Ticino

Ex funzionario Dss, mandato per l’audit in via di definizione

Ma in Gran Consiglio Merlo (Più Donne) insiste sull’istituzione di una Cpi. Interrogativi dopo la trasmissione di Falò. Lepori: un quadro di connivenze

Ti-Press
19 novembre 2021
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Il caso dell’ex funzionario del Dipartimento sanità e socialità condannato in via definitiva in secondo grado (la sentenza d’Appello non è stata impugnata) per coazione sessuale e per violenza carnale non accenna a diminuire la sua portata, soprattutto dopo le testimonianze delle vittime raccolte dall’approfondimento a cura di Falò sulla Rsi. Chiusasi la questione penale, a rimanere aperta e piena di interrogativi è quella amministrativa. Su cui la commissione parlamentare della Gestione, e in particolare la Sottocommissione finanze che è incaricata di esercitare l’alta vigilanza, è sempre più vicina a raggiungere una soluzione. Che non sarà la richiesta di costituire una Commissione parlamentare d’inchiesta, dopo che la prima proposta si è infranta sul no del Gran Consiglio, ma la soluzione in vista – stando a nostre informazioni – è sempre più quella di un audit, del quale i sottocommissari stanno affinando un mandato che, ci risulta, sarà incisivo, fermo ed esterno all’Amministrazione. E da assegnare fuori dal contesto ticinese. Con l’obiettivo di fare chiarezza su tutta la vicenda. Da noi interpellato, il coordinatore della Sottocommissione finanze Michele Guerra non rilascia alcuna dichiarazione, non commentando nemmeno ciò che ‘laRegione’ è riuscita a ricostruire. Se non ripetere quanto già indicato a Falò e cioè che c’è una volontà unanime nel voler fare piena luce e che si sta andando verso una soluzione operativa condivisa per farlo.

Fuori dalla commissione, a essere «letteralmente indignata e delusa» è la deputata di Più Donne Tamara Merlo. Perché «che il Gran Consiglio non sia capace di assumersi la responsabilità politica di costituire una Commissione parlamentare d’inchiesta su questo argomento lo trovo estremamente grave. Non posso accettare – sottolinea Merlo – che si dica che non siamo in grado di farlo. Perché se così fosse non siamo in grado di fare niente, e allora perché siamo in parlamento? Chi non si sente in grado riconsegni il tesserino e torni a casa». Soprattutto, riprende, «perché sono le vittime che chiedono sia fatta giustizia e chiarezza su quanto è successo nell’Amministrazione cantonale, sul perché tutto questo sia potuto succedere». Con un unico obiettivo: «Voglio che in futuro se dovessero ripresentarsi situazioni di molestie e abusi le vittime sappiano di poter essere ascoltate, credute, tutelate. E che tutto lo Stato stia dalla loro parte, dando loro e alla loro dignità tutto il rispetto che meritano».

A esprimersi è anche la deputata del Movimento per il socialismo Angelica Lepori, che con una nota diffusa alla stampa afferma come dalla trasmissione “emerge un quadro di omertà e connivenza con pratiche sessiste, omofobe e violente. Pratiche di cui tutti erano a conoscenza, ma di cui nessuno parlava. Pratiche e azioni che addirittura venivano considerate come normali, contro le quali non si poteva fare nulla. Funzionari e dirigenti responsabili politici del Dss (allora sotto la direzione di Patrizia Pesenti) non possono più negare di non aver saputo nulla e non possono nemmeno più sostenere di aver ascoltato e sostenuto le vittime (...). Chi sapeva e non ha agito dovrebbe avere almeno il coraggio di chiedere scusa, chi ancora oggi ha funzioni direttive all’interno del Dss e lavora nell’ambito della protezione dei minori e delle vittime dovrebbe avere la dignità di dimettersi”.

Gli accertamenti di Coduri e Catenazzi

Nell’inchiesta giornalistica andata in onda ieri sera, intitolata ‘Rompere il silenzio’, Falò ha sentito alcune delle vittime dell’ex funzionario. E provato anche a interpellare i suoi diretti superiori all’epoca: Ivan Pau Lessi, Roberto Sandrinelli, Martino Rossi e Marco Galli, capoufficio al Dss del sostegno a enti e attività per le famiglie e i giovani. Nessuno ha voluto rilasciare dichiarazioni. Nel servizio si cita pure il responsabile della Sezione risorse umane Raniero Devaux, quale autore, designato dal governo, degli accertamenti che l’Esecutivo aveva disposto dopo l’apertura dell’inchiesta penale nei riguardi dell’ex funzionario. Le cose però non stanno proprio così. Nel senso che Devaux era stato sì incaricato inizialmente dal Consiglio di Stato di verificare, con il consulente giuridico del governo Francesco Catenazzi, come fosse stato gestito il caso all’interno dell’Amministrazione cantonale, tuttavia il capo della Sezione delle risorse umane aveva suggerito all’Esecutivo di designare il cancelliere dello Stato o un’altra persona per ragioni di opportunità, avendo discusso nel 2004 con Pau Lessi una nota inviatagli da quest’ultimo sulle intemperanze caratteriali manifestate dall’allora funzionario in occasione di un dibattito con un deputato. Il Consiglio di Stato aveva quindi sostituito Devaux con il cancelliere dello Stato Arnoldo Coduri. Sono stati dunque Coduri e Catenazzi a eseguire gli accertamenti sull’operato dell’Amministrazione, disposti dal governo dopo aver appreso dell’apertura del procedimento penale a carico dell’ex collaboratore. Nel corso degli approfondimenti Coduri e Catenazzi hanno audizionato Pau Lessi e Marco Galli ed esaminato le note da loro prodotte, che il cancelliere e il giurista del governo hanno poi allegato al rapporto all’attenzione del Consiglio di Stato. A Coduri e Catenazzi, Pau Lessi aveva anche trasmesso la parte, quella in cui veniva menzionato, della sentenza di condanna emessa dai giudici penali di primo grado a carico dell’ex funzionario. Secondo Coduri e Catenazzi, sulla base di quanto accertato, l’Amministrazione aveva agito correttamente tenuto conto delle informazioni in suo possesso. Aveva agito correttamente nel 2007 quando una stagista aveva informato i superiori dell’allora collaboratore di essere stata molestata. Galli aveva messo a confronto la ragazza e l’ex funzionario, il quale negava la circostanza. Il capoufficio aveva dato ragione alla giovane e l’aveva ‘sottratta’ al funzionario. L’Amministrazione aveva agito correttamente, sempre secondo Coduri e Catenazzi, anche nel 2005 tenuto conto delle informazioni in possesso all’epoca di Pau Lessi, al quale si erano rivolte le altre due ragazze vittime dell’allora collaboratore, fornendogli però versioni contrastanti: una giovane parlava di molestie, l’altra di avances.

Non resta che attendere l’audit.

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