Ticino

Il viola della parità colora Bellinzona

Nostro reportage dallo sciopero femminista. Rivendicazioni, lotte, rabbia, festa e gioia: “La gioia di essere tantissime”

Ti-Press
14 giugno 2019
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C’era anche Margherita, 76 anni, questo pomeriggio in Piazza del Sole a Bellinzona. I suoi occhi parlavano per lei. «È diverso, rispetto allo sciopero femminista del 1991», quasi sussurra. «È diverso perché oggi vedo molta più consapevolezza, vedo un grande passo in avanti soprattutto nei giovani, ragazze o ragazzi che siano». La lotta per la parità di genere, per i diritti che dovrebbero essere acquisiti «ma invece non lo sono» a volte «è davvero faticosa. Mi chiedo perché in questi anni la politica abbia fatto così poco», dice. A volte, addirittura, «certe risposte sono desolanti, fanno cadere le braccia». Ma poi Margherita alza gli occhi, si guarda attorno e quasi esclama: «Questa piazza, queste donne, questi cartelli fanno tornare tutto a posto».

In quella piazza, raduno del corteo che a breve sarebbe partito, c’era anche Giorgia, 36 anni. Che è meno ottimista. Anzi, «anche un po’ delusa, avrei voluto ci fosse più gente». Colpa, puntualizza, per lei «anche nostra, anche delle donne. Rispetto tutti, ma la scelta di non essere qui, o addirittura di schierarsi contro questo sciopero, non la condivido. Io mi batto strenuamente per i diritti di noi donne, sono orgogliosa e felice di manifestare». Con Giorgia, anzi, sulle sue spalle, c’è Júlio, un anno. Un po’ addormentato e un po’ no. «Spero di educarlo al rispetto delle donne, di tutte le donne. Spero che quando sarà più grande la società sarà più equa». E Júlio apre gli occhi per un paio di secondi, come per dire “Sì, mamma”.

Poi il corteo parte. Sono 10mila, dicono gli organizzatori. Qualcuno meno, forse. Ma poco importa. Perché piano piano, passo dopo passo, metro dopo metro, slogan dopo slogan, è un’onda viola quella che trova rifugio in Viale Stazione. Viale che la accoglie, la spinge, la sostiene. Canta con lei, balla, soffia forte nei fischietti per farsi sentire. Ci sono le creste punk e gli impiegati in giacca e cravatta usciti dall’ufficio, il nonno col nipotino per mano, studentesse e studenti di ogni età – davvero, di ogni età. Il viola domina, come colore. Il primo stop è in Piazza Collegiata. Qualche minuto per far tremare le casse che, alla testa, sputano fuori musica di ogni tipo. E quando la prima fila entra in Via Nosetto, dagli altoparlanti viene comunicato che in quel momento, solo in quel momento, la coda del corteo si è mossa da Piazza del Sole. Applausi, urla, boato.

Con l’entusiasmo aumentano anche le nuvole nel cielo sopra Bellinzona. Pioverà? Non pioverà? Non sembra importare davvero a nessuna. «Siamo qui a combattere contro il patriarcato, contro la violenza domestica, per la parità salariale e di genere. Figurati cosa è un po’ di pioggia», risponde serafica ma sorridente Martina, studentessa liceale. Davanti al Municipio parte deciso il toto-presenze. C’è chi dice 5/6mila, chi dice 10mila, chi vola basso e si ferma a 4mila. «Tantissimeee!», è la risposta urlata – prima della partenza del corteo – da un gruppetto di ragazze. E tanto basta.

Con un tempo teatrale tragicamente perfetto, l’entrata delle dimostranti – e dei, dimostranti: tanti davvero gli uomini solidali ieri – coincide con l’apertura delle cateratte del cielo. Pioggia dura, battente. Che non viene neanche sentita, da chi riempie sempre più Piazza Governo. Anzi, è come se fosse benzina nel loro motore: si canta di più, si balla di più, si urla di più. E urla, dal palco, anche Pepita Vera Conforti: «Siamo benedette dalla pioggia!». Pioggia che fa il piacere di durare solo qualche minuto. Gli ombrelli – pochi – che si erano aperti vengono subito chiusi e messi via. «Nel 1991 eravamo tante, ma ora siamo ancora di più» continua Conforti. Apoteosi dalla piazza. «E siamo di più perché non possiamo più aspettare oltre». E un appello, fortissimo, all’unità. Femminile, «perché il femminismo lo è solo se è per tutte». Universale, «perché è bello vedere tante donne e tanti uomini qui con noi».

‘La parità ci riguarda tutte e tutti’

Il microfono passa a Marina Carobbio, presidente del Consiglio nazionale. Che è «molto emozionata nel vedere una piazza così gremita». E ringrazia tutte le donne, Carobbio: «Donne che rivendicano uguaglianza, che subiscono discriminazioni. Il dovere della politica è raggiungere la parità e combatterle queste discriminazioni, perché la parità ci riguarda tutti: dà benefici a tutta la società, è una questione di giustizia e democrazia». E la politica non potrà certo dire che è mancato il pungolo, visto che dallo stesso palco son giunte più rivendicazioni. Quelle dell’Ocst, con Davina Fitas a chiedere «di combattere le disparità salariali, sostenere le madri nel mercato del lavoro, varare misure per la genitorialità e modelli di lavoro che rispettino le persone». Per la Vpod Michela Pedersini invita a sottoscrivere la petizione «per creare un Ufficio cantonale per la parità tra uomo e donna». Le donne del Ps, spiega Tatiana Lurati, rivendicano «un posto gratuito all’asilo nido, misure vincolanti sulla parità salariali, migliori retribuzioni e un congedo parentale paritario per le mamme e i papà».

Parlano in tante, alla fine. Trasmettono energia, passione, rabbia. C’è spazio anche per un ‘Bella ciao’ versione femminista: “Voi mi sfruttate, perché son donna, oh bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao”.

Erano in tantissime e tantissimi questa sera assieme a Margherita, Giorgia e al piccolo Julio. Bambine che giocavano con le bolle di sapone, ragazze sedute in terra ad ascoltare i discorsi. E un’anziana, seduta vicino alla Foca. Che applaude, e dice convinta: «Brave».

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