Ticino

Giovani in assistenza, ecco l'identikit

Studio Supsi: gran parte dei beneficiari non ha un diploma di studio dopo la scuola dell'obbligo e proviene da contesti familiari difficili. Critico il Sisa.

22 febbraio 2018
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I giovani che attualmente beneficiano di aiuto sociale nella maggior parte dei casi non hanno un diploma di studio di livello post-obbligatorio. Gran parte di loro proviene da contesti familiari economicamente, e a volte anche socialmente, molto svantaggiati. Questo il quadro che emerge da uno studio commissionato dal Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport (DECS), condotto dal Centro innovazione e ricerca sui sistemi educativi della SUPSI (CIRSE). Dei suoi risultati il Sindacato Indipendente degli Studenti e Apprendisti (SISA) prende atto “con rammarico, ma senza particolare stupore".

La ricerca – commissionata dal DECS con il supporto del Dipartimento della sanità e della socialità (DSS) – hanno evidenziato alcuni aspetti critici, sia rispetto ai percorsi scolastici, che nei percorsi di vita, sociale e familiare, indica una nota diramata oggi dal Decs.

I risultati principali in pillole:

  • il 6.12% della coorte di allievi che frequentava la III media nell’anno scolastico 2008/2009 è stato titolare di assistenza sociale tra il 2008 e il 2016 (2016: 5.12%).
  • nella maggior parte dei casi il compimento della maggiore età ha comportato la necessità di richiedere un aiuto individuale. Il fatto di ricevere prestazioni sociali già prima del 2010, quindi in famiglia, predice fortemente il fatto di fruirne successivamente da titolare.
  • Il percorso scolastico di questi giovani è stato più travagliato sin dalla scuola dell’obbligo. Ad esempio: nell’anno scolastico 2008/2009 solo il 10.9% di loro in III media frequentava il livello attitudinale (corso A) di matematica, a fronte del 59.5% del resto della coorte. Ben il 12.5% di questi giovani seguiva il corso pratico (l’attuale differenziazione curricolare) al posto di questa materia, a fronte di solo l’1.9% dei loro coetanei.
  • Molti giovani intervistati hanno comunque apprezzato il fatto che alcuni professionisti del mondo della scuola li abbiano sostenuti in questa fase della vita, mettendo inoltre in evidenza l’importanza delle misure d’inserimento socio-professionale.
  • Le differenze maggiori rispetto al resto della popolazione sono nel ciclo di studi successivo. Oltre la metà di questi giovani (55%) non ha, a tutt’oggi, conseguito alcun titolo di studio dopo la scuola media. Pochissimi hanno iniziato una scuola medio-superiore e praticamente nessuno l'ha terminata.
  • Anche la cospicua minoranza he ha conseguito un diploma professionale, a causa della mancanza di risorse economiche individuali e familiari, si ritrova a richiedere aiuti sociali perché ha terminato il breve periodo quadro dell'assicurazione disoccupazione.

Lo studio, sottolinea il Decs, evidenzia la necessità di "interventi mirati e precoci, con un maggior coordinamento tra gli enti e gli uffici che, in diversi momenti e con misure diversificate, accompagnano questi giovani nella transizione tra la scuola e il lavoro".

Il Sisa, in una nota odierna, afferma di trovare nello studio della Supsi una conferma di quanto va denunciando da anni: e cioè che l’origine sociale costituisce ancora un fattore di grave e intollerabile discriminazione per quanto concerne le opportunità scolastiche e professionali dei giovani ticinesi. Il Sisa fa una lista di rivendicazioni:

  • Un rafforzamento dei servizi scolastici e parascolastici che possano garantire pari opportunità d’istruzione a tutte le allievi e a tutti gli allievi (doposcuola, lezioni di recupero gratuite, docenti di sostegno, borse di studio, ecc.), così come l’abolizione del sistema segregativo dei livelli A e B nella scuola media;
  • Una migliore strategia di prevenzione dell’abbandono scolastico, valutando l’estensione dell’obbligo scolastico fino al conseguimento di un titolo di studio del secondario II (formazione professionale o media superiore);
  • Una riforma del sistema di aiuti sociali che sopprima quei vincoli che impongono una riqualifica strettamente professionalizzante e che escludono numerosi giovani volenterosi da ogni percorso formativo superiore economicamente e socialmente valorizzante;
  • Un aumento dei posti di apprendistato all’interno dello Stato e del para-Stato, da attribuire prioritariamente ai giovani beneficiari di prestazioni sociali in particolare difficoltà nel proprio inserimento professionale;
  • Una maggiore attenzione alle problematiche dei giovani in assistenza, prendendo in considerazione gli spunti formulati al termine del rapporto (la messa a disposizione di alloggi prossimi ai posti di lavoro e alle scuole superiori per mitigare le conseguenze di frequenti cambi di domicilio; un passaggio meno brusco verso l’universo assistenziale degli adulti in modo da prevenire umiliazione e scoraggiamento; ecc.)

 

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