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Comunali 2021: elettori più mobili e meno fedeli

Prende sempre più piede la scelta di dare il voto ai candidati a discapito delle liste. Il politologo Pilotti: ‘Ma i partiti hanno ancora ragion d’essere’

26 aprile 2021
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Più persone e meno partiti. Dall’introduzione delle schede senza intestazione nel 2007, si tende a dare maggiormente il voto ai singoli candidati piuttosto che alle liste. Introdotte per incentivare al voto chi non si riconosce nei partiti, da allora alle elezioni comunali queste schede sono aumentate del 6% nei cinque maggiori centri urbani.

Il record va a Bellinzona dove per il Municipio ne sono state conteggiate 3’995, il 26% del totale, contro le 3’815 andate alla lista più votata, il Partito liberale radicale. Secondo il sindaco uscente della capitale Mario Branda (Ps) questa tendenza vede contrapposti «da un lato l’evidente segnale di una significativa perdita d’importanza della componente ideologica, effetto a lungo termine anche del crollo del muro di Berlino, dall’altro il tradizionale sentimento di appartenenza partitica». Renato Bison, municipale Plr, interpreta la situazione come un distacco da movimenti e partiti, dove sono presenti regole e programmi, per dare più valore alle persone. «Non penso sia voler andare contro la politica. Il sistema di elezione che abbiamo permette comunque di riprendere una parte dei voti. Se qualcuno vota un candidato, ma non il suo movimento qualcosa torna. Bisogna cercare di capire queste persone. Trattasi di un cambiamento di mentalità che va rispettato».

Nel 2008 a Lugano queste schede per l’esecutivo erano il 15%. Oggi sono il 21% e sfiorano il risultato di Lega dei ticinesi e Udc. Lorenzo Quadri, municipale leghista, ritiene la crescita «problematica nella misura in cui per sostenere le persone ritenute meritevoli esiste già la possibilità del panachage. Quale posizione hanno gli elettori delle schede senza intestazione in campo di fiscalità, viabilità, promozione dell’occupazione, eccetera? Impossibile saperlo». Per Cristina Zanini Barzaghi, municipale socialista, è pesata l’assenza di comizi e dibattiti sul territorio in cui «i candidati hanno la possibilità di farsi conoscere meglio. A Lugano in più si aggiunge la nascita di piccoli movimenti politici che crea ulteriore confusione. Una possibile risposta per migliorare la situazione potrebbe essere la reintroduzione della congiunzione delle liste, così da avere delle coalizioni con idee comuni chiare e più facili da comprendere».

A Mendrisio le schede senza intestazione per il Municipio sono passate dal 15 al 19%. «Credo che il successo sia dovuto principalmente alla visibilità e alla comunicazione che una persona può trasmettere personalmente ai cittadini, in particolar modo se attivo in alcune società della città di Mendrisio». Così il Plr Massimo Cerutti, eletto in municipio, secondo il quale, inoltre, non bisogna dimenticare che «per raggiungere un successo elettorale è importante una partecipazione attiva agli eventi sportivi, culturali e sociali presenti nella città». E per Françoise Gehring Amato, municipale di Insieme a Sinistra, quelle schede rappresentano «quasi un partito a sé stante. È ovvio che il massiccio ricorso alla scheda senza intestazione impone a tutti i partiti, le formazioni e i movimenti una profonda riflessione».

La situazione non disturba invece Bruno Arrigoni (Plr), sindaco di Chiasso, dove la tendenza è meno marcata, come d’altronde nella città di Locarno. «Non mi aspetto nei prossimi anni un aumento esponenziale, ma presumo che resteranno tra il 10 e il 20% dei votanti. Ritengo più preoccupante il fatto che circa il 40% degli aventi diritto non si rechi alle urne». Davide Lurati, municipale Ppd, crede d’altronde che «la singola persona che non si presenta alle elezioni in liste di partito, con l’attuale sistema, molto difficilmente riuscirà a essere eletta. Le schede senza intestazione contribuiscono sicuramente al successo dei candidati che su di esse ottengono molte preferenze, ma sono solo un piccolo pezzo del puzzle finale sinonimo di elezione».

L’indipendente Pierluigi Zanchi eletto a Locarno per i Verdi si smarca: «La gestione di un comune non dovrebbe dipendere dalle ideologie, ma dalle capacità e dalle competenze professionali e relazionali delle persone elette. La sfiducia nelle istituzioni è cosa gravissima e dovrebbe farci riflettere». La municipale di Sinistra Unita Nancy Lunghi crede che «i partiti devono impegnarsi a contrastare questo fenomeno cercando di diventare attrattivi anche e soprattutto per i giovani e per le persone tra i 35 e i 50 anni. A Locarno, con la nostra campagna di rinnovamento, stiamo provando ad andare in questa direzione. Siamo convinti che con una base forte si possano concretizzare progetti e idee più facilmente».

IL POLITOLOGO

‘Ma i partiti servono ancora’

Gli elettori che ricorrono alla scheda senza intestazione «sono poco o per nulla interessati alla politica e, ad esempio, sono insoddisfatti della propria situazione economica e di quella del Ticino», commenta il politologo Andrea Pilotti, ricercatore all’Istituto di studi politici dell’Università di Losanna. «Anche a livello svizzero l’elettorato di appartenenza tende al ribasso, mentre aumenta quello di opinione, molto più mobile e meno fedele». È nei partiti delle grandi famiglie tradizionali, come liberali, democristiani e socialisti che molti elettori non si sentono più rappresentati e che quindi rivendicano una propria indipendenza. La fascia d’età maggiormente interessata è la 18-30 anni, più portata a individualizzare la politica. Gli over 50 sono invece statisticamente più propensi a scegliere il partito. «Secondo le nostre inchieste di opinione», prosegue Pilotti, «i giovani tendono in misura maggiore rispetto ad altri gruppi di età a non situarsi né a destra né a sinistra. Per i partiti è una sfida riuscire a fidelizzarli. Per dialogare con loro stanno rilanciando i movimenti giovanili».

Come spiegato da Pilotti, a partire dagli anni 90 i partiti storici si sono confrontati con una crisi delle ideologie. Sono sopravvenuti cambiamenti repentini, contraddistinti, ad esempio, da tematiche legate all’ambiente e al ruolo della donna. «I partiti sono stati chiamati a rivedere le loro capacità di risposta e non sempre ci sono riusciti a causa delle loro strutture rigide», puntualizza il politologo. «Così una parte crescente dell’elettorato ha cominciato a riconoscersi in certe aree di pensiero, ma non in un partito specifico». Ad esempio, la Lega dei ticinesi nasceva 30 anni fa come movimento e ancora oggi si definisce tale. In origine il suo obiettivo era andare contro i partiti tradizionali e denunciarne le strutture datate. «Da un lato è una politica legittima», spiega Pilotti, «dall’altro penso sia un movimento che oggi dovrebbe darsi delle strutture organizzative più simili a un partito». Questo perché nelle ultime elezioni comunali la chiave di lettura di molti successi «è stata una certa struttura e organizzazione. Elementi che possono rivelarsi utili, anche nell’assicurare una comunicazione nelle sezioni locali». Per Pilotti i partiti sono chiamati a innovarsi e a rinnovarsi. «Hanno ancora una ragion d’essere. Idealmente è interessante dire che ogni cittadino possa comunicare individualmente con il governo, ma la Storia insegna che bisogna potersi unire per farsi sentire».

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