laR+ Il commento

La gioia per le disgrazie altrui

La sfortuna altrui può anche far piacere

28 novembre 2020
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La sfortuna altrui può anche far piacere. È la ‘Schadenfreude’ dei tedeschi (la gioia per le disgrazie altrui). Per alcuni giornali esteri, la Svizzera, efficientissima e sovrana, con uno dei migliori sistemi di sanità, con laboratori farmaceutici d’avanguardia, che risulta non migliore o più risolutiva di altri nella lotta al coronavirus, è diventata una sorta di discolpa a fronte delle proprie difficoltà e carenze. C’è di più. Un quotidiano titola: ‘Più economia, meno sanità. In Svizzera ospedali al limite’. Si avanza quindi l’implicita critica di una scelta politica gretta, disumana, dove il pil (l’economia) conta più della pelle (la salute).

Prendiamola come prova indiretta che, nonostante tutto, siamo ritenuti bravi se siamo assunti come termine di riferimento. Non vuol dire che siamo senza incongruenze. Lo stesso federalismo, ad esempio, ha scricchiolato alquanto e in una Confederazione di cantoni sempre pronta a rimproverare all’Unione europea di non trovare mai unità d’azione. E gli europei sorridono indulgenti. Se stiamo alla sola economia, due considerazioni balzano all’occhio con un pizzico di paradossale.

La prima. Può apparire vero che il Consiglio federale abbia dato ‘miglior’ priorità all’economia, in tutte le sue forme (persino allo sport), irrorandola di miliardi, con una politica doverosa e inevitabile, e contro due dogmi imperanti negli ultimi decenni: quello dello Stato che non deve mettere naso nell’economia e quello del rigido freno all’indebitamento (art.126 della Costituzione). Appare però anche qualcosa di paradossale. Si sostiene, infatti, molto più l’offerta che la domanda. In termini semplici: tutte le indicazioni economiche ci dicono che oggi abbiamo una domanda di prodotti, di beni e anche di servizi (turismo, ad esempio) ampiamente insufficiente ad assorbire la produzione attuale delle imprese o dei commerci. Per calo del reddito spendibile a causa della situazione creatasi o anche, come risulta, per eccesso di risparmio dovuto all’insicurezza del consumatore o per il calo della domanda generalizzato anche nei paesi vicini (calo delle esportazioni, che è poi la domanda estera). A rigor di logica e di politica bisognerebbe quindi concentrarsi ora maggiormente sulla domanda, con interventi a sostegno del reddito disponibile e spendibile, soprattutto ai nuclei familiari penalizzati, agli ‘esclusi’ aggiunti dalla pandemia o a chi, lavoratore nel sanitario, ad esempio, merita molto di più. Che è poi anche il modo logico-economico per dare opportunità all’offerta, a chi produce.

La seconda. Stando a un’analisi dell’organizzazione padronale la produttività delle imprese è aumentata del 16 per cento dall’inizio della pandemia, quando normalmente sarebbe stata dell’uno per cento. Strabiliante. Forse per il telelavoro? La produttività è data da minor lavoro per ottenere lo stesso prodotto. Sarebbe ora tragico dedurne che abbiamo la dimostrazione provata che si può produrre con molto meno lavoro (licenziando) e a minor costo (riducendo il reddito da lavoro) e con più flessibilità (senza contratti, in pratica). Anche in questo caso avremmo molta offerta, forse a miglior mercato, ma poi che si venderà?

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