Ticino

La votazione ignorata sulla sussidiarietà: pro e contro

Si decide il 9 febbraio. Indebolisce lo Stato a favore dei privati? O assegnerà competenze in modo ordinato e meno arbitrario? Pareri a confronto

25 gennaio 2020
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Finora si direbbe che non se ne sia accorto quasi nessuno, ma il 9 febbraio si vota anche per inserire nella Costituzione ticinese una nuova frasettina: “Lo Stato persegue i suoi scopi nel rispetto del principio della sussidiarietà”. Questo il nuovo capoverso 4 dell’articolo 4, approvato dal Gran Consiglio accogliendo le indicazioni del Consiglio di Stato e premiando il rapporto di minoranza dopo una votazione travagliata (un pareggio 40 a 40, la segnalazione di un malfunzionamento del tasto di voto da parte di un deputato, il voto dello stesso ammesso a fare la differenza).

Verticale/orizzontale

Un principio per molti sfuggente, quello della sussidiarietà. Per sommi capi, l’idea è che a svolgere un compito o risolvere un problema debba essere il più possibile chi vi è più vicino, e dunque lo conosce meglio e dispone degli strumenti più adeguati: sicché – è la cosiddetta sussidiarietà verticale – non spetta al Cantone fare quello che i Comuni possono svolgere in maniera più efficiente (la raccolta rifiuti, ad esempio). E fin qui si resterebbe nella logica constatazione di quanto già accade nella normale architettura federale. Ma c’è un’altra sussidiarietà, più controversa e ideologicamente permeabile. È quella orizzontale, ovvero: non faccia il pubblico quello che il privato sa fare meglio. La questione può sembrare di lana caprina, se si considera che già oggi i privati svolgono molti servizi di utilità pubblica: nel suo messaggio il Consiglio di Stato, “a dimostrazione di un’applicazione concreta, diffusa ed anche mirata del principio di sussidiarietà nel nostro Cantone”, ricorda che “per il Dipartimento della sanità e della socialità il 90% della spesa consiste di sussidi a terzi, di cui il 55% versati a strutture e servizi indipendenti dall’Amministrazione”.

Quadranti (Plr): modifica ‘subdola’

Chi è per il ‘no’ al referendum, però, nota che il diavolo è nei dettagli, e mirerebbe a inoculare nella carta costituzionale una sfuggente sussidiarietà pubblicoprivato: “A partire da una base legale di questo tipo si squalificano gli enti statali, offrendo ampi spazi alla concorrenza con i privati che possono svolgere la stessa funzione sottopagando i/le dipendenti, scegliendo solo gli incarichi redditizi, fissando prezzi di mercato senza proporzionalità e progressività secondo la situazione finanziaria degli utenti”, recita un comunicato dell’Associazione per la difesa del servizio pubblico, referenti Diego Scacchi e Graziano Pestoni; “Un presupposto per indebolire ulteriormente l’educazione, la salute, il trasporto pubblico cantonale, solo per fare alcuni esempi”. L’avvocato Matteo Quadranti (Plr), fra i relatori del rapporto di maggioranza bocciato dal Gran Consiglio, definisce «subdola» la modifica: «Dietro a quella che pare un’innocua e superflua affermazione della sussidiarietà verticale si nasconde il rischio di indebolire le aree di competenza e il ruolo dello Stato, quasi che ogni sua attività debba essere interpretata come sussidiaria a quello che fa la società civile». Un cambio di paradigma che «potrebbe dare la stura a iniziative liberistiche in settori come l’alloggio, la formazione, le mense scolastiche, gli asili, la sanità, senza garantire però servizi accessibili e di qualità per tutti». La definizione di sussidiarietà proposta, «laconica e apodittica», non prevederebbe infatti «clausole che garantiscano parità di condizioni e limiti chiari per la competizione fra pubblico e privato, come quelle contenute nelle altre Costituzioni cantonali per tutelare ad esempio criteri di qualità, trasparenza, solidarietà ed eguaglianza, oltre alla necessaria vigilanza pubblica».

Morisoli (Udc): ‘logica, non ideologica’

Per Sergio Morisoli (Udc) si tratta di preoccupazioni infondate: «Criteri come la solidarietà e l’uguaglianza sono iscritti e già protetti dalla Costituzione. Inoltre nessuno dice che, perché in fondo si sa già cosa si intende, è inutile sancirli nella Costituzione. La modifica proposta non è un modo per fare entrare la volpe nel pollaio, semmai per rafforzarne la rete metallica». Come dire, e fuor di metafora: «Se si trattasse di rispondere a macchinazioni liberiste, allora sarebbe molto più facile continuare ad approfittare della situazione attuale, nella quale la relazione fra lo Stato erogatore di sussidi e i privati che forniscono servizi esiste già in molti settori, ma è potenzialmente soggetta ad ampi margini di arbitrio in materia di decisioni, a parecchia aleatorietà nella ripartizione dei ruoli, a discutibili controlli dei processi e soprattutto dei risultati».

Era stato lo stesso Morisoli, nel 2012, a presentare una mozione elaborata per introdurre la sussidiarietà, «ma entro una dimensione più limitata: proprio quella della Legge sui sussidi cantonali, per fare in modo di darle un principio ordinatore». L’intenzione era quella di «rendere più efficaci e rigorosi il riconoscimento e la relazione con chi, al di fuori dello Stato, poteva davvero garantire il risultato atteso al momento di erogare un sostegno finanziario». In seguito, ricorda il presidente onorario di AreaLiberale, «è stato il governo, e poi il parlamento a ritenere che la questione andasse affrontata in modo più ampio, a livello costituzionale, dato anche che il popolo aveva già accolto la sussidiarietà con il 67% di sì nel 2004 nella Costituzione federale», come d’altronde sarebbe successo a seguire «in molti altri Cantoni». Si tratterebbe a questo punto di una questione «logica, non ideologica», che tornerà utile poi come orizzonte di riferimento «per decine di leggi settoriali in cui certamente definire chi fa cosa e come tra pubblico e privato, grazie al principio Costituzionale, dovrà essere fatto in modo preciso e rigoroso. Lo Stato già oggi eroga pur sempre più di 300 milioni all’anno in questo modo a oltre 200 enti».

Né ci si deve concentrare solo sulla dimensione orizzontale: «Ad esempio, nell’ottica della riforma Ticino 2020» – che intende riordinare e ripensare le relazioni fra Cantone e Comuni – «la sussidiarietà fornirà una base costituzionale molto utile nella ripartizione dei compiti e nella composizione di eventuali contrasti».

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