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Salario minimo, lo studio Usi noto da anni a governo e Gestione

L’Udc: pareri dell’Ire critici tenuti nascosti. Però i dati sono nel messaggio del CdS del 2017, e gli autori sono stati ricevuti in commissione nel 2018

(Ti-Press)
12 novembre 2021
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Non c’è trucco, non c’è inganno e soprattutto non c’è alcuno studio dell’Università della Svizzera italiana e dell’Istituto di ricerche economiche sull’impatto del salario minimo in termini occupazionali che è stato nascosto in qualche cassetto. A esserci, semmai, è una bolla di sapone esplosa nello spazio occupato da una breve ricerca e qualche telefonata.

L’interpellanza inoltrata mercoledì al Consiglio di Stato dall’Udc, con primo firmatario il deputato Paolo Pamini, chiede come mai questi studi non siano stati resi pubblici e avanzava un’interpretazione: “Forse perché la conclusione è scottante? Forse perché dimostrano che il salario minimo dei frontalieri diventa il salario massimo dei residenti?”.

Lo scenario peggiore già comunicato prima del 2017

Per trovare traccia dell’analisi dell’Ire è sufficiente andare sul sito del Cantone, www.ti.ch, e reperire con pochi clic il messaggio governativo 7452 dell’8 novembre 2017, denominato ‘Nuova legge sul salario minimo’. Vale a dire il messaggio con cui il Consiglio di Stato ha tradotto in norma l’esito della votazione popolare sull’iniziativa ‘Salviamo il lavoro in Ticino’ che, il 14 giugno 2015, è stata approvata con il 54,7% di favorevoli. Nel testo, al capitolo cinque, quello intitolato ‘Impatto dei salari minimi’, a pagina 9 si legge testuale quanto segue: “Non è infatti possibile ottenere un dato certo sulla potenziale perdita di posti di lavoro che potrebbe generare l’introduzione del salario minimo. Secondo alcune teorie economiche a cui fa riferimento l’Istituto di ricerche economiche (Ire), si può stimare che la forchetta della possibile variazione sia racchiusa tra una situazione invariata, nella migliore delle ipotesi, e un -1,19% sul totale degli occupati, nello scenario peggiore”. Nero su bianco, e in un atto pubblico sul quale politica, società e stampa hanno dibattuto per anni.

La Commissione della gestione ha ricevuto in audizione l’Ire

Nel caso in cui ciò non fosse stato reputato sufficiente, un’altra possibilità percorribile avrebbe potuto essere quella di una telefonata a una persona molto vicina all’Udc: Gabriele Pinoja, ex presidente democentrista, già deputato e nella legislatura 2015-2019 rappresentante dell’Udc in seno alla Commissione parlamentare della gestione. Commissione che, nel 2018, ha ricevuto in audizione nella sua specifica Sottocommissione ‘lavoro’ l’Ire stessa, che ha illustrato gli studi e prodotto gli approfondimenti chiesti dai commissari. Oltre che confermare il dato già inserito nel messaggio governativo, vale a dire quell’1,19% in meno di occupati considerando lo scenario peggiore, l’Ire stando a quanto da noi appurato in quell’incontro si è limitata a informare della possibilità che, a suo avviso, avrebbe potuto verificarsi un livellamento verso il basso dei salari più alti del salario minimo. Tesi nota, e colonna portante delle argomentazioni di chi in tutti questi anni ha contrastato prima l’iniziativa, poi il messaggio governativo, infine il rapporto commissionale. E tornata d’attualità presso i contrari al salario minimo da quando è esploso, nel Mendrisiotto, il caso delle ditte affiliatisi a TiSin.

La situazione altrove

Quello sugli effetti del salario minimo è un dibattito ancora aperto in tutto il mondo, visto che è difficile trovare riscontri empirici omogenei. In ogni caso, una tendenza registrata a livello globale dall’Organizzazione internazionale del lavoro è la spinta verso l’alto non solo degli stipendi inferiori al minimo legale, ma anche di quelli immediatamente superiori. Un dato confermato anche dall’esperienza del Canton Neuchâtel, che ha introdotto la retribuzione minima nel 2017. Intervistato su questo caso dalla trasmissione ‘Tempi moderni’ di Rsi, il direttore dell’Ire Rico Maggi aveva chiosato: «Come del resto in tutto il mondo, l’introduzione di un salario minimo non ha mai effetti drammatici. Normalmente si vede un certo effetto sui salari più bassi, per ovvie ragioni, ma nessun effetto chiaro sui salari medi e sull’impiego in aggregato».

Ricordiamo che in Ticino il salario minimo in vigore da fine anno sarà compreso tra i 19 e i 19,50 franchi all’ora. La forchetta passerà a 19,50-20 franchi a fine 2023 e a 19,75-20,25 il 31 dicembre 2024. Dovrebbero essere più di 10mila i lavoratori direttamente interessati, per due terzi frontalieri e altrettante donne. A Neuchâtel il salario minimo in vigore è di 20 franchi, mentre altri tre cantoni hanno approvato alle urne una sua futura introduzione: Basilea Città, Ginevra e Giura, con soglie previste tra 20 e 23 franchi orari. In Ticino è però possibile derogare all’obbligo di retribuzione minima in presenza di Contratti collettivi di lavoro, tanto che alcune imprese del settore manufatturiero – con l’ausilio dell’organizzazione leghista TiSin – intendono introdurre nuovi Ccl per sfruttare questo ‘buco’. Recentemente, era il 28 ottobre, Partito socialista, Verdi, Partito comunista e Partito operaio popolare hanno presentato il lancio dell’iniziativa popolare ‘Per un salario minimo sociale’. La proposta è quella di togliere la possibilità di deroga in caso di Ccl e ancorare la soglia del salario minimo alla Costituzione. Soglia che nelle intenzioni della sinistra deve salire a 21,50 franchi orari.

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