Ticino

Ogni giorno 4 pazienti muoiono per errori di comunicazione

La prof. Hannawa dell'Usi ha studiato le cause di centinaia di errori medici e ha fatto un manuale per gli ospedali. Spiega dove si sbaglia e perché

La prof. Hannawa al seminario sulla sicurezza nella sanità tenutosi di recente all'aula magna del campus dell'Usi, organizzato dall'esperta
8 giugno 2018
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Sono cifre da capogiro: 43 milioni di pazienti vittime di errori medici negli ospedali. La Svizzera non è meglio di altri Paesi. Le cifre dell’Ufficio federale della sanità mettono i brividi: un paziente ospedalizzato su 10 subisce un danno, la metà poteva essere evitata (ossia 3mila decessi e circa 60mila eventi avversi) se la struttura sanitaria avesse investito maggiormente in una politica della sicurezza. Oggi non sembra sempre essere una priorità né per la politica né per alcuni nosocomi. Negli ospedali elvetici, ci sono quotidianamente 7 decessi, due terzi dei quali potevano essere evitati soprattutto tramite una comunicazione interprofessionale più sicura tra medici, infermieri e pazienti. Rimaniamo di stucco mentre la prof. Annegret Hannawa ci snocciola questi dati. La incontriamo a Lugano, dove dirige il Centro di competenza per la promozione della qualità assistenziale e della sicurezza dei pazienti alla Facoltà di scienze della comunicazione all’Università della Svizzera italiana. Basandosi sulla ricerca scientifica di centinaia di errori ha pubblicato 4 libri, tra cui ‘Nuovi orizzonti per la sicurezza dei pazienti’ (2017), nel quale introduce l’innovativo ‘Saccia Comunicazione sicura’, un modello che evidenzia le cause di errori. La ricerca ha fatto i compiti, ora tocca alla politica e alle strutture sanitarie fare i prossimi passi.

Come funziona il suo modello ‘Saccia’ per una comunicazione sicura nell’assistenza sanitaria?

Saccia è un acronimo, raccoglie le 5 competenze centrali per una comunicazione sicura. Abbiamo analizzato centinaia di errori avvenuti su pazienti in vari Paesi (Svizzera, Germania, Inghilterra, America...) identificando 5 aspetti della comunicazione responsabili dei danni inflitti ai pazienti. È un modello applicabile a tutti gli attori sanitari e alla comunicazione tra di loro.

La prima S come sufficienza, che significa? 

Si intende la quantità di informazione ricevuta e riferita, ma soprattutto quanto venga compresa. A volte l’informazione data non è sufficiente anche per imprevisti come ad esempio un risultato inviato a un indirizzo errato che il paziente non ha mai ricevuto, concludendo che il silenzio significa che tutto è ok. Spesso si comunica davvero troppo poco.

Passiamo dunque alla A che indica l’accuratezza dell’informazione.

Come una ricetta scritta dal medico in modo non comprensibile che viene di conseguenza male interpretata dal personale curante. Troppo spesso la correttezza di un’informazione non viene verificata, si parla poco tra colleghi, anche per controllare se ci sono stati malintesi, se abbiamo capito bene le indicazioni.

La prima C sta per chiarezza.

La ricerca ci dimostra che in media mentiamo 10 volte al giorno. Non siamo chiari nella nostra comunicazione, sminuiamo o esageriamo i contenuti, tralasciamo intenzionalmente informazioni per vari motivi, come mantenere una relazione. Di fatto, si comunica poco. Ricordo il caso di una assistente che dopo aver visto una spia sul macchinario di un paziente, l’ha spento, senza chiedere che cosa significava. Non ha detto niente a nessuno.

La seconda C sta per contestualizzazione.

Come ad esempio non comunicare l’urgenza di un caso o farlo al momento sbagliato o non riuscire a farsi valere verso un superiore.

Infine IA come capacità di adattarsi a livello interpersonale.

Vale per ogni tipo di comunicazione sia tra professionisti della salute sia con il paziente. Quest’ultimo va messo al centro per rispondere ai suoi bisogni. Importante salutarlo quando si entra in camera, evitare di parlare tra colleghi come se non fosse presente

L’ospedale più sicuro è dove tutti segnalano ciò che non funziona

Alla radice dei problemi di comunicazione tra professionisti della sanità ci sono credenze sbagliate. Come pensare che una informazione parta e arrivi uguale lungo una catena di persone. «Quasi tutti da bambini abbiamo giocato al telefono senza fili e sappiamo che un’informazione si modifica quando passa di persona in persona. La comunicazione non è mai lineare e va verificata», spiega la professoressa Annegret Hannawa. E si spinge a dire:  «È irrilevante quanti progressi fa la medicina se non si creano le condizioni per una comunicazione sicura tra curanti e paziente». Concretamente significa avere una cultura della sicurezza. «Dove posare domande è un obbligo, non una possibilità. Dove si segnala internamente tutto ciò che non funziona sia da parte del personale sia dei pazienti. Dove i familiari dei pazienti sono considerati partner attivi nelle cure. Dove non si aspetta mai fino a domani. Ogni giorno in Svizzera muoiono 4 pazienti non per malattia o per cattive cure, ma per un errore di comunicazione. Possiamo correggere questa tendenza con interventi minimi e non invasivi», dice la ricercatrice dell’Usi che sta presentando il nuovo modello in varie strutture sanitarie europee.

Chi è l’intervistata

La prof. Annegret F. Hannawa è professoressa di scienze della comunicazione all’Università della Svizzera italiana, dove dirige il Center for the Advancement of Healthcare Quality and Patient Safety (CAHQS) un centro di competenza per la promozione della qualità di cure e sicurezza dei pazienti. Membro della Johns Hopkins University’s Bloomberg School of Public Health (Usa) è ricercatrice alla Cardiff University’s School of Medicine (Regno Unito). Ha pubblicato 4 libri (tra il 2016 e il 2017) sull’innovativo modello ‘Saccia Comunicazione sicura’ che delinea l’importanza e il ruolo di 5 competenze principali come cause di cure insicure.  

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