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'Abolire spese procedurali per vittime di violenza di genere'

Mozione al Consiglio federale la deputata al Nazionale dei Verdi Greta Gysin: 'Meno del 20% fa una denuncia, togliamo almeno questo scoglio economico'

Ti-Press
9 marzo 2021
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“Bisogna abolire le spese procedurali per le vittime di violenza di genere”. A chiederlo è la consigliera nazionale dei Verdi Greta Gysin, con una mozione inoltrata al Consiglio federale proprio ieri, giornata internazionale dei diritti della donna. La richiesta è che l’Esecutivo presenti un disegno di atto legislativo “per garantire alle vittime di violenza sessuale, violenza domestica o più in generale violenza di genere (incluso lo stalking) la presa a carico da parte dello Stato delle spese procedurali indipendentemente dalla condizione economica della presunta vittima”. 

«Il Codice penale già punisce questi comportamenti lesivi della persona - spiega Gysin alla ‘Regione’ -, ma il grande problema sono gli scogli da superare per arrivare a una denuncia. Sono troppo grandi, infatti secondo i dati dell’Ufficio federale di statistica solo il 18,2% delle donne che hanno subito violenza trova il coraggio di denunciare l’accaduto». Per la consigliera nazionale verde «l’ostacolo più grande è culturale, perché c’è paura di esporsi socialmente anche con la famiglia e gli amici, a volte c’è un legame di dipendenza psicologica verso la persona che esercita violenza. Ma spesso questa dipendenza è anche finanziaria». E se per superare gli ostacoli culturali «purtroppo ci vuole molto tempo», lo scoglio delle spese procedurali «è un atto di veloce e facile soluzione» afferma Gysin.

Che aggiunge: «Quando si fa una denuncia bisogna prendersi carico delle spese, nel caso in cui la violenza venga confermata davanti a un giudice avviene il risarcimento. Ma è comunque un ostacolo non da poco, perché sono somme ingenti e possono spaventare non solo chi non può permettersele». Togliere questo ostacolo per la deputata al Nazionale dei Verdi «rappresenterebbe un segnale forte di uno Stato che incoraggia le vittime di violenza a esporsi, a far valere i propri diritti senza preoccupazioni di ordine finanziario. Non è la soluzione per tutto, perché serve molto altro. Ma sarebbe un passo importante». Verso anche quel cambiamento culturale auspicato quanto doveroso? «Certo - risponde Gysin -. Per ottenerlo servirebbe cominciare da subito, da scuola, in ottica di prevenzione e sensibilizzazione per insegnare a essere attente alle forme di violenza anche più subdole e a non banalizzare il problema».

Richieste anche da Ps e Più donne

Sempre ieri, ma a livello cantonale, sono stati depositati altri due atti parlamentari a tema. Con una mozione le deputate del Partito socialista - prima firmataria la copresidente Laura Riget - chiedono al Consiglio di Stato di istituire l’8 marzo giorno di libero per tutte le impiegate dell’Amministrazione pubblica. Questo, si legge, “servirebbe a compensare, in parte, lo scarto salariale che ancora esiste tra uomini e donne”. Uno scarto “che nel settore pubblico è peggiorato, passando dal 16,7% del 2016 al 18,1% del 2018. Non è più accettabile l’inspiegabile differenza salariale tra i sessi”. Sulla parità salariale fa sentire la sua voce anche Più donne, che con un’interpellanza firmata dalle deputate Tamara Merlo e Maura Mossi Nembrini, chiede al governo quale sia la situazione a sei mesi dall’entrata in vigore dell’emendamento di Più donne alla Legge sull’innovazione economica che chiedeva di vincolare gli incentivi al rispetto della parità salariale.

Nel 2020 al Consultorio delle donne richiesti 324 colloqui

Dai dati del rapporto di attività 2020 pubblicati ieri dall’Associazione consultorio delle donne emerge che i colloqui effettuati lo scorso anno sono stati 324. Di questi 115 sono stati chiesti da persone coniugate, 14 da persone separate, 3 da nubili o celibi, 8 da conviventi, 12 da separati dopo una convivenza, 12 da divorziati o separati legalmente, 11 da persone in una relazione e 12 da separati dopo una relazione. A livello di cittadinanza, in 63 casi hanno coinvolto persone svizzere, in 40 casi cittadini dell’Unione europea e 18 persone provenienti fuori dall’Ue. Su questi 324 colloqui, in 80 casi il motivo riguardava una violenza subita: in 42 casi fisica, in 14 casi psicologica, in 4 casi sessuale, in 6 casi stalking, in 5 casi mobbing e in 9 casi di natura economica.

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