Ticino

Scuola a distanza, un'inchiesta per migliorarla

In attesa di capire come sarà il prossimo anno scolastico, il Decs sonda docenti e famiglie per mettere a frutto l'esperienza Covid e non farsi trovare impreparati

(Ti-Press)

È iniziata solo da pochi giorni, ma sono già oltre 11mila le famiglie e circa 1700 i docenti che hanno risposto a quella che è la prima indagine sulla scuola dell'obbligo al tempo del coronavirus. Il sondaggio sulla scuola a distanza è stato commissionato dal Decs (Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport) alla Supsi. Il principale scopo è quello di documentare e analizzare le esperienze di tutti gli attori del mondo scolastico (docenti, allievi, genitori, dirigenti scolastici) durante il periodo di insegnamento a distanza e parzialmente in presenza (marzo-giugno), per poter identificare le buone pratiche, i punti critici, le potenziali misure di miglioramento e i possibili dispositivi di supporto da attuare per il prossimo anno scolastico. «I risultati, attesi per l’inizio di luglio, serviranno soprattutto per  fare un bilancio dell’esperienza di questi mesi , valorizzandone le potenzialità e regolando gli aspetti che hanno posto delle criticità», ci spiega Emanuele Berger, direttore della Divisione della scuola del Decs. «Nel frattempo, entro inizio luglio il Decs, insieme a tutti gli attori della scuola (conferenza dei genitori, organizzazioni magistrali, i dirigenti scolastici, presidenti dei collegi docenti, eccetera), verrà definito un modello organizzativo per un eventuale rientro 'misto' a settembre, anche se tutti ci auguriamo che il rientro sia invece in modalità regolare», continua Berger. Allo stato attuale tutte le ipotesi sono infatti allo studio: scuola interamente in presenza, metà classi come oggi o scuola a distanza come tra marzo e maggio scorsi. Molto dipende, ovviamente anche dall’evoluzione della situazione sanitaria che allo stato attuale sembra essere in via di miglioramento. Una seconda ondata epidemica autunnale non è però esclusa dagli esperti. 

L’indagine servirà anche per capire se l’insegnamento a distanza è stato efficace dal punto di vista pedagogico e quali correttivi eventualmente apportare. «L’analisi, con domande molto particolareggiate e numerose, si basa sulle percezioni soggettive di tutte le persone interpellate, mentre non sarà possibile raccogliere dati più oggettivi, che richiederebbero tempi più lunghi e la possibilità di svolgere prove e confronti con altre metodologie scientifiche», ci spiega Alberto Piatti, direttore del Dipartimento formazione e apprendimento della Supsi. «È vero però che la base di dati è talmente ricca che si potrebbe utilizzare per formulare ipotesi da verificare con studi successivi. Non è però questo lo scopo dell’indagine in corso, la cui raccolta dati si concluderà il prossimo 11 di giugno», aggiunge Alberto Piatti, che precisa che stando all’entusiasmo con il quale molti genitori e docenti (oltre la metà della scuola dell’obbligo) hanno risposto all’appello «c’è un forte desiderio di rielaborazione di una vicenda che ha segnato tanti. C’è voglia di capire come è andata e soprattutto come si proseguirà». «In questo momento, a livello di società, c’è una sorta di conflitto cognitivo: si ha l’impressione che l’emergenza sanitaria sia superata, ma le misure nella scuola sono ancora restrittive. Credo che questo ‘conflitto’ emergerà anche dall’indagine», commenta Piatti che ci tiene a ringraziare chi, tra docenti, allievi e genitori, si è messo a disposizione per compilare i questionari e fornire così il proprio contributo all'indagine.

Sulla difficoltà di misurare l’efficacia della didattica a distanza concorda anche Emanuele Berger. Per quanto riguarda la formazione continua degli adulti, l’insegnamento a distanza da tempo si è mostrato efficace. Mancano dei riscontri per la scuola dell’obbligo. «È uno degli aspetti che ci accomunano al resto del mondo. Tutti gli Stati stanno avendo esperienze analoghe e nessuno è veramente in grado di formulare in questo momento una valutazione compiuta dell’efficacia di questo tipo di didattica.Sappiamo per certo che per i ragazzi è molto importante l’aspetto sociale e l’interazione con i docenti direttamente in classe», continua Berger. «Per questo - aggiunge il direttore della Divisione della scuola - dobbiamo fare tesoro di questa esperienza, se necessario mettere in campo dei correttivi anche tecnici e approntare, prima dell’inizio del prossimo anno scolastico, delle modalità organizzative e didattiche che non trovino impreparati né i docenti, né gli allievi e nemmeno le famiglie che sono state fondamentali nella fase acuta della scuola a distanza».

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