Ticino

L'accordo sui frontalieri 'può essere disdetto unilateralmente'

Lo ha affermato Norman Gobbi citando un'analisi effettuata dall'Università di Lucerna, commissionata dallo stesso Consiglio di Stato a gennaio

I ristorni per il 2019 ammontavano a quasi 90 milioni di franchi (Ti-Press)
6 agosto 2020
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L'Accordo sull'imposizione dei lavoratori frontalieri è un «contratto indipendente esistente a complemento della Convenzione per evitare la doppia imposizione tra Svizzera e italia» e può quindi «essere disdetto unilateralmente». Lo ha affermato oggi in conferenza stampa il presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi, citando il parere legale sul tema della professoressa Andrea Opel dell'Università di Lucerna. Lo scorso gennaio il governo aveva infatti dato mandato proprio all'ateneo lucernese di vagliare la possibilità e le conseguenze di un'eventuale rescissione dell'accordo. Prossimamente l'esecutivo dovrebbe dunque incontrare il consigliere federale Ueli Maurer per discuter sul da farsi.

Nel dicembre del 2015 sembrava esserci stata una svolta nell'ambito dell'accordo sui frontalieri, ovvero quando Italia e Svizzera avevano parafato la cosiddetta Roadmap volta a modificare alcuni aspetti fondamentali dell'intesa. Da allora una firma non vi è però ancora stata, malgrado le pressioni politiche volte a sbloccare questa situazione di stallo. Ad essere in vigore è quindi ancora l'accordo del 1974, sebbene «lo statuto di frontaliere, il mondo economico» e la situazione in generale siano «completamente cambiati», ha sottolineato Gobbi.

Concretamente, la normativa in vigore prevede che i lavoratori transfrontalieri siano imponibili solamente nei Cantoni Ticino, Grigioni e Vallese. Cantoni che poi ogni anno devono versare un importo pari al 38,8% delle imposte trattenute ai frontalieri, ovvero i cosiddetti ristorni. Per il 2019 il Ticino ha così versato quasi 90 milioni di franchi all'Italia. Si tratta di una cifra molto elevata che però il Cantone ha deciso di versare “per favorire una pronta risoluzione dell’annosa questione”, si legge in un comunicato dello scorso 24 giugno. Ciò è stato fatto tenendo, fra l'altro, conto “della lettera trasmessa dal consigliere federale Ueli Maurer al governo cantonale il 19 giugno scorso, nella quale evoca la volontà di ambo le parti di riattivare i contatti – interrotti a causa della pandemia – così da poter giungere finalmente alla conclusione del nuovo accordo”.

Nel frattempo lo stesso Consiglio di Stato aveva però anche commissionato all'Università di Lucerna un parere legale per un'eventuale disdetta unilaterale dell'accordo del 1974. Parere che è stato quindi reso noto oggi: «Non vi sono chiare indicazioni che, con la conclusione della Convenzione contro la doppia imposizione, l'accordo sui frontalieri sarebbe stato implicitamente annullato», ha affermato Gobbi citando l'analisi, secondo la quale «una coesistenza di entrambi i contratti» è possibile. Quindi anche se «l'accordo sui frontalieri non contiene alcuna disposizione riguardante la sua rescissione», esso «può essere disdetto unilateralmente anche senza tale disposizione, in quanto si tratta di un contratto che, per la sua natura giuridica, ha una possibilità di rescissione intrinseca». Insomma, «una disdetta dell’accordo sui frontalieri non avrebbe conseguenze».

Non tutto è però stato chiarito: «Resta da esaminare se sia possibile una disdetta parziale della Convenzione contro la doppia imposizione» per quanto riguarda i primi cinque articoli dell’accordo sui frontalieri, parte integrante della convenzione. Stando allo studio, visto che «l’Italia non voleva che i due accordi fossero collegati», ancorare l’accordo sui frontalieri alla Convenzione contro la doppia imposizione «non era quindi indispensabile» per Roma. «Se si seguisse questa argomentazione, si potrebbe prendere in considerazione una disdetta parziale».

Il governo ticinese ha così trasmesso quest'analisi al Consiglio federale con il quale intende avere un incontro per «ricevere un aggiornamento sullo stato delle negoziazioni in corso con la controparte italiana per la firma del nuovo accordo sull’imposizione dei lavoratori frontalieri, così come per discutere di altre possibili opzioni praticabili, tra cui, evidentemente, quest'ultima», ha concluso Gobbi, intendendo la rescissione dell'intesa in vigore dal 1974.

 

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