Ticino

'Polizia unica, serve riflessione'

Sondaggio della Sezione enti locali: il 74% degli intervistati chiede più responsabilità del Cantone

Simposio relazioni Cantone-Comuni (Ti-Press)
15 febbraio 2019
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Il 74 per cento degli interpellati dal sondaggio promosso dalla Sezione degli enti locali e dal Dipartimento delle istituzioni lo dice chiaro: in materia di polizia, la preferenza è attribuire una maggiore responsabilità al Cantone. Solo il 18 per cento si è espresso a favore, invece, del fatto che questa responsabilità sia conferita ai Comuni. Un dato netto, una differenza più che ampia, che il direttore delle Istituzioni Norman Gobbi, raggiunto dalla ‘Regione’ a margine del primo simposio tra Cantone e Comuni andato in scena ieri a Castione, rileva «vada tematizzata all’interno del progetto ‘Polizia ticinese’, soprattutto per definire meglio i ruoli tra Cantoni e Comuni». Nel senso che «oggi spesso sono sovrapposti, e per l’utenza, la cittadinanza, è difficile capire quando chiamare una o far intervenire l’altra. Insomma, chi si occupa di un tema delicato come quello della nostra sicurezza». Questa risposta, assicura Gobbi, «vale la pena discuterla, e lo faremo nelle prossime riunioni».

Che la questione vada affrontata non ci piove, ci conferma Samuele Cavadini, sindaco di Mendrisio. Ribadendo però che «andare verso una polizia unica è un po’ prematuro, e nemmeno credo sia la soluzione». Una soluzione che però si può trovare nella «collaborazione tra i vari Corpi, perché ogni regione ha le sue peculiarità ed esigenze». Senza rinunciare, va da sé, alla Polizia comunale. «Ma assolutamente no – rincara Cavadini –, soprattutto per un discorso di prossimità. Certo, c’è bisogno che vengano strutturate bene, perché il fine ultimo è evitare che ci siano doppioni, e che le responsabilità, i compiti siano chiari a tutti».

Per il sindaco di Ascona, Luca Pissoglio, la situazione è un po’ diversa. Più «ibrida», diciamo. «Non vedrei male che alcune responsabilità, come ad esempio per quanto riguarda le rapine, fossero di competenza cantonale» ci risponde. Questo perché «la Polizia comunale, per come la vedo io ad Ascona, è sempre più simile a quella cantonale. Manca il poliziotto di quartiere, manca il vero rapporto, sano e sincero, di prossimità e vicinanza alla gente, ai concittadini. Non è più come una volta, ahimè». Ma tanti sono stati i temi toccati dal simposio, prendendo spunto dall’indagine statistica che ha coinvolto 825 ticinesi. A farla da padrone, le aggregazioni. «Negli anni Novanta la situazione dei Comuni era molto difficile – ricorda Marzio Della Santa, capo della Sezione degli enti locali – e per fronteggiarla è stata presa la decisione di procedere con le aggregazioni». Oggi, a vent’anni di distanza, il bilancio è buono? «Stando al sondaggio, sì, lo è. Le risposte indicano che hanno portato vantaggi, più forza e potere contrattuale anche col Cantone. La gestione del nuovo Comune appare più efficiente, e i servizi hanno maggiore qualità». Ma c’è anche qualche nota stonata, a ricordare come la guardia debba rimanere sempre alta.

Comuni grandi portano, leggendo le risposte, «a un allontanamento delle autorità dal cittadino, disorientamento della popolazione nei confronti dell’amministrazione perché manca prossimità. E, dopo un’aggregazione, alcune risposte lamentano la perdita di tradizioni e identità locali». Risposte che vanno ascoltate e devono essere di stimolo anche per le riflessioni che accompagnano ‘Ticino2020’, perché, conclude Della Santa, «l’allontanamento dei cittadini significa una certa disaffezione democratica, che noi dobbiamo combattere ricordando che ogni Comune ha le sue peculiarità».

La giustizia sbarca sul digitale con Justitia 4.0, Gobbi: 'Finalmente!'

Ieri a Lucerna ha preso ufficialmente il via il progetto Justitia 4.0, che accompagnerà la giustizia elvetica nel mondo digitale. Promuovendo questo cambiamento, questo ammodernarsi in tutti i settori del diritto: procedura penale, civile e amministrativa. «Finalmente!», commenta a nostra domanda il direttore del Dipartimento delle istituzioni Norman Gobbi, presente all’evento ieri mattina. Finalmente perché «se da un lato è avvenuta grazie a varie spinte, prima del Tribunale federale e poi di Cantoni e Confederazione in generale, è vero che quella digitale è una rivoluzione già in atto». Già, perché «prenotiamo le ferie, compriamo i biglietti, organizziamo tutto attraverso il digitale, facciamo acquisti e molte attività online nella nostra quotidianità, ma la giustizia, in questo ambito, fa ancora fatica. E siamo indietro in confronto ad altri Paesi».

Justitia 4.0 quindi è una sfida ambiziosa, che «consiste nel diventare sempre più efficienti, nel garantire maggiore trasparenza e responsabilizzazione di tutte le parti nei procedimenti». Per non parlare «della gestione degli spazi, considerando che da palette di carta usate anche per un singolo incarto, finiremo col parlare al massimo di terabyte». Justitia 4.0, si legge in un comunicato del Dipartimento delle istituzioni, “è molto più di un semplice progetto informatico. Con la digitalizzazione occorrerà giocoforza ottimizzare l’ambiente di lavoro dei funzionari coinvolti. L’infrastruttura e i processi dovranno essere rivisti e adeguati: dalla comunicazione elettronica, all’esame dei dossier presso i Ministeri pubblici e quindi nei tribunali, fino alla trasmissione dei dati alle autorità penitenziarie e infine ai servizi preposti all’archiviazione”. Un cambio di paradigma quindi, a tutti gli effetti. Del quale, stando alle intenzioni, non beneficerà solo il ‘sistema giustizia’, ma la cittadinanza tutta. Sì, perché “i cittadini potranno beneficiare di un accesso facilitato e più esteso alla giustizia. I dati presenti nel sistema saranno in futuro disponibili in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo. Il tutto sarà più efficiente, perché Confederazione, Cantoni, potere giudiziario ed esecutivo remano nella stessa direzione”.

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