Ticino

Dati sull’impiego, l’Ust: ‘Un errore che non si ripeterà’

L’errore (i posti persi a fine 2020 sono 4mila e non 10mila) ha riguardato il Ticino per “un'occorrenza assolutamente casuale“

(Depositphotos)
10 marzo 2021
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«Un errore che non si ripeterà». È quanto assicura il vicedirettore dell’Ufficio federale di statistica Livio Lugano commentando la svista sui dati d'impiego concernenti il Ticino (sono 4mila i posti di lavoro persi in Ticino a fine 2020, e non 10mila come precedentemente annunciato; rispetto all’ultimo trimestre del 2020, la contrazione risulta dunque dell’1,8 e non del 4,4%). «Si è trattato di un problema nell’elaborazione dei dati provenienti dal settore ospedaliero, che purtroppo ci è sfuggito prima della loro pubblicazione perché i numeri della sanità sono aggregati a tutti quelli del settore servizi», spiega Lugano. È stato l’Ufficio cantonale di statistica ticinese (Ustat) a segnalare il dato sospetto: «Grazie a loro ci siamo subito potuti attivare, comunicando ai media già la settimana scorsa il possibile errore e correggendolo il più presto possibile. Ci spiace molto per l’accaduto, ma si tratta di un errore che non si ripeterà: abbiamo già individuato la vulnerabilità nel trattamento dei dati e stiamo prendendo le misure idonee a evitarlo». Quanto al fatto che l’errore riguardi solo il Ticino, «si tratta di un’occorrenza assolutamente casuale: è cambiato il protocollo di trasmissione dei dati da parte di un operatore del settore ospedaliero, e nonostante i dati che ci ha inviato fossero corretti non sono stati trattati nel modo giusto».

Oltre al fatto che la flessione in Ticino è comunque sensibilmente superiore alla media Svizzera, resta il fatto che gli impieghi bruciati sono 4mila, mentre sono ‘solo’ mille i nuovi iscritti agli Uffici regionali di collocamento (ora a poco meno di 6'500 unità). Dove sono finiti gli altri 3mila? «Per capirlo occorre aspettare nuovi studi e dati più consolidati. Un’ipotesi è che a essere stati colpiti possano essere molti frontalieri». Eppure le statistiche che li riguardano non accennano a scendere, anzi a fine anno erano aumentati di qualche centinaio, cosa che ha fatto storcere qualche naso nella politica locale. Ma «occorre fare attenzione a non confrontare così due statistiche diverse», chiosa Lugano, tanto più che i permessi G scadono solo sei mesi dopo la perdita dell’impiego. «Quella sui frontalieri è una proiezione, il dato definitivo arriva solo a 18 mesi dal rilevamento, quando si può fare affidamento sui dati Avs. Il modello che utilizziamo cerca comunque di essere accurato nel tenere in conto le diverse variabili, ma non possiamo escludere che le condizioni estreme della pandemia abbiano rappresentato uno ‘shock’ anche per la nostra metodologia». Molto colpiti dai lockdown, d’altronde, sono proprio settori che impiegano un tasso elevato di frontalieri.

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