Ticino

Sinodo: ‘Non è produrre documenti, ma far germogliare sogni’

È la prima volta, nella storia, che si svolge con il coinvolgimento dei fedeli. Ne abbiamo parlato con il teologo don Arturo Cattaneo

Sinodo a Lugano (Ti-Press)
20 ottobre 2021
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Il termine “Sinodo” sta in un rapporto stretto e significativo con tutta la vita della Chiesa. La parola ricalca letteralmente un’espressione greca composta da Syn, che vuol dire assieme, e Odós, strada. Sinodo significa, dunque, camminare assieme. Una nuova tappa del suo cammino è iniziata domenica e si concluderà nell’ottobre 2023. Papa Bergoglio ha evidenziato rischi e opportunità di quella che è vista come una vera e propria sfida: ovvero aprire all’ascolto e alla vicinanza, perché «la Chiesa non sia un museo, con un grande passato, ma poco avvenire». Un Sinodo, ed è qui la vera novità, che si presenta, nel suo svolgimento, con modalità e fasi inedite: non si tiene cioè solo in Vaticano, ma in ciascuna Chiesa particolare dei cinque continenti. È la prima volta, nella storia di questa istituzione, che un Sinodo si svolge, infatti, con un simile coinvolgimento dei fedeli.

Tre, come anticipato, le tappe: una prima (ottobre 2021 - aprile 2022) che riguarda le singole Chiese diocesane; la seconda, quella continentale (settembre 2022 - marzo 2023), ha come finalità quella di dialogare sul testo del documento di base ’Instrumentum laboris’; la terza e ultima tappa del cammino sinodale è quella della Chiesa universale (ottobre 2023) a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le Chiese particolari. Delle novità di questo Sinodo abbiamo parlato con il teologo don Arturo Cattaneo.

Per un laico non sempre è facile percepire il significato concreto del Sinodo. Ce lo può indicare lei?

Per molti secoli nella Chiesa è prevalso l’aspetto gerarcologico e piramidale. Emblematico al rispetto è stato il Concilio Vaticano I, che aveva riaffermato con forza la potestà suprema del Papa; un secolo dopo, il Vaticano II allargò opportunamente l’orizzonte non solo alla corresponsabilità di tutti i vescovi, che con il Papa costituiscono il Collegio episcopale, ma ricordò anche la corresponsabilità di tutti i fedeli. Dopo quel Concilio venne istituito il Sinodo dei vescovi per rendere operativa questa corresponsabilità, ma essa rimase ristretta quasi solo all’ambito episcopale. La novità introdotta ora da papa Francesco consiste nel cercare di coinvolgere tutti i fedeli nella riflessione sinodale. Perciò questo Sinodo si è aperto domenica in tutte le diocesi del mondo e con la partecipazione di tutti i fedeli! Qualcosa che non si era mai visto nella storia bimillenaria della Chiesa!

Dalla Chiesa universale, dunque, alla diocesi, e ritorno. Quali sono le criticità e le tematiche che dovrebbero essere secondo lei affrontate?

Penso che qui occorra chiarire che non si tratta di un Sinodo diocesano o nazionale nel quale si possono discutere tanti temi. Questo è un Sinodo episcopale e quindi della Chiesa universale. Questi Sinodi dibattono su di una questione precisa che è lo stesso Papa a scegliere. L’attuale Sinodo è incentrato sulla questione del come rendere la Chiesa più sinodale, potremmo anche dire: come far sì che si diffonda in tutti i fedeli la mentalità o lo spirito sinodale, del camminare insieme come Chiesa, riprendendo il suo significato più stretto. Nella lettera “I cristiani? Quelli della via!” il nostro vescovo, Valerio Lazzeri, si chiede quale sia il modello sinodale più corrispondente alla nostra Chiesa. Egli osserva anzitutto che non ci sono “soluzioni magiche e preconfezionate”. Nella sua risposta non si riferisce alle strutture ecclesiastiche ma all’atteggiamento dei fedeli. I punti da lui evidenziati sono: l’ascolto reciproco, l’aprirsi alle necessità altrui, l’esercitarsi nella fraternità, il superare sfiducia e rassegnazione (il vescovo parla dei “grovigli del nostro cuore” che ci impediscono di sognare) e soprattutto il riscoprire la vita di preghiera. Camminare insieme significa, infatti, anzitutto camminare con Gesù. Solo così saremo “quelli della Via”.

Quale Chiesa ticinese scaturirà dopo il Sinodo?

La nostra Chiesa non mi sembra avere problemi particolari, anzi mi sembra di poter dire che ha meno problemi di tante altre Chiese. Ciò non significa che vada tutto bene… Direi che soffre anch’essa di quella crisi di fede e quindi di vita cristiana, di cui soffre gran parte del mondo occidentale. Perciò rispondo alla sua domanda con una considerazione che vale non solo per la nostra Chiesa, ma per tante altre. Il documento di preparazione al Sinodo parla di “conversione sinodale” e invoca lo Spirito Santo, affinché ci renda attenti all’appello a promuovere una Chiesa sinodale, in cui sia presente uno “stile” e una “mentalità sinodale”, una Chiesa cioè nella quale si “cammina insieme”. Perciò, a proposito di come spero che evolva la nostra Chiesa dopo il Sinodo, direi che dovrebbe essere più attenta allo Spirito Santo. Anzi, lo dovrebbe essere già fin d’ora, affinché questo processo sinodale porti i frutti auspicati. Il documento preparatorio suggerisce di chiedere “allo Spirito di farci scoprire come la comunione, che compone nell’unità la varietà dei doni, dei carismi, dei ministeri, sia per la missione: una Chiesa sinodale è una Chiesa in cui si cammina insieme ‘per uscire’ in missione, è una Chiesa missionaria, con le porte aperte”, come non si stanca di ricordare il Papa. Solo con l’aiuto dello Spirito Santo potrà compiersi quanto Francesco ha indicato quale scopo del Sinodo e di questa consultazione. Esso “non è produrre documenti, ma far germogliare sogni, suscitare profezie e visioni, far fiorire speranze, stimolare fiducia, fasciare ferite, intrecciare relazioni, risuscitare un’alba di speranza, imparare l’uno dall’altro, e creare un immaginario positivo che illumini le menti, riscaldi i cuori, ridoni forza alle mani”. È perciò un invito a riscoprire un aspetto essenziale della Chiesa, quale popolo di Dio in cammino, aiutandoci l’un l’altro per aprirci alle necessità del mondo.

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