre ai ripari: «È determinante che le famiglie che arrivano d’ora in poi passino dal dispositivo cantonale e che anche chi decide di accoglierle le indirizzi lì».

Sono almeno tre i vantaggi di questa procedura elencati dal direttore del Decs: «Innanzitutto le famiglie ricevono subito delle informazioni di base sulla scolarizzazione e l’orientamento, anche nella loro lingua. Inoltre, grazie a una migliore ripartizione, il sistema scolastico viene messo in condizione di poter accettare un numero maggiore di allievi. In terzo luogo si evitano "soluzioni tampone" come quelle di chiedere alle famiglie di traslocare, o il trasporto dei bambini in sedi che non sono quelle di riferimento del loro comune. Inutili scocciature e uno spreco di risorse e di tempo».

300 minorenni su 750 già inseriti in istituti scolastici

Un altro squilibrio causato da quelle che sono comunque definite da Bertoli «lodevoli iniziative di accoglienza» è il fatto che in Ticino si trovano attualmente circa duemila persone con permesso S, «una quota che rappresenta il doppio di quella stabilita secondo la chiave di riparto federale fissata al 4%». Tra loro, i minorenni sono circa 750, dei quali quasi 300 già inseriti nel sistema scolastico ticinese. «Stiamo chiedendo alla Segreteria di Stato della migrazione orientare i flussi dei nuovi arrivati verso cantoni in cui c’è una percentuale minore di rifugiati in modo da poterci organizzare meglio anche nelle scuole».

La strategia di scolarizzazione messa in atto dal Decs per i minorenni provenienti dall’Ucraina è quella ordinaria dedicata agli allievi alloglotti, con l’obiettivo di una regolare integrazione scolastica in una prospettiva di permanenza a medio lungo termine.

Con i più piccolini si inizia da attività pratiche ed espressive

«La scuola si trova ora a dover affrontare una nuova emergenza dopo due anni di pandemia – considera il capo Sezione delle scuole comunali Rezio Sisini –. Per farlo, stiamo mettendo in campo le risorse di cui disponiamo, sia dal punto di vista finanziario che umano, e al contempo le stiamo potenziando». Tra queste, di particolare importanza risultano i docenti di lingua e integrazione. «Sono subito potuti intervenire in quanto già presenti negli istituti – spiega Sisini –. Altre figure fondamentali sono i mediatori culturali, così come gli operatori che lavorano per le antenne degli eventi traumatogeni. Per ascoltare i bambini e aiutarli a elaborare il loro vissuto serve però anche il contributo dei servizi psicosociali del territorio».

Concretamente, il primo passo per la scolarizzazione consiste nell’incontrare i bambini con le loro famiglie in presenza del mediatore culturale. «In questa fase si cerca di capire i loro bisogni specifici per poi pianificarne l’inserimento nella classe dove inizia la socializzazione con i coetanei, la conoscenza del territorio e la crescita a livello formativo e di sviluppo». La frequenza inizialmente parziale diventa progressivamente a tempo pieno nel contesto di una routine rassicurante. «Si comincia coinvolgendo questi bambini in attività pratiche, manipolative, espressive e corporee dove la lingua non è così preponderante, per poi inserirli in tutti i contesti scolastici» illustra Sisini.

‘Si riscontra una grande maturità dei ragazzi delle Medie’

«Ancora una volta la scuola si dimostra essere un luogo in cui si ritrova una certa normalità con il desiderio di avere la vicinanza dei coetanei – valuta dal canto suo Tiziana Zaninelli, capo Sezione dell’insegnamento medio –. E ancora una volta gli allievi danno prova di una grande maturità e di un grande desiderio di conoscere che si rivela reciproco». Dal punto di vista pratico, l’integrazione alle Medie parte con l’assegnazione di 10 ore di italiano alla settimana in gruppetti di al massimo 4 allievi e poi di regola in tempi brevi c’è l’inserimento in tutte le lezioni. Esiste anche una piattaforma messa a disposizione dal Ministero ucraino dell’integrazione per continuare con la didattica a distanza sulla base del piano di studi ucraino: «Questa possibilità viene richiesta soprattutto dai ragazzi più grandi e noi come sezione diamo indicazione di permettere l’accesso a queste lezioni online nelle sedi scolastiche».

Un punto di riferimento per indirizzare al postobbligatorio

Per i ragazzi di oltre 15 anni è prevista una procedura specifica nell’ambito del postobbligatorio. «Abbiamo potenziato l’Istituto della transizione e del sostegno che è diventato il punto di accoglienza per gli studenti di questa fascia di età – dice Bertoli –. Oltre a fornire i primi rudimenti di italiano si cerca di capire quali sono le esigenze di formazione dei ragazzi per poi indirizzarli verso una scuola media superiore o un percorso professionale». Attualmente vi fanno capo 19 allievi, mentre ulteriori 21 se ne aggiungeranno a breve. Per quanto riguarda l’ambito universitario, Usi e Supsi si occupano direttamente di verificare le condizioni degli studenti ucraini e di capire se c’è la possibilità di inserirli nei loro percorsi.

Sul sito www.ti.ch/ucraina è stata allestita una pagina specifica con le informazioni inerenti alla scolarizzazione.

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