Ticino

Un punto a favore del diritto di cronaca

La Pretura penale ha assolto un collega di tio.ch perché il nome di una vittima di reato era reperibile pubblicamente in rete. Non ha violato segreti

(foto Ti-Press)
17 settembre 2020
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Un giornalista può divulgare fatti di dominio della rete, come nomi e fotografie, senza esporsi a perseguimento penale. Con una sentenza che segna un punto a favore dell’informazione al pubblico e non scontata perché a sostenere l’accusa c’era lo stesso Procuratore generale Andrea Pagani, la giudice Sonia Giamboni della Pretura penale ha assolto un collega di tio/20minuti. La notizia è stata diffusa dal sito stesso sito tio.ch. 

I fatti 

Il giornalista - spiegano i colleghi di tio.ch - aveva riferito la notizia della 22enne turista inglese trovata morta il 9 aprile 2019 in una stanza di un albergo a Muralto, indicando il nome della vittima e pubblicando alcune foto scaricate in rete, e per questo è stato condannato, con decreto di accusa, per il reato di pubblicazione di deliberazioni ufficiali segrete. La vicenda, che vedeva implicato il compagno germanico subito arrestato e tuttora in carcere, fece scorrere fiumi d’inchiostro. In aula, durante il processo svoltosi a Bellinzona qualche settimana fa, il Procuratore generale ha contestato la divulgazione del nome della vittima. A suo dire, la pubblicazione aveva violato l'articolo 74 del Codice di procedura penale, secondo cui l’identità nell’informazione al pubblico può essere fatta se, citiamo, “la vittima o, se deceduta, i suoi congiunti vi acconsentono". Per cui, sempre per il Procuratore generale, il giornalista andava condannato per il reato dell’art. 293 CP, ovvero per la “pubblicazione di deliberazioni ufficiali segrete”.

Di diverso avviso era stato il difensore del giornalista, l’avvocato Mattia Tonella dello studio Molo Avvocati che ha ricordato come le informazioni fossero state reperite in rete, da altri media europei disponibili online a chiunque in quei giorni digitasse in un motore di ricerca la parola 'Muralto'.

Durante il processo il Procuratore generale Pagani ha sostenuto che: «I ticinesi leggono solo tio, ticinonews, cdt, regione e ticinolibero». Tralasciando la pervasività di Google e dei social. Una visione dell’informazione in rete che non ha convinto la giudice che ha assolto il collega. Il Ministero pubblico, ha spiegato, non è riuscito a dimostrare che le informazioni svelate (nome e foto della vittima) sarebbero state ottenute da un documento istruttorio (verbale interrogatorio o altro). Ciò che evidentemente non era stato il caso, a differenza di altri articoli comparsi su testate ticinesi in quel periodo (e in parte ancora reperibili online).

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