Ticino

Commerci, nonostante il coronavirus c’è chi apre

In questi mesi di pandemia alcuni hanno deciso di andare in controtendenza e avviare un'attività

(TI-PRESS)
21 novembre 2020
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In questi mesi sono state molte le attività che hanno, loro malgrado, dovuto chiudere i battenti. Si tratta soprattutto di piccole imprese che non sono riuscite a sopportare le conseguenze del lockdown e delle restrizioni imposte dal Governo per evitare la diffusione del coronavirus. C’è però invece chi è riuscito a non chiudere e qualcun altro che si è lanciato in una nuova sfida aprendo un esercizio. Un esempio è quello di Nicola, proprietario, da ottobre, di un bar a Bellinzona: «Non mi sono soffermato troppo sulla situazione attuale – spiega –. L’opportunità è arrivata dal nulla e l’ho colta al volo. Se non lo facevo io ci sarebbe stato qualcun altro».

Dello stesso avviso anche Silvia, coordinatrice progetti di un’associazione no profit che lunedì scorso ha aperto a Lugano il suo secondo negozio. «Far partire un’attività nuova in questo periodo non è semplice – ammette –, ma avevamo in mente da tempo di creare un secondo spazio e quando si è presentata l’occasione ci siamo lanciati». Per Silvia e i suoi colleghi si è trattato anche di mandare un messaggio di speranza alla popolazione: «Ci sembrava importante continuare a credere in spinte positive e nell’importanza del contatto personale in questo periodo. Non possiamo essere felici solo chiusi in casa a ordinare tutto online».

Fra chi aveva in mente già da tempo di aprire un’attività anche Daniele, giovane cuoco che da fine giugno gestisce un take away a Olivone. «Durante il lockdown ho avuto modo di sviluppare il mio progetto, e con l’aiuto della mia famiglia sono riuscito a mettermi in proprio», racconta. Il suo tipo di offerta è stato quasi agevolato dalla pandemia: «Molta gente aveva, e forse ha ancora, paura a recarsi in un ristorante mentre da me possono ritirare il pasto e consumarlo a casa», e parla anche di un altro aspetto: «Probabilmente quest’estate ho avuto molta clientela anche perché pochi si spostavano all’estero per le ferie, e le case di vacanza della valle si sono ripopolate. Speriamo che anche in futuro si possa continuare a lavorare bene come finora».

La clientela, però, non è l’unico aspetto delicato in questo periodo, lo è anche la salute dei dipendenti: «Essendo un’organizzazione no profit, il nostro personale di vendita è composto da volontari – spiega Silvia – che spesso sono persone non più giovanissime, e dunque facenti parte della categoria un po’ più a rischio». L’entusiasmo della gente però non è mancato: «Abbiamo trovato in tempi brevi diverse persone che si sono messe a disposizione sia per l’allestimento del negozio che per la vendita».

Risposta positiva anche da parte dei clienti secondo Lorenza Sommaruga, presidente di Federcommercio, associazione che raggruppa parte della grande distribuzione e alcune società di commercianti regionali. «I ticinesi hanno mostrato di voler sostenere i negozi locali, ha voglia di acquistare articoli di qualità, di scegliere con calma ed essere consigliata personalmente». In questo momento si sta vivendo un grande spostamento delle vendite sulle piattaforme digitali: «Chi apre una nuova attività è ben conscio che non può unicamente occuparsi della vendita al dettaglio, quindi da mano a mano – spiega Sommaruga –, ma che si deve anche evolvere proponendo da subito la merce online oppure affidandosi ai social network che sono dei mezzi tecnologici validissimi per tutti noi», e sostiene: «Senza ristoranti e negozi le nostre città si spegnerebbero».

Anche nel settore della ristorazione la risposta dei clienti è piuttosto buona, afferma Gabriele Beltrami, direttore di GastroTicino, che accoglie con entusiasmo le nuove aperture: «Chiaramente non è un momento facile per inaugurare un esercizio, ma è meritevole che qualcuno creda anche adesso in un futuro in questo settore», afferma fiducioso parlando di quattro giovani che hanno aperto il loro grotto una settimana prima del lockdown. «Avevamo pensato di avviare un ristorante già l’estate precedente, ma eravamo ancora tutti dipendenti e non era possibile farlo», racconta Marco, 33 anni, il più ‘anziano’ del gruppo. Quando poi si è presentata l’occasione i quattro giovani hanno iniziato i preparativi e l’apertura è caduta una settimana prima del lockdown. «Abbiamo comunque iniziato sperando che la situazione si risolvesse velocemente, ma così non è stato», e aggiunge: «Quando abbiamo riaperto in maggio è stato come ricominciare da capo perché in una sola settimana in marzo non abbiamo avuto modo di fidelizzare la clientela. Comunque siamo riusciti a superare la prima chiusura, speriamo non ce ne sia un’altra perché sarebbe ancora più dura».

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