Ticino

'Agli anziani servono rispetto e informazioni chiare'

Giampaolo Cereghetti (Atte): ‘Importante mantenere un contatto con l'esterno per evitare l'isolamento sociale’

Giampaolo Cereghetti, presidente dell'Associazione ticinese terza età
(Ti-Press)
7 novembre 2020
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Quante volte durante questa crisi sanitaria abbiamo sentito dire quanto è importante proteggere le nostre anziane e i nostri anziani? Le persone della cosiddetta terza età, oltre a fare parte delle categorie a rischio, stanno soffrendo in questi mesi un importante isolamento sociale. Ma cosa è cambiato, dal punto di vista degli anziani, rispetto a quanto vissuto durante la prima ondata pandemica? «A fine febbraio siamo stati colti di sorpresa, ma è stato evidente sin da subito che uno sforzo collettivo avrebbe probabilmente appiattito la curva dei contagi – ci spiega Giampaolo Cereghetti, presidente dell’Associazione ticinese terza età (Atte) –. Oggi è cambiata la tempistica, le autorità ci parlano di una durata dell’emergenza che arriverà almeno fino alla prossima primavera. Mi sembra di cogliere qualche segnale di una presenza crescente di reazioni d’insofferenza all’idea che, dopo la vacanza estiva, occorra ritornare a controllarsi in modo rigoroso. Credo che in ciò si possa cogliere anche un problema di comunicazione».

In che senso?

Durante la prima ondata ritengo siano stati commessi degli errori nella gestione delle informazioni. Errori quasi di retorica, che hanno suscitato perplessità, per esempio fra gli anziani destinatari di alcuni messaggi forti. Nel corso dei mesi, da molte, forse troppe fonti, anche se con buone intenzioni, sono arrivate comunicazioni parzialmente contraddittorie se non addirittura contrapposte. Si è così instaurata una sorta di cacofonia, e troppi hanno sentito il dovere di dire la loro. Il risultato è che non tutte le persone sono state in grado di leggere e interpretare questa marea di informazioni, correndo il rischio di farsi suggestionare dalle voci circolanti su internet piuttosto che da notizie raccolte durante le occasioni più disparate. Ognuno avendo poi ritenuto solo quello che gli faceva comodo. 

Quindi anche l’atteggiamento degli anziani ora è diverso?

Trovo che siano stati molto ligi e obbedienti nella prima fase. Ora non sono così sicuro che tutti siano disposti a rispettare totalmente disposizioni molto restrittive. La maggioranza credo continui a seguire con diligenza le raccomandazioni delle autorità sanitarie. Altri anziani fanno invece fatica, e v’è chi lo verbalizza con franchezza, ad accettare l’idea di dover condurre per altri mesi una vita da rintanati. 

Cosa vi aspettate dalla popolazione attiva?

Non so se ci saranno nuovamente le azioni spontanee di volontariato, speriamo di sì. Ma forse più che correre in giro a fare la spesa per gli anziani, che potrebbe comunque essere un servizio utile per certuni, io spero che sia possibile rafforzare, col concorso di tutte le generazioni, un’immagine positiva dell’anziano, non appiattita sugli stereotipi della persona necessariamente fragile o, peggio, addirittura di peso per la società. Il gruppo folto degli anziani, anche della quarta età, non è inutile nel contesto sociale; i vecchi meritano rispetto per quello che hanno fatto quando erano attivi nel lavoro e per ciò che ancora possono offrire come cittadini attivi e consapevolmente responsabili. 

È possibile per gli anziani mantenere la loro dignità durante una crisi sanitaria che gli impedisce quasi di uscire di casa?

Questo è un tema di cui cerca di occuparsi l’Atte, anche in questo momento dove i nostri 12 centri ricreativi sono chiusi. Abbiamo per esempio aperto il numero verde 0800 00 29 00 che è tuttora attivo, per dare la possibilità a chi è solo di fare quattro chiacchiere. Sono state consegnate delle edizioni speciali della rivista ‘terzaetà’, perché non tutti gli anziani sono digitalizzati. Abbiamo poi intensificato i nostri interventi sul sito internet, sulla pagina Facebook e nelle nostre newsletter. Il problema è che, pur essendo alcune migliaia i soci che mostrano una certa dimestichezza con questi mezzi, ve ne sono almeno altrettanti che continuano a preferire la comunicazione cartacea. Per questa ragione stiamo promuovendo un ciclo di videoconferenze gratuite per meglio familiarizzare gli anziani rispetto all’uso di determinati supporti tecnologici. E poi ci sono i corsi dell’UNI3: queste lezioni, al di là dei loro contenuti culturali solitamente molto apprezzati, danno un senso di appartenenza a una comunità. È importante avere un’opportunità di indirizzare il pensiero e le emozioni della giornata oltre le preoccupazioni legate alla crisi sanitaria.

Tra l’altro, anche noi a ‘laRegione’ ci siamo chiesti cosa potessimo fare per le nostre anziane e i nostri anziani, in quale maniera accompagnarli in questo periodo. Abbiamo pensato di offrire gratuitamente il giornale, sia cartaceo che digitale, a tutti gli over 65 fino alla fine dell’anno. Cosa ne pensa?

Credo che sia una buona cosa raggiungere quegli anziani che non hanno un abbonamento a nessun giornale, a maggior ragione se questi vivono da soli. È importante poter mantenere il contatto verso l’esterno, avere una fonte d’informazione corretta, chiara e di conseguenza meno ansiogena, che dia delle prospettive. Perché esiste un futuro anche per l’anziano.

(nrd https://www.laregione.ch/pro65 con il formulario per la richiesta)

Ci sono altre modalità in cui una testata come la nostra potrebbe essere di aiuto?

A livello finanziario abbiamo qualche difficoltà perché molte delle nostre attività sono ferme o funzionano a ritmi ridotti. Per questo risulta difficile mantenere il contatto con tutti gli associati, soprattutto con i non digitalizzati. Il giornale potrebbe darci una mano nel portare notizie rispetto a quello che stiamo facendo perché, anche se con qualche limitazione, ci siamo ancora!

Non c’è solo una terza età sofferente dunque…

La categoria degli anziani è un universo molto diversificato. Come ogni fascia di età, ha la sua percentuale di persone con problemi di salute. Ma ci sono anche anziani che mostrano una notevolissima capacità di resilienza. In questi mesi ho visto figure, in prevalenza femminili ma non solo, straordinariamente equilibrate nella percezione di questa situazione. L’UNI3 è un’occasione per verificarlo: vi si incontrano anche grandi anziani vivaci e curiosi che seguono i corsi con entusiasmo, mostrando una partecipazione appassionata che fa capire quanto siano orientati al futuro e non pensino affatto di dover aspettare la fine ripiegati su loro stessi. 

Qual è il timore più grande degli anziani in questo momento?

Credo possano temere di non avere abbastanza tempo e occasioni di godersi i rapporti familiari, che in tarda età diventano un’esigenza profonda. In molti c’è il timore di non poter più incontrare i nipoti, che spesso rappresentano per i nonni una vera e propria ragione di vita. Non penso comunque che ci sia necessariamente negli anziani una grandissima preoccupazione per la propria salute. Nessuno ha voglia ovviamente di ammalarsi in modo grave e la consapevolezza di appartenere a una categoria a rischio rende di necessità prudenti e forse un po’ timorosi, ma non ho avvertito panico o particolare inquietudine. È piuttosto la sensazione dell’abbandono, del trovarsi esclusi e fuori dai giochi a preoccupare oggi gli anziani.

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