Ticino

A Losanna si riapre e torna il lassismo

Dopo un mese di semi-lockdown le persone hanno ripreso a uscire rispettando con difficoltà il distanziamento

‘Bolle di plastica’, in un bar-ristorante del quartiere Flon
(keystone)

Losanna, centro città. È un weekend di festa, come non se ne vede da tempo. Dopo oltre un mese di chiusura generalizzata imposta dal Cantone, le insegne di bar e ristoranti tornano a illuminarsi nell’aria fredda di dicembre. Le strade si riempiono, gremite di persone. Non si rincasa prima delle 23. Così sarà per l’insieme dei cantoni romandi e per Obvaldo, almeno finché la situazione epidemiologica rimarrà controllata rispetto alle soglie di diffusione e incidenza del virus stabilite dal Consiglio federale lo scorso venerdì 11 dicembre. Un altro mondo rispetto al Ticino, costretto da sabato a chiudere tutti gli esercizi pubblici alle 19.

Nel quartiere di Flon, uno dei più animati della città, è ritorno alla vita. Piove a dirotto, eppure i marciapiedi sono pieni. Chi ha dimenticato l’ombrello a casa si ripara sotto gli archi del Grand-Pont. Nei locali, il telefono non fa che squillare, le riservazioni si moltiplicano. Fuori da qualcuno dei bar più frequentati, qualche capannello di ragazzi ride e scherza, lattina in mano, in attesa di un tavolo libero. Gli esercenti fanno però il massimo per far rispettare le regole alla lettera. Dopo tanti sacrifici, la tensione gli si legge negli occhi. Per far fronte all’altissima domanda di prenotazioni, molti hanno deciso, per il momento, di accogliere solo la clientela che usufruisce anche del servizio di ristorazione, oltre a quello bar. Al bar-ristorante Officine hanno invece stabilito dei turni di prenotazione serale, per gestire i flussi di clientela in maniera misurata ed evitare assembramenti all’esterno. Chi entra alle 17 deve uscire alle 19, chi alle 19 deve congedarsi entro le 21, e solo chi occupa il tavolo alle 21 può rimanere fino alla chiusura. Per assicurare il rispetto degli orari, c’è chi invece si adopera con soluzioni alternative. Sono le 22 e 40 spaccate a Les Brasseurs, uno dei risto-bar storici della città, quando si sente un gong suonare, ad avvisare che non è più possibile prendere ordinazioni. Alle 23 risuona nuovamente, un invito a lasciare ordinatamente il locale. La gente sbuffa, contrariata, ma si avvia verso l’uscita. In fondo, dopo essere stati a casa così a lungo, ci si sa accontentare. Imposto dal Canton Vaud sulla scia dell’intera Romandia, il semi-lockdown, che ha fatto chiudere le serrande a tutte le strutture attive nel mondo dell’intrattenimento, tra cui bar, ristoranti, musei, cinema e palestre, è iniziato il 4 novembre e si è concluso lo scorso 9 dicembre. Soltanto i negozi hanno potuto rimanere aperti. Trentasei giorni lunghi, che i romandi si vogliono lasciare alle spalle.

Più incuranza delle regole rispetto al Ticino

Trentasei giorni che Giada Ehrensperger, ventisettenne luganese studentessa di psicologia all’Università di Losanna, ha vissuto uno per uno. «Rivivere un mese intero di semi-lockdown non è stato piacevole, soprattutto sapendo che in altri cantoni queste misure non erano state prese, ma l’abbiamo accettato. Non avevamo molta scelta». «La cosa che più mi è dispiaciuta – continua – è il fatto che ristoranti e bar abbiano preso numerose misure di precauzione spendendo anche molti soldi e che questo non abbia comunque permesso loro di tenere aperto». La situazione epidemiologica nel Canton Vaud è al momento sotto controllo, ma «da quando hanno riaperto bar e ristoranti, a Losanna si vede molta gente in giro, anche di sera, senza fare caso agli assembramenti, quindi ho paura che l’indice di riproduzione del virus supererà presto l’uno». Secondo Ehrensperger, tra Romandia e Ticino permarrebbe un certo contrasto rispetto alla percezione del virus e il senso civico che ne deriva: «Prima del semi-lockdown in canton Vaud c’era più menefreghismo delle norme rispetto al Ticino. Con questo voglio dire che nel centro cittadino spesso si trovavano gruppi numerosi che non tenevano le dovute distanze, e che comunque in generale c’era una grande affluenza di gente in giro».

Sforzi importanti, ma ora è più dura che mai

Secondo Gaëtan Saint-André del bar-ristorante Cipriano, situato nel cuore di Losanna, il settore della ristorazione soffre più che mai. «Nel nostro cantone abbiamo già fatto degli sforzi importanti, con l’ultima chiusura. Siamo poi consapevoli che molto presto potremmo anche noi dover sottostare all’orario di chiusura delle 19, quindi il tutto si fa complicato». E il periodo non aiuta: «Soprattutto considerando che siamo a fine anno, e in questi mesi normalmente si incassa di più, andare avanti è dura». Molte attività della regione lemanica sarebbero sull’orlo del tracollo, specifica: «Conosciamo due o tre ristoratori che hanno dichiarato apertamente che, se dovesse esserci una nuova chiusura, non avrebbero più modo di portare avanti la loro attività oltre gennaio o febbraio».

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