Ticino

Con la pandemia aumentano i disturbi del sonno

Il Covid può interferire sul riposo notturno, come pure i fattori psicologici e il cambiamento delle abitudini in questo periodo particolare

(Depositphotos)

«I disturbi del sonno rappresentano sempre più un importante problema di salute pubblica», ha ricordato il dottor Fabrizio Barazzoni direttore della Fondazione europea del sonno durante una conferenza sul tema. Disturbi dei quali si registra un aumento in questo anno segnato dalla pandemia. Le cause solitamente sono miste, hanno spiegato i medici presenti, dunque psicologiche e organiche. In molti casi il Covid–19 può interferire con il sonno e i motivi sono ancora al vaglio degli scienziati. Un’ipotesi c’è ed è legata al fatto che "il virus avrebbe un effetto sulla melatonina, l’ormone che regola il ritmo sonno–veglia", si legge nel comunicato della fondazione. «Molto dipende anche dalla severità della malattia e dalla condizione del paziente», ha precisato il dottor Claudio Bassetti, presidente della fondazione.

Per chi non ha contratto il virus vi sono comunque degli aspetti psicologici che possono portare a problemi del sonno. «Un esempio: il fatto di trascorrere molto tempo a casa senza riferimenti di lavoro o altra natura, può cambiare il ciclo sonno–veglia», ricorda il dottor Mauro Manconi, neurologo e responsabile del Centro della medicina del sonno presso il Neurocentro della Svizzera italiana di Lugano.

Importante fattore di rischio per un decorso grave della malattia Covid–19 è l’obesità. Essa aumenta di due volte il rischio di ricovero in terapia intensiva, mentre quello di subire una ventilazione meccanica sale di circa tre volte», spiega il dottor Winfried Randerath, pneumologo e specialista di medicina del sonno. Il quale rende attenti anche che il Covid–19 non è esclusivamente una malattia pericolosa per gli anziani: «L’obesità è il fattore di rischio più importante per il cattivo esito nella popolazione giovane». Riguardo alle interazioni fra coronavirus e sindrome delle apnee notturne i dati clinici disponibili sono ancora molto limitati, riferisce il dottor Randerath, ma degli studi mostrano che «Il 20-30 per cento dei pazienti Covid soffre anche di apnea del sonno».

Indipendentemente dalla situazione pandemica i disturbi legati al riposo notturno sono molto presenti nella popolazione: «La durata media del sonno negli ultimi venti anni è diminuita di ben 40 minuti, il 3–5 per cento della popolazione generale assume regolarmente dei sonniferi e già prima della pandemia il 30 per cento delle persone soffriva di insonnia o di altri disturbi cronici del sonno», ha spiegato il dottor Barazzoni, ricordando anche un altro punto importante: «Il 20–30 per cento degli incidenti stradali sono dovuti ad attacchi di sonnolenza e circa un terzo della popolazione ammette di essersi addormentato al volante nell’ultimo anno». F.C.

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