Ticino

Violenza domestica, sì alle nuove proposte per combatterla

Il Gran Consiglio dà il via libera al potenziamento delle strutture e allo stop dei costi a carico della vittima dopo 35 giorni in una casa protetta

Ti-Press
22 giugno 2021
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Una linea telefonica gratuita e attiva 24 ore su 24, il potenziamento delle strutture d’accoglienza, verificare l’opportunità e la necessità di creare delle strutture di sostegno e accoglienza temporanea per persone a rischio di diventare autori di violenza e la richiesta di trovare una soluzione per evitare che, come avviene ora, dopo un soggiorno di 35 giorni chi ha subito una violenza debba pagare il proprio soggiorno in una casa protetta. Sono queste le richieste formulate dal Gran Consiglio che, in attesa del Piano d’azione cantonale contro la violenza domestica, accoglie una mozione del Pc e parzialmente due dell’Mps decidendo così di chiedere ulteriori sostegni alle vittime di violenza domestica.

La Mantia (Ps): ‘È un fenomeno devastante’

«28 femminicidi consumati e 86 tentati in Svizzera nel 2020: non credo serva altro per dimostrare la pertinenza e l’importanza di quanto proponiamo», afferma la relatrice del rapporto commissionale Gina La Mantia (Ps). «La violenza può riguardare chiunque, è un fenomeno devastante e svilente della donna in quanto tale - prosegue la deputata socialista -. Quindi speriamo che questi provvedimenti vedano la luce. Il potenziamento delle strutture, ad esempio, deve riguardare anche interventi sui traumi psicologici con consulenze di operatori sociali per favorire l’emancipazione delle donne che subiscono violenza». Ma al centro c’è anche una questione fondamentale, quella economica: «Il soggiorno di una vittima di violenza per i primi 35 giorni è finanziato attraverso la Legge sull’aiuto alle vittime, ma oltre questo limite viene fatturato 30 franchi al giorno e 20 per ogni bambino. La permanenza media è due mesi, nel 2020 addirittura a tre mesi. La commissione - afferma La Mantia - ritiene sia importante sostenere le donne al meglio, senza dover chiedere un contributo alle spese che molte delle vittime non sono in grado di coprire. Il fatto che a chi subisce violenza possa rimanere accollato un debito dopo aver cercato rifugio urta il sentimento di giustizia ed è controproducente».

Il liberale radicale Alex Gianella rileva che «questo tema riguarda ognuno di noi, le cifre sono impietose: la prevenzione e la lotta a questi fenomeni deve essere su ogni livello e la prevenzione deve essere rivolta a tutta la popolazione». Sostegno anche dalla leghista Maruska Ortelli - «bene queste basi per proteggere maggiormente le donne» - e da Nadia Ghisolfi (Ppd). La deputata popolare democratica chiede anche di «accelerare il lavoro, perché questo ultimo anno di pandemia ha accresciuto i problemi di convivenza in alcuni nuclei famigliari dando vita a nuove forme di violenza». Se Tiziano Galeazzi (Udc) sostiene il rapporto ma ricorda che «anche tanti uomini subiscono violenza, magari quelli con un carattere non forte con una moglie che è una massaia» (sic), per Più donne Tamara Merlo rileva che «più di mille interventi di polizia mostrano come la violenza domestica non deve essere derubricata al livello di un furto in casa, deve avere la dignità di un capitolo a sé per rendere davvero chiaro che il Consiglio di Stato la considera una priorità e non solo uno dei tanti punti del programma di legislatura».

Gobbi: ‘Piano d'azione cantonale nel 2022’

Il direttore del Dipartimento istituzioni Norman Gobbi assicura che il Piano cantonale «arriverà nel 2022», e riconosce che si tratta di «un tema che fortunatamente è uscito dall’ambito della sfera privata per entrare a pieno titolo nella sfera pubblica e nell’attività di prevenzione e presa a carico dello Stato. Quando una pattuglia della Polizia cantonale o delle polizie comunali interviene tutela la vita di una persona, viene vista come un’ancora di salvezza. Il Piano che elaboreremo avrà al centro anche il concetto di consapevolezza collettiva di questo problema».

Le Donne liberali radicali, con una nota stampa, salutano “con soddisfazione” la decisione del Gran Consiglio, ma che il tutto “va inserito in un contesto più ampio di comprensione del fenomeno affinché non ci si limiti a tentare di arginare un'emorragia con dei semplici cerotti, ma si agisca a livello strutturale”.

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