Ticino

Video su Fb e terrorismo, l'imputato: 'Sono contro la violenza'

L'accusa: era propaganda per l'Isis, va condannato. La difesa: Procura federale in malafede. Il pm: parole allarmanti

Ti-Press
8 ottobre 2018
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Davanti alla Corte del Tribunale penale  federale, dove stamattina si è aperto il processo, ha detto a più riprese di essere contro la violenza e di aver condiviso sul proprio profilo Facebook quei video e quelle foto per denunciare «ai propri amici» le brutalità della guerra e per «difendere i diritti dell’uomo». Non la pensa così il procuratore federale Sergio Mastroianni, che a carico del 46enne cittadino turco, da oltre vent’anni in Svizzera, residente a Lugano, sposato, padre di tre figli, musulmano praticante, ha chiesto la conferma del decreto d’accusa e la relativa pena per rappresentazione di atti di cruda violenza e per violazione della Legge federale che vieta i gruppi Al Qaida e Stato islamico nonché le organizzazioni associate.

Per il magistrato del Ministero pubblico della Confederazione, l’imputato – condividendo tra il settembre 2016 e il febbraio 2017 sei video, finiti in rete dopo essere stati girati nei territori mediorientali segnati da attentati e altre forme di violenza perpetrati dal terrorismo di matrice jihadista (filmati «scioccanti», li ha definiti il pm, tra cui uno in cui compariva una bandiera usata dal sedicente Stato islamico) – aveva «l’intenzione» di fare propaganda a favore dell’Isis. «Sul suo profilo, peraltro pubblico, non ha mai accompagnato video e foto da parole con cui si distanziava esplicitamente da quelle scene», ha commentato Mastroianni. Da qui la richiesta alla Corte di ‘convalidare’ la condanna del 46enne al pagamento di una pena pecuniaria (160 aliquote giornaliere da 30 franchi ciascuna), sospesa per un periodo di prova di due anni, e di una multa di mille franchi.

Ha sollecitato invece il proscioglimento su tutta la linea il difensore del cittadino turco, l’avvocato Costantino Castelli.  «Non è stato il mio assistito a postare e a rendere accessibili su internet quelle immagini e nei social si può condividere, con un clic, senza apprezzare – ha osservato il legale –. La sua unica intenzione era di dire basta a tutta questa violenza. Con modalità magari discutibili, ma di certo non vi è nulla di più efficace che mostrare nuovamente un filmato. La condivisione di quei video voleva essere, da parte del mio cliente, un atto di denuncia contro la violenza». Castelli non ha poi risparmiato pesanti critiche al Ministero pubblico della Confederazione e alla Polizia giudiziaria federale. «Ha indagato per mesi in segreto e a fondo, intercettando e pedinando il mio assistito, senza però trovare nulla: non è emerso alcun indizio che lo facesse e lo faccia ritenere vicino, o simpatizzante, all’estremismo islamico.

L’Mpc – ha tuonato il difensore – ha strumentalizzato informazioni contenute nei verbali. È in perfetta malafede, perché sa che questa persona non è un integralista e non sostiene l’Isis o altri gruppi terroristici. Vergogna!». Critiche che Mastroianni ha rispedito al mittente in sede di replica. «La difesa è fuorviante e le sue parole allarmanti quando attacca il Ministero pubblico della Confederazione e Polizia giudiziaria federale, che non hanno fatto e non fanno altro che applicare la legge!», ha affermato perentorio Mastroianni: «Ma il difensore ha letto il decreto d’accusa?! Quali di questi video ha un valore informativo?! Il masso fatto cadere sulla testa del prigioniero? Le torture?».

La parola al giudice del Tpf Giuseppe Muschietti. La sua sentenza è attesa per mercoledì 7 novembre. Tra meno di un mese si conoscerà quindi il destino giudiziario – condanna o proscioglimeto – del 46enne, fermato (l’inchiesta è stata condotta con l’imputato a piede libero) nel febbraio 2017, lo stesso giorno dell’arresto da parte dei federali di suo cognato: il 32enne, dalla duplice nazionalità, svizzera e turca, allora agente della ditta di sicurezza Argo 1, condannato nell’agosto dello scorso anno dal Tribunale penale federale per aver predicato l’islam radicale e agevolato la partenza verso il Medio Oriente di un paio di aspiranti jihadisti.

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